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MAGGIE'S FARM

Rimbaud, l’uomo già morto prima di morire
di Mr.Tambourine

 

 

Si parla spesso di Rimbaud associandolo al nome di Bob Dylan perchè agli inizi della sua carriera Bob citò il “poeta maledetto” come una delle sue fonti di ispirazioni totali, ma cercar di fare un parallelo o un paragone fra Bob Dylan e Rimbaud è cosa molto azzardata e forsanco inutile. Rimbaud è stato tutto quello che Dylan non è mai stato o non ha mai voluto essere, come dice il proverbio “fra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”, dire una cosa non vuol poi dire farla, e forse solo l’abuso di alcool e droghe possono aver creato un breve collegamento fra i due, ma questo vale almeno per altre centinaia di migliaia di altre persone che bevono, si drogano e forse tentano, in un modo o nell’altro, di mettere su carta o su Facebook le loro esperienze e le loro idee.

Rimbaud fu senza ombra di dubbio il ragazzo degli eccessi estremi della sua epoca, ma non ebbe la possibilità di vivere a lungo perchè buttò, già da giovane, tutte le sue immense possibilità al vento, cosa che poi condizionò il resto della sua breve vita. Ciò che diede la carica alla sua vena poetica e ribelle fu l'incontro con Verlaine, poeta francese fra i più famosi, omosessuale, del quale si innamorò. Verlaine lo spinse ai confini della poesia. Ma Verlaine, che aveva abbandonato la moglie ed il figlioletto per iniziare l’avventura con Rimbaud, si stancò presto di questo giovane intelligente ed estremo visionario, rivoluzionario in tutte le sue manifestazioni, egocentrico ed insicuro, e così, dopo diversi alterchi, Verlaine decise di mettere fine alla loro torbida relazione ferendo Rimbaud con un colpo di pistola durante un litigio. Verlaine verrà incarcerato per due anni mentre Rimbaud ritornerà nelle Ardenne dove viveva la sua famiglia e scriverà “Una stagione all'inferno” (Une saison en enfer), che è uno dei capolavori della letteratura mondiale e non solo di quella francese. È forse quello che ha contribuito di più a creare il mito di Rimbaud e a ispirare tanti artisti e correnti letterarie. Ma Rimbaud non riuscì più a riprendersi dopo quei tristi fatti, dimenticò la poesia, bruciò tutti i suoi scritti per cominciare una vita ben al di sopra delle righe, una vita fatta di droghe, alcool e carcere. Fece l'insegnante a Londra, lo scaricatore di porto a Marsiglia, il mercenario nelle Indie Olandesi, il disertore a Giava, l'inserviente al seguito di un circo, il capomastro a Cipro e il commerciante in Abissinia. Rimbaud dovette infine tornare in Francia per curarsi da un tumore al ginocchio, gli dovettero tagliare la gamba e morì a soli 37 anni per le cause conseguenti all'amputazione.
Il poeta "maledetto" che volle rinnovare la poesia con l'audacia di un adolescente, aveva spazzato via tutta la retorica precedente, arrivando persino a rinnegare Baudelarie, da lui giudicato "trop artist", e non avendo a disposizione più niente che non fosse falsato dalla retorica, cominciò a fidarsi solo delle sue sensazioni che chiamava "pure". Inventò così la poesia della sensazione traducendo in poesia quello stato psicologico dal quale nascono i nostri atti. Rimbaud diventò così la punta estrema di se stesso e di ogni audacia letteraria e poetica, andò così avanti che neppure i simbolisti e nemmeno i surrealisti riuscirono a seguirlo. Non ebbe discepoli e neppure imitatori, nondimeno è ancora il punto fisso di partenza per qualunque avventura poetica inzuppata d'estremismo.

Dylan, forse escluso il periodo dell’assunzione pesante di sostanze stupefacenti, pre incidente motociclistico per intenderci, non è stato niente di tutte queste scellerate estremizzazioni, è stato invece la voce, e, in qualche modo, la coscienza morale dell'America, un’ America che era ancora un assurdo mix di puritanesimo e affarismo spudorato spinto all’estremo con ancora la questione della segregazione razziale tragicamente ed ingiustamente aperta, dove la differenza tra bianco e nero, anche dopo la sciagurata e terribile guerra di secessione, era ancora rimasta ai punti di partenza, fino al quando il 24 settembre 1962 la Corte Suprema degli Stati Uniti impose all’Università dello Stato del Mississippi - “Ole Miss” - nella cittadina di Oxford - di accogliere come studente James Meredith, al quale fino ad allora era stato inibito l’accesso in quanto studente di colore in una Università riservata ai bianchi.
Meredith entrerà nell’Università il 29 settembre, scortato dall’esercito inviato dal Ministro della Giustizia Robert Kennedy, dopo una battaglia con morti e feriti. Dylan scrisse la canzone “Oxford Town” in risposta ad un invito aperto della rivista Broadside, in merito a canzoni che avessero come tema uno dei fatti più importanti del 1962: l'iscrizione di uno studente di colore, James Meredith, all'Università del Mississippi. Questo cominciò a far nascere domande nella mente degli americani: “Chi era quel giovinastro che si permetteva di bacchettarli, ed ancora in più vasta misura l’Establishment politico dirigenziale che non aveva mai permesso a nessuno di criticare e sbeffeggiare l’operato delle grandi imprese consociate, la John Birch Society (JBS) per esempio, che era un'associazione politica ultraconservatrice che propugnava ideali discriminatori e spesso d'estrema destra quali il razzismo, l'antisemitismo, l'omofobia e l'anticomunismo, o i Master of war che mandavano migliaia di giovani di leva a morire per i loro sporchi interessi nel mercato degli armamenti da guerra e non accettavano le reprimende di questo giovinastro ancora praticamente sconosciuto.

Dylan è uno dei più grandi scrittori di canzoni, alcune della quali resteranno nella storia come Blowin’, The Times they are a-changing o Like a rolling stone, mentre moltissime altre sono da anni, qualche volta immeritatamente, finite nel dimenticatoio, canzoni che altri hanno ripreso ed usato per i loro scopi ed ideali politici. Dylan non ha mai assunto una posizione politica precisa, ha sempre preferito tirare l’acqua al suo mulino, stare ai margini di ogni tipo di movimento senza mai voler esserne coinvolto, Dylan è sempre stato per se stesso e per la sua arte e basta, un lupo solitario, e alla lunga è rimasto davvero solo, tre matrimoni falliti, figli ormai uomini diventati quasi estranei alla sua vita, Jakob quando parla del padre riesce soltanto a dire "Lui", la parola papà non gli esce dalla bocca, questo è triste e credo che anche Dylan ne risenta, il suo essere acido ed il non concedere mai niente al pubblico forse è parte del suo carattere schivo ma forse è parte anche di questo, una grande persona, ma una persona ormai sola. Lontano dalle sue canzoni Dylan è stato un flop. Il libro “Tarantula” scritto solo per soldi e con poca ispirazione ed il film “Renaldo & Clara”, che gli farà perdere qualche milione di dollari, sono le dimostrazioni più evidenti. Quindi vediamo solo qualche similitudine, qualche ispirazione che Dylan ha cercato di rubacchiare a Rimbaud, ma non si vede un collegamento fra l'essere ed il non essere, la questione dell' "Io non sono qui" non riguarda Dylan in persona, non è una sua opera, Dylan è sempre stato qui, nei dischi e nei concerti, l'idea di “I’m not there”, anche se per ipotesi partisse dal famoso "Je est an autre" di Rimbaud, cosa della quale molti hanno dubitato fortemente, è forse solo una trovata bislacca per fare cassetta, l'idea di un regista che ha voluto fare un omaggio finanziario a se stesso e contemporaneamente uno alquanto macchinoso a Dylan, un film dove il dialogo tra i protagonisti è fatto con frasi estratte dalle sue canzoni, con personaggi (a parte la fenomenale Blanchette) molto difficilmente assimilabili all’immagine di Dylan. Dylan non è stato solo “Io non sono qui”, Dylan c’era, Dylan c'è ancora, nel bene o nel male, apprezzato e criticato, venerato come un profeta o deriso come un buffone. Sulla sua pelle è passato di tutto e di più, ma tutto è scivolato senza intaccarlo, sempre seduto sulle rive “Watching the River Flow “.

Quando Rimbaud diceva “Je est” e non “Je suis”, cioè “Io è” in terza persona e non “Io sono” in prima voleva significare che il suo IO era diventato un corpo estraneo alla sua coscienza, non era più il fondamento del suo pensiero, e nemmeno poteva esistere come “status” privilegiato. Così l’IO non pensa più, è invece pensato, assiste all’aprirsi ed allo svilupparsi del pensiero come uno spettatore esterno, come se a pensare fosse un altro. Da un punto di vista filosofico questo svalutare l’IO come soggetto del pensiero è quasi una bestemmia, soprattutto nella Francia che ha ancora dietro le spalle la tradizione di Renè Descartes, poi latinizzato in Cartesius e da noi meglio conosciuto come Cartesio.
Cartesio fu osteggiato dalla Chiesa cattolica, che mise all’Indice la sua produzione letteraria nel 1663, e anche alcuni ambienti universitari (Utrecht e Leida gli vietarono l’insegnamento, sospetto di essere eretico, il pensiero cartesiano è comunque un punto di svolta determinante nella storia della filosofia moderna: l’impostazione metodologica, il ricorso al meccanicismo e al razionalismo deduttivo, le innovazioni in campo matematico (si pensi al piano cartesiano…) ne fanno con Bacone e Galileo uno dei padri del pensiero scientifico moderno, con apporti ed intuizioni che faranno vedere i loro sviluppi in molti filosofi dei secoli a venire: da Spinoza a Locke, da Leibniz a Hume, fino all’avvio dell’idealismo tedesco con la filosofia Hegeliana.
Per penetrare appieno nella formula “Je est un autre” occorre risalire al contesto in cui viene espresso da Rimbaud. Il giovane ribelle si mette in contrapposizione con la concezione artistica in uso nell’ambiente letterario della sua epoca: le sue parole hanno il tono della sfida e del desiderio di cambiamento. Qual è l’avversario a cui Rimbaud lancia la sua sfida? Ce lo dice lui senza mezzi termini: «la poesia soggettiva» ricercata da Izambard e la poesia della corrente Parnassiana e del secondo romanticismo, per la quale Rimbaud passa da una iniziale ammirazione ad un distacco pressoché totale, che alla fine lo conduce alla satira ed al disprezzo del passato e del presente.

Dylan, al contrario, non ha mai cercato di essere un superpoeta, e forse nemmeno un poeta, si è accontentato di essere un artista, anzi, l'essenza dell'artista nascosto dietro il muro dell’incomunicabilità personale, Dylan è stato pensieri e parole, e noi conosciamo più le sue parole che il suo essere uomo. Uomo come noi? In tutto? Nelle cose giuste e negli errori, anche lui con i suoi sbagli, le sue meschinità, le sue sciocchezze come ognuno di noi? Forse, ma la differenza è che lui ha saputo esprimere ciò che noi non avremmo mai saputo fare, cose che forse non sarebbero mai passate nemmeno per scherzo per il nostro cervello, e da questo punto di vista non è stato un grand' uomo, ma un uomo grande, un artista gigantesco che ha sorpassato l’uomo pur restando sempre coi piedi per terra.

Rimbaud sembra invece voler esaurire in sé tutta la volontà della poesia stessa, così che qualcuno lo definirà il “cantore dalla gola secca”. Leggere Rimbaud dà certamente una scossa, forse perchè lui ci delinea qualcosa di inafferrabile ed atroce, la crisi, certamente alimentata dal tipo di società del suo tempo (non poi così diversa dalla nostra, una società con gli stessi difetti), del suo passato familiare, ma il mondo di Dylan è un’altra cosa e diverse sono le mire di Rimbaud rispetto a quelle di Dylan. Si discute ancora sulla natura di questa rivolta rimbaudiana anche se ormai serve a poco perchè è cosa fuori dal tempo, mentre invece Dylan, ancora attivo, potrebbe teoricamente estrarre dal suo cilindro ancora qualche sconosciuto e meraviglioso coniglio. Il ribelle Rimbaud traccia una direzione da seguire, o meglio subisce un tracciato, tipo «se l'ottone si desta tromba, non è certo per colpa sua» perchè la responsabilità è della mano dell’uomo. C'è sempre questo scacco all'IO, l'IO che rimane smarrito, che viene da chiedersi perchè un IO così forte ed intenso sembri invece perdersi in un bicchier d’acqua.
«Io è un altro» dirà Rimbaud ormai invasato, un Rimbaud che si lascia possedere dal linguaggio non avendo ormai più sovrastrutture che lo separano dall'ignoto (Inconnu). Trasporre nella magia il suo dissenso è l'unico modo che può consentirgli di rigenerarsi. “Une Saisone en Enfer” mantiene la promessa o la scommessa, se vogliamo, superando tutte le aspettative.

Dylan avrebbe voluto fare suo in maniera totale lo spirito di Rimbaud, ma tutto è ormai diverso, l’epoca è diversa, le esigenze diverse, le realtà diverse, e Dylan capisce di essere obbligato a rimanere coi piedi ben piantati per terra se non vuol far la fine di Morrison o Hendrix, l’epoca dei voli mentali e delle utopie è ormai finita, l’idealismo di “Blowin’” è roba passata, la realtà ora è molto più materiale e pericolosa, così Bob si inventa un “falso incidente” per allontanarsi dall’orlo di quel burrone che potrebbe perderlo per sempre.
Qui la realtà ha il sopravvento sulla fantasia, a differenza di Rimboud che si lascia annullare dai voli pindarici della sua fantasia che lo porteranno a sprecare in sciocchezze materiali il suo immenso talento, la vita ha il suo valore, perchè buttarla via per così poco? Dylan ha continuato per altri cinquant’anni ad offrirci perle di pensiero, Rimbaud getterà tonnellate di talento alle ortiche riducendosi a far lavori che una mente come la sua non poteva accettare, ma qualcosa era scattata nella testa ormai fuori controllo del ragazzo e lo bloccherà per sempre, una specie di Ictus sintetico che lo riduce senza più volontà. Rimbaud era già morto prima di morire davvero, chissà dove sarebbe arrivato se avesse avuto la volontà di continuare.

Dylan, anche con le sue grandissime parole rimane pur sempre, al di là dell’artista, del songwriter, del letterato self-made-man, un uomo comune, un uomo di tutti i giorni, un uomo che potremmo incontrare per strada, un uomo con la capacità di pensare e di esprimere, per se e per gli altri, un uomo utile a tutti, mentre Rimbaud purtroppo non è stato un uomo nemmeno utile a se stesso.

Naturalmente molti hanno espresso la loro libera interpretazione su quest’argomento, questa è solo una interpretazione personale, che potrebbe essere tanto esatta quanto sbagliata perchè nessuno di noi ha la verità in tasca, abbiamo solo il nostro pensiero, però è bello provare ad esporlo anche su un argomento tanto difficile da interpretare.

Mr.Tambourine