MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DI BOB DYLAN

DOTTI, MEDICI E SAPIENTI (ovvero: "Tanto ci sarà sempre, lo sapete...")

Note e riflessioni sul Dylan Re delle classifiche


Modern Times, il nuovo album di Bob Dylan, è un lavoro splendido.
Chiunque abbia un minimo di orecchio musicale ed anche solo un briciolo di sensibilità poetica se ne rende conto dopo un paio di ascolti e dopo un'attenta lettura delle liriche.
Modern Times è un lavoro splendido che va ad allungare l'elenco delle cose splendide che Dylan ha realizzato, discograficamente parlando, a partire dai primi anni '90.
A partire cioè da quel Good as I been to you, uscito nel 1992, autentico capolavoro acustico composto da entusiasmanti riletture dylaniane di classici del folk della tradizione anglo-americana, da Frankie & Albert a Jim Jones, da Blackjack Davey a Diamond Joe, resi unici dall'interpretazione e dalla voce mai così evocativa e "saggia" di Dylan. Un album puro, minimalista, registrato dal cantautore in perfetta solitudine, così come il successivo World gone wrong, ideale seguito del primo, uscito nel 1993, con altri dieci splendidi brani rivisitati da Dylan e stavolta pescati soprattutto nel repertorio dei vecchi bluesmen, con perle come Blood in my eyes, Ragged & Dirty, World gone wrong e Delia, per citarne solo alcuni.
Dei due capolavori più recenti, Time out of mind (1997) e "Love And Theft" (2001), inframmezzati da un altro lavoro superlativo quale è stato il singolo Things have changed, si è parlato abbondantemente negli ultimi 10 anni e ad essi sono stati giustamente tributati il plauso, le lodi ed il successo da parte di critica e pubblico (in particolar modo per il secondo dei due album) oltre ad una copiosa pioggia di premi, Grammy Awards, Oscar, Golden Globe, recensioni esaltanti, riconoscimenti e posizioni da Top Ten in classifica che mancavano a Dylan da quella che era sembrata un'eternità (e che, per la maggior parte, non erano addirittura nemmeno mai arrivati in oltre trent'anni di attività).
Modern Times, uscito alla fine di Agosto del 2006, va a coronare in maniera degnissima questa lunga teoria di capolavori che hanno costituito la rinascita di Dylan, dopo il periodo oscuro della seconda metà degli anni '80, un Dylan che mattone dopo mattone ha ricostruito la sua intera carriera, data per finita pressochè universalmente ed inappellabilmente.
Un Dylan che, lasciatosi alle spalle un peso che avrebbe annichilito anche il più tenace ed ostinato degli artisti (cioè almeno una decina di dischi tra gli anni '60 e gli anni '70 di bellezza irraggiungibile, alcuni dei quali considerati, nel campo musicale, il vertice dell'espressione dell'arte popolare degli ultimi 50 anni) è riuscito come la Fenice a rinascere dalle proprie ceneri, a scalare passo dopo passo una montagna che sembrava insormontabile e a giungere finalmente "on the top of the hill", figuratamente ma anche letteralmente parlando, in questo 2006.
E' di questi giorni, infatti, la notizia che Modern Times è primo in classifica praticamente in tutto il mondo (USA, Australia, Nuova Zelanda, Irlanda, Svizzera, Norvegia...), o comunque nelle prime tre posizioni (Gran Bretagna, Germania, Olanda, Svezia, Argentina...).
Addirittura, in USA, Dylan ha conquistato il primo posto dopo trent'anni, dai tempi di Desire, uscito nel 1976, stabilendo oltretutto l'ennesimo record della sua carriera, essendo l'artista più anziano mai arrivato in vetta alla classifica di Billboard, tra quelli viventi.
Nonostante il consenso pressochè unanime a base di cinque stelle sulle più prestigiose ed autorevoli riviste musicali del globo e di recensioni entusiastiche sui più famosi quotidiani, corroborate da dichiarazioni da parte dei maggiori artisti di tutto il mondo, conquistati dal nuovo lavoro di Dylan, la sparuta pattuglia degli incontentabili, delle "voci fuori dal coro", degli "unti dal Signore" capaci di vedere laddove i poveri mortali non riescono, continua la propria inutile battaglia cercando di sminuire il successo di un artista ritornato - ahiloro - a pieno diritto, dopo 15 anni di duro lavoro e di ricostruzione intelligente e metodica della propria credibilità artistica, al primo posto nel gradimento di pubblico e critica.
Basta leggere i forum sparsi in giro per la Rete per rendersi conto che questi (fortunatamente pochi) illuminati da due soldi al mazzo, questa eletta schiera di critici saccenti, questi bastian contrari per partito preso, non perdono occasione per dimostrare la loro pochezza, in chiave analitica e critica, con lucide e fulminanti disamine costituite da commenti che per lo più si estrinsecano in un "crap", o altre similari espressioni bisillabe, basse e volgari quanto lapidarie (sarà che non riescono ad imbastire frasi con più di due o tre parole in fila?), o - quand'anche più articolate e pseudo-intellettuali - comunque incapaci di esprimere un'analisi obiettiva senza salire sul pulpito di una presunta superiore capacità di distinguere il bello, l'esclusivo, l'elitario dalla sbobba che può piacere solo alla massa ottusa e bovina.
Tanto da affermare che "...beh, è chiaro che Modern Times è primo in classifica... è tutto merito del marketing..." (Ma certo! E' ovvio, no? Down in the groove non arrivò primo in classifica solo per questioni di marketing... Se no...).
Oppure: "Beh, sì è chiaro... con tutta la pubblicità che Dylan ha ricavato da Chronicles e da No Direction Home...".
O ancora: "Mmm... E' chiaro che i fans di Alicia Keys hanno fatto lievitare le vendite..."
Deliranti (e a volte involontariamente esilaranti) motivazioni atte a dimostrare che "...sì, vabbè, Dylan è primo... ma in realtà... Ora vi spiego io, che sono intelligente e ne capisco di musica, come stanno esattamente le cose... Dylan è Ebreo e si sa che gli Ebrei controllano il mercato..." (ai tempi di Knocked out loaded ed Empire Burlesque, invece, no?).
"Musici falliti, pii e teoreti" della stessa pasta dell'urlatore di Manchester (quello di "Judas!"), o del mentecatto Weberman che rovistava nei bidoni dell'immondizia davanti casa Dylan e che voleva decidere per lui quello che doveva o non doveva cantare, delle battaglie che doveva o non doveva sostenere. Di quella stessa pasta ormai ammuffita di cui son fatti quelli che ancora oggi vanno a vedere i suoi concerti non già per godersi l'esibizione di Dylan ma solo per far sfoggio del proprio acume critico e pontificare su quello che va bene e su quello che non va bene, su quale canzone merita il plauso e quale no e che osservano con faccia schifata se il chitarrista sbaglia un assolo o se Dylan, a loro inappellabile avviso, ci sta mettendo o no l'anima nel suonare e nel cantare (persone che fortunatamente lo stesso Dylan ha ripetutamente sfanculato). Gli "Sgarbi dei poveri", esegeti del bello, conoscitori del mondo musicale di Dylan e più esperti di Dylan stesso, sempre pronti a criticarlo per questa o per quell'altra cosa ed incapaci di accettare che magari ci possa essere qualcuno a cui piaccia più "Modern Times" di "Time Out Of Mind" o che apprezzi di più "Love And Theft" di "Infidels"...
"Dotti, medici e sapienti" che ora pontificano e dispensano perle di moderazione degli entusiasmi e di obiettiva capacità analitica non offuscata da fanatismi idolatrici ma che, qualora Modern Times avesse avuto un'accoglienza blanda, state certi, sarebbero qui ad affermare quanto siamo tutti coglioni perchè non siamo riusciti ad apprezzarlo e che gran disco è e quanto le masse non siano in grado di apprezzare certe raffinatezze per pochi eletti e via blaterando...
Ci vuole così tanto ad ammettere che Dylan è in vetta alle classifiche perchè ha semplicemente fatto un grande disco? Perchè ha scritto delle bellissime canzoni, sia a livello musicale che letterario? Perchè ha confermato quanto già di grande aveva fatto da Good as I been to you in poi, in una escalation qualitativa impressionante che è passata per World Gone Wrong, Time Out Of Mind, Things have changed e "Love And Theft"? Un'escalation che per forza di cose doveva premiarlo a lungo termine?
Ci vuole così tanto ad ammetterlo senza dover leggere deliri dello stesso tenore di "... non mi sorprende che Modern Times sia primo in classifica... Ho letto in un sito di astrologia che in base ai cicli planetari, la congiunzione astrale di Urano con Nettuno, in Capricorno, nel settembre del 2006, determinando il sinodo astrale, ovvero l'uovo cosmico di ritorno all'unità in un centro comune di corpi celesti, avrebbe favorito gli artisti di 65 anni il cui nome inizia per B e che avrebbero dedicato alcuni versi a cantanti nere nate ad Hell's Kitchen..."?
E' davvero così difficile ammettere questa semplice realtà?
Ci vuole davvero tanto?

Michele Murino