MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DI BOB DYLAN

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Mercoledi 24 Dicembre 2014

Talkin' 9519 - Maurizio Longo

Oggetto: Auguri a tutti

Vi allego questa foto di Bob e Joe assieme nel 1986, in quell'anno vidi per la prima volta Cocker a Padova, l'ho rivisto a Lucca tre anni fà.... un leone !

With a Little Help from my Friends resterà per sempre un'esempio della creatività e della genialità che c'era in quegli anni, a mio parere è la stata la migliore cover della storia del rock, nel mio "personal juke box" c'è anche la sua versione Ring Them Bells del 2007... Goodbye Joe !
Auguri a tutti i dylaniati della fattoria !!!

Grazie Maurizio, allora ecco per tutti Ring Them Bells!

 

e naturalmente la mitica "With a little help from my friends" nel mitico scenario di Woodstock con The Grease Band!

 

Joe Cocker vocals, Henry McCullough guitar, Alan Spenner bass, Chris Stainton keyboards, Bruce Rowland drums, Bobby Torres congas. Rowland, Spenner, e McCullough, con l'aggiunta dell'ex-chitarrista ritmico del gruppo Neil Hubbard, suoneranno  in seguito tutte le canzoni della colonna sonora di Jesus Christ Superstar. McCullough, lasciata la Grease Band, sarà per anni il chitarrista dei Wings di Paul McCartney.

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Talkin' 9518 - duluth49

Tanti auguri di buone feste da parte mia e da mia moglie Giuliana.
E sempre moltissimi complimenti per il tuo e, devo dire, Nostro sito.............
L'amico Marcello

Grazie per gli auguri che contraccambio con gioia, e lasciamo farti i complimenti perchè hai capito il vero sprito di Maggie's Farm, il posto è davvvero Vostro, anche se per forza di cose lo gestisco io. Colgo l'occasione per fare gli auguri a tutti e prendermi qualche giorno di riposo, ci aggiorniamo a dopo l'Epifania. Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 9517 - gianpaoloboz

Oggetto: Per Joe

Ciao Mr.Tambourine,
vorrei ricordare anch’io il grande Joe Cocker condividendo con tutti questo meraviglioso pezzo.
Gianpaolo.

Joe Cocker - Mad Dogs & Englishmen - Space Captain

 

Very kind pensiero Gianpaolo, credo che davvero tutti i Maggiesfarmers condivideranno con gioia questo stupendo brano scritto da Mattew Moore che è uno scrittore e musicista che ha fatto parte del coro dei Mad Dogs & Englishmen assieme al fratello Daniel Moore, Pamela Polland, Nicole Barclay e Bobby Jones soprannominati "Space Choir". L'espressione "Mad Dogs & Englishmen" è diventata una frase di slang per indicare quelle persone che fanno delle cose assurde. Nasce dall'insana abitudine dei titolati inglesi di giocare a polo in India nei torridi pomeriggi estivi con senso satirico nei loro confronti, infatti significa che solo dei cani arrabbiati e degli inglesi possono rimanere a cuocere sotto il sole a picco senza una valida ragione (giocare a polo non è una valida ragione per farsi friggere il cervello). L'espressione fu usata per la prima volta nel 1932 da Noel Coward che scrisse appunto la canzone che intitolò  "Mad Dogs & Englishmen" che canzonava più in generale le strane abitudini degli inglesi, e conteneva la frase "Only Mad Dogs and Englishmen Go Out in the Mid-day Sun", probabilmente la frase era stata ispirata dal romanzo "Kim" di Rudyard Kipling che contiene la frase "Only the devils and the English walk to and fro without reason". La denominazione era perfetta per la banda di sciammannati messa insieme da Leon Russel per accompagnare Cocker nella sua tournee americana nella quale le leggi americane imponevano allora (oggi non saprei se sia ancora così) agli artisti stranieri l'uso di musicisti locali per i loro spettacoli, quindi il tour che si svolse nel 1970 in 52 città americane prese questo satirico ed azzeccato nome. Il pezzo che tu hai suggerito è super, così come l'arrangiamento di Russel e la prestazione di musicisti e coristi, ma sinceramente, se andiamo a cercare i pezzi di quel tour su Youtube sono tutti uno più bello dell'altro, daltronde quando cantanti e musicisti sono dei grandi è assai probabile che dal connubio escano cose irripetibili come "Joe Cocker Mad Dogs & Englishmen". In questo caso non mi sento di dire alla prossima perchè stiamo parlando di un artista che ci ha lasciato un profondo segno nel cuore con la sua scomparsa. Grazie ancora, Mr.Tambourine, :o) 

 

 
Martedi 23 Dicembre 2014

Ciao Joe!
 

Ti vidi allo stadio Dallara di Bologna, credo fosse il 1971 o forse il 1972, con una band che imitava i Mad Dogs & Englishmen, ma la magia di quel fenomenale gruppo di musicisti non c’era più. L’unico rimasto di quella straordinaria band era il pianista Chris Stainton che gli sarà fedele per tutta la sua carriera. In quei giorni Joe, il grande Joe, l’uragano che aveva spazzato il palco del “Woodstock Festival – Three days of Peace, Love and Music” nella conca di Bethel, Contea di Sullivan, stato di New York, stava già annegando nella piaga dell’alcool che l’avrebbe tenuto lontano dalle scene per moltissimi anni. Sul palco dello stadio di Bologna, vicino al suo microfono, c’era il pianoforte a mezza coda di Chris, e sul piano c’erano due bottiglie di Johnny Walker etichetta rossa. In due ore di concerto Joe se le scolò come se fossero state bottiglie d’acqua. La voce c’era ancora, rauca, graffiante, potente, strozzata e tirata fino all’inverosimile per la gola di un uomo normale, ma Joe aveva una gola unica che sopportata qualunque cosa. Certro mancava la magia del suond di Leon Russell (guitar, keyboards), Don Preston (guitar, vocals), Carl Radle (bass), Chris Stainton (keyboards), Jim Price (trumpet), Bobby Keys (sax), Chuck Blackwell (percussion, drums), Sandy Konikoff (percussion), Bobby Torres (percussion), Jim Gordon (drums), Jim Keltner (drums), Rita Coolidge (vocals), Claudia Lennear (vocals), Daniel Moore (vocals), Donna Weiss (vocals), Pamela Polland (vocals), Matthew Moore (vocals), Donna Washburn (vocals), Nicole Barclay (vocals), Bobby Jones (vocals), ed infine Canina, la cagnetta bianca e nera mascotte di quella irripetibile tour. Niente e nessuno potè mai paragonarsi a Cocker ed ai Mad Dogs & Englishmen, ma quella sera a Bologna Joe e Chris c’erano e ci regalarono due ore di “magia figlia di un dio minore” ma sempre magia. Lo rividi forse vent’anni dopo a Milano, fisico inciccito, capelli corti e barbetta, sembrava un altro, ed effettivamente lo era, anche la voce non aveva più la fantastica potenza, la gola e le corde vocali, dopo tanti eccessi avevano ceduto. Era sempre emozionate e bello ascoltarlo, anche se era l’ombra di Joe Cocker, ma questo nulla toglieva al suo valore, era solo la voce che era diversa, più pacata e oserei dire più intonata senza più le pazzesche urla che facevano di tutto per disintegrarla. Quello che ci ha lasciato è questo Joe, avvolto quasi nella normalità dall’età che inesorabilmente era avanzata, invece il Cocker di Woodstock e dei Mad Dogs è da anni parte insostituibile di una leggenda musicale difficilmente uguagliabile.
Certo, leggere della sua scomparsa è stato un colpo che ha riempito di tristezza molti di noi, in particolare i suoi contemporanei come me che, grazie alle persone come Joe, avevano quasi creduto che l’Isola che non c’è esistesse davvero.
Caro Joe, ora puoi finalmente riposare in pace, e quando penserò a te sul mio viso spunterà un sorriso di simpatia e le mie labbra diranno “Per la miseria Joe....eri........” ma poi queste poche misere parole lasceranno sempre il posto alla commozione ed ad un groppo alla gola.

Mr.Tambourine

   
On Stage:

Joe Cocker - vocal
Eric Clapton - guitar
Andy Fairweather Low - guitar
Bill Wyman - bass
Chris Stainton - keyboards
James Hooker - keyboards
Ian Stewart - keyboards
Charlie Watts - drums
Kenny Jones - drums
Ray Cooper - percussion

 

 
Domenica 21 Dicembre 2014

LIBRI: "Musica e pubblico giovanile" di Alessandro Carrera                     clicca qui

 

 
Sabato 20 Dicembre 2014

La canzone non riconosciuta di Bob Dylan era "Key To The Highway"

By Stephen Pate

"Key To The Highway" è la canzone ha sconcertato il fan svedese nello one-man-show di Bob Dylan, ma è un noto blues.

"Key To The Highway" è la canzone blues che Fredrik Wikingsson di Experiment Alone non ha riconosciuto. Fra le quattro suonate da Bob Dylan nel suo solo concert è stata la quarta. Come ultima canzone allo one-man-show presso l'Accademia di Musica di Philadelphia Dylan ha suonato "Key To The Highway", con un groove lento ed un testo diverso, ma questa non è una cosa insolita nel blues.

Charles Segar e Big Bill Broonzy
"Key To The Highway" è stata scritta da Charles Segar e Big Bill Broonzy circa nel 1940. Segar ha rivendicato la canzone come sua, ma ha ammesso di averla tratta da un brano molto più vecchio che circolava tra gli artisti blues negli Stati Uniti del sud. "Alcuni dei versi che Charlie Segar cantava nel Sud erano gli stessi che cantavo io. In pratica tutti i blues sono solo dei piccoli cambiamenti di altri blues, qualche parola, il modo di cantare, i blues che sentivo quando ero un bambino ... Tu prendi una canzone e ne puoi fare scaturire altre cinquanta... basta cambiare un pò le parole. (Big Bill Broonzy)

Big Bill Broonzy (1893 - 1958) è stato un cantante e chitarrista blues, con più di 300 canzoni al suo attivo. In origine, artista del sud country blues, era uno esecutore e sviluppatore precoce dello stile del blues di Chicago reso popolare dalla Chess Records. Broonzy, nato Lee Conley Bradley, era un musicista eccezionalmente dotato che ha suonato nel 1938 al concerto “Spitituals to Swing” alla Carnegie Hall. Aveva uno stile chitarristico unico e complicato. Happy Traum, amico di Bob Dylan e maestro di chitarra, ha preso lezioni da Big Bill e come la maggior parte delle persone considera il suo stile difficile da padroneggiare.
Intuendo il crescente interesse per la musica popolare, Big Bill tornò allo stile di suonare la chitarra acustica e si affermò come un artista importante sulla scena della musica folk nel 1950.

Little Walter
Big Bill Broozy morì nel 1957. Little Walter (1930-1968) l'uomo che ha creato il blues moderno amplificando l’armonica, ha registrato "Key to the Highway" come tributo a Big Bill Broonzy.
Little Walter, nato Marion Walter Jacobs, è stato il primo suonatore ad amplificare l’armonica con un microfono collegato ad un amplificatore a valvole. La sua tecnica di distorsione del suono dell’armonica ha cambiato l’armonica blues per sempre. Ci sono solo due persone che si sono emulate suonando l’armonica blues, Sonny Boy Williamson e Little Walter.
Originariamente era un membro della banda di Muddy Waters e della home-band della Chess Records, Little Walter è stato uno dei primi artisti del dopoguerra sulla scene blues di Chicago. Stufo di essere sempre un sideman, Little Walter si esibibì con una propria band dal 1952 in poi. Little Walter ha avuto 14 top-ten nella classifica di Billboard R & B.

Eric Clapton
"Key to the highway" è stato registrata da diversi artisti, tra i quali Eric Clapton. Eric ha registrato la canzone con Derek and the Dominos come una road-house blues sul disco “Layla and Other Assorted Love Songs”.
Successivamente Clapton è tornato allo stile acustico di Big Bill Broonzy per la versione su “Eric Clapton Unplugged”.
Il suo duetto con B.B. King è un’altra versione ancora migliore della canzone.


Bob Dylan
Bob Dylan ha inserito "Key to The Highway" nel suo Theme Time Radio Hour show tratto dal bootleg “Bob Dylan - The Genuine Never Ending Tour Covers Collection 1988-2000”.
La versione di Bob Dylan "Key to the Highway" è stata registrata a casa di Toad (New Haven, CT), il 12 gennaio 1990 secondo Eyolf Ostrem (Dylan Chords).
Ho trovato la registrazione e messo insieme questo video che permette di sentire Dylan suonare la versione stile elettrico della canzone.

 

Bob Dylan è un'enciclopedia ambulante della musica e delle ballate della guerra civile, balllate marinaresche, folk, country, rock, pop e blues. Gli piace far cover di canzoni di altri, il che significa che i suoi fan hanno una vasta scelta di musica da sentire una volta che iniziano ad ascoltare i suoi bootleg.


(Fonte: http://njnnetwork.com/2014/12/bob-dylan-missing-key-to-the-highway/)

 

 
Venerdi 19 Dicembre 2014

Bob Dylan: le cover del suo nuovo album

1. I'm A Fool To Want You
(Frank Sinatra, Jack Wolf, Joel Herron)

Registrata per primo da Sinatra a New York nel 1951, “I'm A Fool To Want You” da allora è stata coverizzata da una pletora di cantanti, da Billie Holiday a Carly Simon e anche dalla Interpol Paul Banks. La versione originale presentava i cori epici alla Ray Charles Singers, così chiamati da Perry Como dopo che Charles aveva lavorato come arrangiatore e direttore del gruppo corale che cantava nello show televisivo di Perry Como per oltre tre decenni.

Billie Holiday cover: https://www.youtube.com/watch?v=Xs9P-pfqF6Y

2. The Night We Called It A Day
(Matt Dennis, Tom Adair)

Squisitamente suonata da Chet Baker, questo è uno dei più dolci e più celebri pezzi del duo di compositori Dennis/Adair. I due si incontrarono in un club di Los Angeles nel 1940 e scrissero insieme numerose canzoni per film (non ultimo Disney) e per i musicals di Broadway. Dennis/Adair sono stati inseriti nella Songwriters Hall of Fame nel 2010.

Frank Sinatra cover: https://www.youtube.com/watch?v=7U_EAf1pJMU

3. Stay With Me
(Jerome Moross / Carolyn Leigh)

No, non una cover di Sam Smith tipo gospel-feste sante con uccellini che cinguettano, Stay With Me è stata originariamente scritta nel 1963 per il film drammatico di Otto Preminger “The Cardinal” da Jerome Moross, un compositore noto anche per aver scritto le musiche nel 1960 di “Le avventure di Huckleberry Finn”, questa volta con l’aiuto della scrittrice di testi Carolyn Leigh. Questa registrazione di Sinatra fu inserita nel suo album compilation “Sinatra ’65: This Singer Today”, un album il cui titolo può o non può parodiare il titolo dell’album dei Beatles “Beatles '65”.

Sam Smith cover: https://www.youtube.com/watch?v=NqqOZbMWesI

4. Autumn Leaves
(Joseph Kosma / Jaques Prévert)

Uno degli standard più famosi del mondo nell’album di Dylan, molti sapranno riconoscere questa canzone come un lavoro di melanconia acustica di Eva Cassidy. La canzone è infatti di origine francese, chiamata “Les Feuilles Mortes” (Le foglie morte), con il testo caratterizzato dalla influente poetica dello scrittore francese Jacques Prévert, che ha anche scritto la sceneggiatura del film di Marcel Carné “Les Portes de la Nuit” che fece la prima apparizione nel 1946. La canzone è famosissima nella versione di Yves Montand.

Eric Clapton cover: https://www.youtube.com/watch?v=XdWxTv7u_gM

5. Why Try To Change Me Now?
(Cy Coleman / Joseph McCarthy)

Fiona Apple è tra gli artisti moderni che hanno contribuito alle molte versioni di questo classico di Cy Coleman, che ebbe una stretta e turbolenta collaborazione creativa con la co-scenegguatrice Carolyn Leigh. La canzone è stata scritta appositamente per l’ulbum del 1959 di Sinatra “No One Cares”, una raccolta di ciò che il cantante definì “canzoni da suicidio”.

Fiona Apple cover: https://www.youtube.com/watch?v=dUG2nS_J8cM

6. Some Enchanted Evening
(Richard Rodgers / Oscar Hammerstein II)

Dal primo atto di “South Pacific” ecco uno dei gioielli della corona dei due re del musical Rodgers e Hammerstein, scrittori di “The Sound of Music”, “The King and I” e “Oklahoma”. South Pacific ha debuttato a Broadway nel 1949 e rimase in cartellone per più di cinque anni, guadagnandosi il premio Pulitzer 1950 per il dramma.

Ray Charles cover: https://www.youtube.com/watch?v=vtmVkcyIqR8

7. Full Moon And Empty Arms
(Buddy Kaye / Ted Mossman)

Un altro “colpo” di Sinatra! Frank fece questa registrazione nel 1945, e da allora è stato coverizzato da Sarah Vaughan e Jerry Vale, The Platters, tra gli altri. Lo scrittore Buddy Kaye composa anche numerosi hits Ella Fitzgerald, Dinah Washington, Dusty Springfield ed Elvis Presley, ed ha anche vinto un Grammy per il suo lavoro con l’attore gallese Richard Burton per la lettura del “Piccolo Principe” nel 1975.

The Platters cover: https://www.youtube.com/watch?v=lT0Yzw8psik

8. Where Are You?
(Jimmy McHugh / Harold Adamson)

La prima registrazione fu cantata da Gertrude Niesen, inserita nel film del 1937 film “Top Of The Town”. Sinatra ha riscoperto questa canzone sul suo omonimo album circa 20 anni dopo, e da allora è stata ricoverizzata da Shirley Bassey, Aretha Franklin e dal sassofonista jazz Sonny Rollins.

Aretha Franklin cover: https://www.youtube.com/watch?v=afV38KjjEL8

9. What’ll I Do
(Irving Berlin)

Rifatta nel 974 da Jack Clayton per il film di F. Scott Fitzgerald “Il Grande Gatsby”, la canzone risale in realtà risale al 1923, quando fu eseguita dai cantanti Grace Moore e John Steele teele al The Box Theatre Music di New York . Dal momento che questo pezzo entrò nel repertorio di decine di artisti, tra cui Alison Krauss, Judy Garland, Frank Sinatra, Art Garfunkel, Linda Ronstadt, Harry Nillson e Alvin And The Chipmunks.

Frank Sinatra cover: https://www.youtube.com/watch?v=Hh0ZPkleeq4

10. That Lucky Old Sun
(Beasley Smith / Haven Gillespie)

Frankie Laine ha debuttato con questa canzone nel mese di agosto del 1949, ma questo non ha impedito a Frank Sinatra di pubblicare la sua versione in competizione con quella di Laine solo due mesi più tardi. Johnny Cash può essere annoverato tra coloro che hanno registrato una versione di questo classico contemplativo, insieme a Jerry Garcia, Louis Armstrong, Leon Russel e Willie Nelson.

Leon Russel cover: https://www.youtube.com/watch?v=35fug71Bsww

 

 
Giovedi 18 Dicembre 2014

Talkin' 9516 - ziobob41

Oggetto: biglietto concerto Joan Baez - Roma 10 Marzo 2015

Carissimo Mr. Tambourine e carissimi Farmer,
ho un biglietto in più per il concerto di Joan Baez del 10 marzo 2015 a Roma.

Purtroppo, con mio grande dispiacere, non potrò recarmi al concerto per sopraggiunti impegni di lavoro. Se qualcuno fosse interessato glielo vendo a € 30 invece di € 42,44 che mi è costato.
Potete contattarmi a questo indirizzo mail: ziobob41@gmail.com
Approfitto per augurare a tutti BUONE FESTE.
Ciao, a presto, Biagio Gagliano.

Amici romani, non lasciatevi sfuggire questa occasione!!!!!!!

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"Quando salvai dalla fame Bob Dylan"                                                       clicca qui

 

 
Mercoledi 17 Dicembre 2014

Talkin' 9515 - gcautiero

Ciao Mr Tambourine,
dici? A me invece il blues in questione sembra proprio "Key to the highway", riguardo al testo Dylan nell'unica strofa che ho sentito canta qualcosa tipo:
so long baby
so long baby
well i just gotta to say
i gonna roam this highway
until the day i die
che sembra solo una delle tantissime varianti sul tema di questo fantastico blues!
ciao alla prossima, Gian

Ciao Gian, a me sembra di sentire che dica:
so long baby
so long baby
when on? i just had to say goodbye
i'm gonna slow? this highway dawn?
until the day i die

Purtroppo il filmato ci fa vedere solo il finale del pezzo, e a causa della mia scarsa competenza in inglese ho messo dei punti interrogativi sulle parole che mi suscitano dubbi di interpretazione anche se hanno senso tradotte in italiano. Spero che qualcuno dei nostri lettori che parli e capisca fluentemente l'inglese, meglio ancora se madrelingua, si prenda la briga di ascoltare e risolvere questo piccolo problema di testo. Probabilmente quella di Dylan è una delle tante interpretazioni di questo celebre blues. Posto ancora il link filmato, basta andare al minuto 9,45 per sentire le parole:

https://www.youtube.com/watch?v=yz_YqEPZW2g#t=10

Dylan ha suonato questa canzone solo due volte dal vivo, la prima volta il 12 gennaio 1990 alla "Toad's Place" di New Haven, CT, e la seconda il 23 settembre 1995 al "The Edge" di Fort Lauderdale, FL, ma purtroppo il sito ufficiale di Bob non riporta il testo perchè non è una canzone scritta da Bob, inoltre il testo cantato allora è diverso da quest'ultima esecuzione. Restiamo in attesa che qualcuno capace più di noi possa illuminarci. Ciao, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Martedi 16 Dicembre 2014

Talkin' 9514 - gcautiero

Hey Mr,
La quarta canzone da quello che si sente è "Key of the highway" , forse il più famoso 8 bar blues..
Spero di mandarti un giorno la mia versione :)
Ciao, Gian Jesus


Ciao Gian, anch'io avevo letto il mese scorso, nel forum di expectingrain.com, questa dichiarazione ma la cosa non mi ha convinto. Sono andato a cercare il testo della canzone e non c'è nemmeno una parola di quelle che dice Dylan che corrisponda. Tieni presente che di blues come questo (con la stessa disposizione musicale e con parole cambiate) ce ne saranno almeno un migliaio e forse anche di più. Sono andato anche a sentire la bellissima versione di Eric Clapton e Keith Richards della quale ti propongo link: https://www.youtube.com/watch?v=_Kmlk5ll3oE , perchè chi ha postato il video ha disattivato la possibilità di embeddarlo su un altro sito. C'è un'altra versione di questa canzone, sempre di Eric Clapton, con un tempo più veloce, alla "Sweet Home Chicago": https://www.youtube.com/watch?v=jRIeIS1E6Vk , come pure questa versione di B.B. King e Jeff Beck: https://www.youtube.com/watch?v=7fuMF3Bjr84 ! Ti dirò che dopo aver ascoltato la canzone sono meno convinto ancora che Dylan abbia cantato "Key to the highway" come quarta canzone. In sostanza per me il mistero rimane ancora e spero prima o poi di riuscire a risolverlo perchè finora non c'è niente sul WEB al riguardo.
Ecco anche il testo della canzone cantata da Eric e Keith:

Key To The Highway
(William Lee Conley Broonzy / Charles Segar)

I got the key to the highway
Oh fell Feel like I'm bound to go
I'm gonna leave here runnin'
cause walkin' is much too slow

I'm goin' back to the border
Where I'm better known
Yeah when i leave this town girl
I want be back no more

Oh, give me one one more kiss woman
Just before i go
cause when I leave this town this time, honey
I won't be back no more

Even when the moon peeps over that mountain
Honey i'll be on my way
I'm gonna roam this highway
Until the break of day

So give me one more kiss mama
'cause i must say goodbye
Oh i'm gonna roam this highway
Until the day i die

Avrai notato che le parole di questa versione sono leggermente diverse da quelle di precedenti versioni.
"Key to the Highway" è un blues standard, inciso per primo dal pianista blues Charlie Segar nel 1940. La canzone fu registrata anche da Jazz Gillum e Big Bill Broonzy nel 1940/41, e più tardi divenne un hit R & B ad opera di Little Walter nel 1958. Da allora, numerosi artisti l’hanno interpretata, incluso Eric Clapton che ha registrato diverse versioni della canzone e dalla Steve Miller Band, che la incluse nel suo primo album “Children of the Future” agli inizi del 1968.

"Key to the Highway" è di solito accreditata a Charles "Chas" Segar e William "Big Bill" Broonzy. Secondo Broonzy, la canzone è basata su di un vecchio blues traditional. "Qualche strofa che lui cantava (Charlie Segar) giù nel Sud la cantavo anch'io allo stesso tempo. Praticalmente tutti i blues sono costruiti su dei piccoli cambiamenti dagli originali che sentivo io quando ero piccolo... Tu prendi una canzone e ne fai altre 50 cambiando un poco le parole". Il testo di Segar è “simile” o in certi casi identico a quello registrato da Broonzy and Jazz Gillum.
Eric Clapton ne ha registrato una prima versione nel 1970 con Derek and the Dominos.
Nel 1964, i Rolling Stones registrarono una versione di "Key to the Highway" ai Chess Studios di Chicago, ma non fu poi pubblicata. Vent’anni più tardi, una versione strumentale della durata di 33 secondi di "Key to the Highway" venne pubblicata alla fine dell’album degli Stones “Dirty Work”. La canzone, tenuta nel casseto per molto tempo, fu inclusa in memoria del membro fondatore e primo pianista degli Stones Ian Stewart che la suonava.
Ci sono altre versioni di numerosi artisti di questa canzone, compreso B.B. King, John Lee Hooker, Count Basie con Joe Williams, Sonny Terry & Brownie McGhee, Mance Lipscomb, The Band, Steve Miller Band, Sam Samudio, Muddy Waters, Jimmy Witherspoon con Groove Holmes, Junior Wells, Luther Allison, Freddie King, Sonny Landreth, John Hammond, Snooky Pryor, Carey Bell & Lurrie Bell, Buddy Guy con Junior Wells, Jo-Ann Kelly, Detroit Junior, Derek Trucks Band e Captain Beefheart.

Per la tua versione sai come fare, pubblicala su Youtube e mandami il link, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 9513 - mathemin

Ciao Mr. T,
Ti segnalo le date del tour italiano di Joan Baez, previsto per Marzo:

03/07/15 - Teatro Auditorium Manzoni - Bologna, ITALY
tickets on sale December 8th at Ticketone and VivaTicket

03/08/15 - Teatro Nuovo Giovanni da Udine - Udine, ITALY
tickets on sale December 8th at Ticketone and VivaTicket

03/10/15 - Sala Santa Cecilia - Rome, ITALY
tickets on sale December 8th at Ticketone and VivaTicket

03/12/15 - Teatro Degli Arcimboldi - Milan, ITALY
tickets on sale December 8th at Ticketone

Andrea

Grazie Andrea, al momento Ticketone, clicca qui , ha messo in vendita i biglietti solo per Bologna e Milano, ma credo che a breve ci saranno anche gli altri. Il sito ufficiale di Joan elenca queste date e lascia anche la possibilità di inserirne altre da fare nelle università. Alla prossima, Mr. Tambourine, :o)

 

 
Lunedi 15 Dicembre 2014

Bob Dylan and 1 Man

 

Philadelphia, Pennsylvania - Academy Of Music, November 23, 2014

Showtime: 15:30 PM - private afternoon show for Fredrik Wikingsson

 set list
1. Heartbeat (song by Buddy Holly)
2. Blueberry Hill (song by Fats Domino)
3. It's Too Late (She's Gone) (song by Chuck Willis)
4. Key to the highway (song by Charles "Chas" Segar and William "Big Bill" Broonzy)

 

 
Sabato 13 Dicembre 2014

"Shadows in the Night" è il nuovo album tributo a Frank Sinatra                clicca qui

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"Shadows In The Night", l'album che Dylan avrebbe voluto da sempre      clicca qui

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"Shadows In The Night" a febbraio                                                               clicca qui

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"Shadows In The Night" esce a Febbraio                                                      clicca qui

 

 
Venerdi 12 Dicembre 2014

Talkin' 9512 - pieronicolaantonelli

Charlie Sexton fa un piccolo cammeo in questo film, allego la locandina.

Charlie esegue due pezzi nella colonna sonora del film, il primo in coppia con Ethan Hawke chiamato "Split the Difference"  ed il secondo da solo chiamato "The Dog Song". Da segnalare inoltre che tra le 50 canzoni della soundtrack è presente anche "Beyond the Horizon" cantata da Bob Dylan. Aggiungo qualche nota informativa sul film: 

"Boyhood" è un film del 2014 scritto e diretto da Richard Linklater.
La lavorazione del film è durata 12 anni, dal 2002 al 2013, per raccontare la crescita di Mason (interpretato da Ellar Coltrane) e il rapporto con i genitori divorziati (interpretati da Ethan Hawke e Patricia Arquette).
Il film ha partecipato in concorso alla 64ª edizione del Festival di Berlino, dove Linklater ha vinto l'Orso d'argento per il miglior regista.
Il film segue la vita del giovane Mason, dai sei anni, quando frequenta la scuola elementare, fino ai diciotto anni, quando entra al college, raccontando il rapporto con i genitori divorziati, i traslochi, le nuove scuole, i matrimoni falliti della madre, il rapporto conflittuale con la sorella Samantha, la nuova relazione del padre, seguendo anche l'evoluzione degli oggetti d’uso quotidiano, tecnologici e non, e i cambiamenti culturali, sociali e politici degli anni.

Nel maggio 2002 il regista e sceneggiatore Richard Linklater annuncia che nell'estate inizierà a girare un film, con il titolo provvisorio The Twelve Year Project. Ogni anno, per dodici anni, Linklater ha radunato la stessa troupe e lo stesso cast per girare alcune scene, al fine di seguire la crescita dei personaggi a pari passo con quella degli attori. Le riprese sono iniziate nell'estate 2002 fino a ottobre 2013.

Il film è stato presentato in anteprima il 19 gennaio 2014 al Sundance Film Festival, a febbraio è stato presentato in concorso al Festival di Berlino.
La pellicola è stata distribuita nelle sale statunitensi da IFC Films a partire dall'11 luglio 2014, mentre nelle sale italiane è uscito il 23 ottobre 2014, distribuito da Universal Pictures.

Comunque grazie per la segnalazione e per avermi dato modo di parlarne, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Bob Dylan / un disco di brani di Frank Sinatra,"Shadows In the Night"    clicca qui

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Bob Dylan: il nuovo album è "Shadows In The Night"                               clicca qui

 

 
Giovedi 11 Dicembre 2014

Talkin' 9511 - anathea.lawrence

Oggetto: Mio fratello Lazlo

Tamburino,
leggo solo ora la tua risposta a mio fratello Lazlo e, lasciamelo dire, sei pedante!
La Pivano e la Ghezzi che son morte, Paul Clayton che era una checca e, figurariamoci, morto anche lui...
Sono tutti dettagli insignificanti che ti fanno perdere di vista l'essenza delle cose. Quando sarai più giovane capirai.
Cosa vuoi che ti dica, forse hai ragione: non si trattava di Paul Clayton. Anzi, adesso che mi ci fai riflettere, dev'essere stato quello svitato di quell'indiano Narraganset... Peter La Farge si chiamava, il figlio di Oliver.
Ma che differenza fa? Ciò che conta è avere una chiave di lettura che ci permetta di non perderci in questo gran carnevale che è il mondo.
Tu le reputi fantasie, ma lo sai che a teatro i Greci ci andavano per conoscere la verità e trascendere gli inganni del reale?
Tu, Tamburino, sei un bravo ragazzo, ma devi crescere e imparare ad accettare il mistero.
Ti sei fermato a Voltaire, forse? Non vedi che brutte figure che fa Odifreddi, sembra un leone arteriosclerotico.
Ma non hai visto che ci son stati solo disastri dall'illuminismo in poi?

Tua Anathea

The City Waites - Sir Eglamore or Courage Crowned with Conquest


 

Ciao Cara Anthea,

Sò perfettamente di essere pedante, ma mi piace stimolarti, la tua fantasia fa voli pindarici meravigliosi ed è un piacere leggere ciò che scrivi. Hai un pò questo fatto di citare nomi di persone che son passate a miglior vita da anni, ma ognuno di noi ha le sue piccole manie. Certo saprai che anche Peter La Farge, nome d'arte di Oliver Albee LaFarge, autore di quel bellissimo pezzo folk intitolato "The Ballad of Ira Hayes" cantata anche da Bob, è morto a New York il 27 ottobre 1965 in circostanze mai del tutto chiarite a trentaquattro anni di età. Peter discendeva da una tribù di nativi americani che porta il nome della città di Narragansett. Fu cresciuto solo dalla madre Wanden La Farge Kane in un ranch a Fountain, Colorado. Era figlio dello scrittore vincitore del Premio Pulitzer Oliver La Farge, un antropologo che vinse il premio letterario nel 1930 per il suo romanzo Laughing Boy. Se qualquno vuole avere maggiori dettagli sulla tribù dei Narragansett clicchi il link sotto:

http://it.wikipedia.org/wiki/Narragansett_(popolazione)

Sono completamente d'accordo con te sul fatto che la fantasia sia una grande chiave per bypassare questo gran carnevale che è il mondo. Non credo di essermi fermato a François-Marie Arouet che, insieme a Montesquieu, Locke, Rousseau, Diderot, d'Alembert, d'Holbach, e du Châtelet, fu uno degli esponenti principali e grande animatore del movimento culturale dell'Illuminismo. "Voltaire" potrebbe essere uno dei primi nickname, e forse derivato da un particolare anagramma del suo cognome in scrittura capitale latina, dal nome con cui era conosciuto in gioventù, Arouet le Jeune (Arouet il giovane, per distinguerlo dal padre omonimo): da AROUET L(e) J(eune) a AROVET L. I. o AROVETLI, da cui VOLTAIRE. Lui si chiedeva sempre: «Se questo è il migliore dei mondi possibili, gli altri come sono?» Qualcuno dice che era affetto da sindrome bipolare perchè pur disprezzando il militarismo e sostenendo il pacifismo e il cosmopolitismo, nella vita privata portava avanti lucrosi e poco onesti affari proprio nel campo dei rifornimenti militari all'esercito, una specie di Master of War del suo tempo, diventando ricchissimo e famoso. Scrisse di lui Sergio Romano «Voltaire aveva convinzioni forti, grandi passioni intellettuali, una vasta cultura, una scrittura ironica e scintillante, una straordinaria curiosità per gli avvenimenti del suo tempo e una prodigiosa capacità di raccontare le idee. Fu insomma, anche se la parola può sembrare riduttiva, un giornalista», un crooner del suo tempo potremmo dire, un pre-Bob forse? La vasta produzione letteraria di Voltaire fu caratterizzata  dall' ironia, dalla chiarezza dello stile, dalla vivacità dei toni e dalla polemica contro le ingiustizie e le superstizioni. Famosi alcuni dei suoi aforismi: "Chiedete al rospo che cosa sia la bellezza e vi risponderà che è la femmina del rospo", "Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla non sa cosa sta dicendo: questa è la filosofia", "Gli uomini discutono, la natura agisce", "Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle", "Per la maggior parte delle persone correggersi vuol dire cambiare i propri difetti", "Uccidere è proibito, quindi tutti gli assassini vengono puniti, a meno che non si uccida su larga scala e al suono delle trombe". Insomma un vero innovatore del suo tempo come Bob lo è stato del nostro.

I greci erano il massimo dell'intelligenza e della saggezza, elevando il pensiero sopra ogni altra cosa, però non sono mai riuscito a capire perchè un popolo così avanti avesse quel poco simpatico vizietto contronatura.............! Non conosco Odifreddi quindo non posso esprimere un parere, ma per concludere credo che le disgrazie ci siano sempre state, sia prima e sia dopo l'illuminismo, è l'imbecillità dell'uomo che non ha mai imparato niente dalla sua storia. In un certo senso hanno più etica gli animali, perlomeno hanno la scusante di non essere in grado di ragionare.

Con tanta simpatia, alla prossima, Mr.Tambourine :o)))))))

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Bob Dylan, l'omaggio al jazz di Sinatra                                                   clicca qui

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Bob Dylan: il nuovo album da studio “Shadows In The Night”             clicca qui

 

 
Mercoledi 10 Dicembre 2014

Il nuovo album "Shadows In The Night" uscirà il 3 Febbraio 2015

 
La Columbia Records ha annunciato oggi, sul sito ufficiale di Bob Dylan, che il nuovo album in studio di Bob, “Shadows In The Night”, uscirà il 3 febbraio 2015. Shadows In The Night è ora disponibile per il pre-ordine su Amazon e iTunes.
Con dieci tracce, l'album in studio prodotto da Jack Frost è il 36° in studio di Bob Dylan ed è la prima uscita dell’artista dopo “Tempest” nel 2012.
Dopo l'annuncio della Columbia del rilascio del prossimo album, Bob Dylan ha commentato: "E' stato un vero privilegio poter fare questo album. Avrei voluto fare qualcosa di simile a questo da lungo tempo, ma non ho mai trovato il coraggio di avvicinarmi ad arrangiamenti fatti per 30 musicisti con una band di soli 5 elementi. La chiave di tutto? Sapevamo i brani originali molto bene. E' stato fatto tutto in diretta. Forse uno o due riprese. Nessuna sovraincisione. Nessuna cabina per il canto, nessuna cuffia, nessuna traccia separata, è stato mixato come è stato registrato. Io non mi vedo proprio come uno che fa covers di canzoni originali. Queste canzoni sono già state coverizzate abbastanza, morte e sepolte. Quello che io e la mia band stiamo facendo è cercare fondamentalmente di riscoprire queste canzoni, tirandole su dalla loro tomba e riportarle alla luce del giorno".


(Fonte: bobdylan.com)

La tracklist dell'album:

1. I'm A Fool To Want You - (J. Wolf / Herron / Frank Sinatra)

2. The Night We Called It A Day - ( Matt Dennis / Tom Adair) 1941

3. Stay With Me - (Jerome Moross and Carolyn Leigh)

4. Autumn Leaves - (Joseph Kosma / Jacques Andre Marie Prevert / Jonnhy Mercer)

5. Why Try to Change Me Now - (Joseph Mccarthy Jr. / Cy Coleman)

6. Some Enchanted Evening - (words Oscar Hammerstein II / music Richard Rodgers)

7. Full Moon And Empty Arms (Jerome Moross and Carolyn Leigh)

8. Where Are You? - (Peter de Angelis / Robert Marcucci)

9. What'll I Do - (Irving Berlin) 1924

10. That Lucky Old Sun - (music by Beasley Smith / words by Haven Gillespie)

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Il 3 febbraio uscirà l'album di Bob Dylan dedicato a Sinatra                    clicca qui

 

 
Martedi 9 Dicembre 2014

“Bob Dylan - 50th Anniversary Collection 1964" su 9 LP

  

E’ annunciata La pubblicazione in Europa per il terzo anno consecutivo di materiale inedito di Bob Dylan per prevenire la perdita dei diritti delle canzoni e non lasciarli diventare di dominio pubblico. IIl set che si chiamerà “Bob Dylan - 50th Anniversary Collection 1964” si compone di 9 LP in vinile e sarà in vendita l'8 dicembre. L'edizione è limitata a mille copie e solo per i negozi e non per i siti online o ebay. Ecco una lista delle registrazioni che contiene il set:

LP 1 - SIDE A
CBC TV Studios - Toronto, Ontario, Canada, February 1, 1964

1. The Times They Are A-Changin’ (2:36)
2. Talking World War III Blues (4:53)
3. The Lonesome Death Of Hattie Carroll (5:27)
(Missing) Girl From The North Country
4. A Hard Rain's A-Gonna Fall (6:02)
5. Restless Farewell (5:03)

LP 1 - SIDE B
NBC Studios - Steve Allen Show - Los Angeles, California, 25 February 1964

1. The Lonesome Death Of Hattie Carroll (6:04)

Eric Von Schmidt's House - 532 Beach Road, Siesta Key, Sarasota, Florida, May 1964. All tracks performed by Bob Dylan and Eric Von Schmidt. (Previously not in circulation)

2. Bob and Eric Blues #1 (6:35) (Written by Bob Dylan and Eric Von Schmidt)
3. Black Betty (1:22) (Traditional, arranged by Bob Dylan and Eric Von Schmidt)
4. Come All You Fair And Tender Ladies (4:48) (Traditional, arranged by Bob Dylan and Eric Von Schmidt)
5. Florida Woman (2:58) (Written Eric Von Schmidt) (previously unknown title)
6. Johnny Cuckoo (3:47) (Traditional, arranged by Eric Von Schmidt)

LP 2- SIDE C
Eric Von Schmidt's House - (Actual address listed on the box), Sarasota, Florida, May 1964

1. Money Honey (3:34) (Written by Jesse Stone)
2. More And More (4:00) (Written by Webb Pierce and Merle Kilgore)
3. Mr. Tambourine Man (6:11)
4. Suzie Q (5:36) (Written by Dale Hawkins, Stan Lewis, and Eleanor Broadwater)
5. Harmonica Duet (2:27) (Written by Bob Dylan and Eric Von Schmidt)
6. Glory Glory (3:08) (Traditional, arranged by Bob Dylan and Eric Von Schmidt)

LP 2 - SIDE D
Eric Von Schmidt's House - (Actual address listed on the box), Sarasota, Florida, May 1964

1. Dr. Stangelove Blues (5:45) (Written by Eric Von Schmidt)
2. Stoned On The Mountain (1:35) (Written by Bob Dylan)
3. Stoned On The Mountain (3:28) (Written by Bob Dylan)
(Missing) I Want To Hold Your Hand (John Lennon/Paul McCartney)
(Missing) I Got A Hold On You (?)
4. Walkin' Down The Line (3:00) (Written by Bob Dylan)
5. Joshua Gone Barbados (4:03) (Eric Von Schmidt)

BBC Studios, London, England, May 1964

6. With God On Our Side (2:00)

Didsbury Studios, Manchester, England, 14 May 1964

7. Don't Think Twice, It's All Right (3:15)
(Still uncirculating) Blowin’ In The Wind
(Still uncirculating) Chimes Of Freedom

LP 3 - SIDE E
Royal Festival Hall - London, England - May 17, 1964
(Note: This concert was recorded by Pye Records Ltd., previously uncirculated except *)

1. The Times They Are A-Changin’ (3:35)
2. Girl From The North Country (3:49)
3. Who Killed Davey Moore? (3:17)
4. Talkin’ John Birch Paranoid Blues (3:28)
5. Ballad Of Hollis Brown (5:55)
6. It Ain't Me, Babe (4:29)

LP 3 - SIDE F
Royal Festival Hall - London, England - May 17, 1964

1. Walls Of Red Wing (4:00)
2. Chimes Of Freedom (7:32)
3. Mr. Tambourine Man (6:37) *
4. Eternal Circle (2:59) *

LP 4 - SIDE G
Royal Festival Hall - London, England - May 17, 1964

1. A Hard Rain's A-Gonna Fall (7:44) (Followed by intermission)
2. Talkin’ World War III Blues (5:41)
3. Don't Think Twice, It's All Right (5:08)
4. Only A Pawn In Their Game (5:47)

LP 4 - SIDE H
Royal Festival Hall - London, England - May 17, 1964

1. With God On Our Side (6:20)
2. The Lonesome Death Of Hattie Carroll (6:54)
3. Restless Farewell (7:13)
4. (Encore) When The Ship Comes In (3:39)

LP 5 - SIDE I
Columbia Studios - New York, New York - June 9, 1964 - (The “Another Side Of Bob Dylan” session, produced by Tom Wilson)

1. Denise (3:01)
2. It Ain’t Me, Babe TK 1 (2:07)
3. Spanish Harlem Incident TK 3 (3:09)
4. Spanish Harlem Incident TK 3 (1:31)
5. Ballad In Plain D TK 2 (2:02)
6. I Don't Believe You TK 1(4:07)
7. I Don't Believe You TK 3 (3:56)

LP 5 - SIDE J
Columbia Studios - New York, New York - June 9, 1964

1. Chimes Of Freedom TK 1 (3:12)
2. Chimes Of Freedom TK 3 (3:07)
3. Mr. Tambourine Man TK 1 (:46) (with ”Rambling” Jack Elliott, backup vocals.)
4. Black Crow Blues TK 1 (1:20)
5. Black Crow Blues TK 2 (3:48)
6. I Shall Be Free No. 10 TK 1 (:50)
7. I Shall Be Free No. 10 TK 2 (3:17)
8. I Shall Be Free No. 10 TK 3 (5:09)
9. I Shall Be Free No. 10 TK 4 (4:43)

LP 6 - SIDE K
Freebody Park - Newport, Rhode Island - July 24, 1964- Newport Folk Festival afternoon workshop

1. It Ain’t Me, Babe (3:47)

Freebody Park - Newport, Rhode Island - July 24, 1964 - Newport Folk Festival evening

2. All I Really Want To Do (3:40)
3. To Ramona (4:25)

Forest Hills Tennis Stadium, New York, New York, August 8, 1964 (Joan Baez concert)
4. Mama, You Been On My Mind w. Joan Baez (2:35)
5. It Ain't Me, Babe w. Joan Baez (3:51)
6. With God On Our Side w. Joan Baez (5:33)

LP 6 - SIDE L
Town Hall - Philadelphia, Pennsylvania - October 10, 1964 (Audience)

1. The Times They Are A-Changin’ (3:33)
2. Girl From The North Country (4:06)
3. Who Killed Davey Moore? (3:40)
4. Talkin’ John Birch Paranoid Blues (4:12)
5. To Ramona (5:11)
6. Ballad Of Hollis Brown (5:48)

LP 7 - SIDE M
Town Hall - Philadelphia, Pennsylvania - October 10, 1964 (Audience)

1. Chimes Of Freedom (7:18)
2. I Don't Believe You (4:18)
3. It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding) (9:54)

LP 7- SIDE N
Town Hall - Philadelphia, Pennsylvania - October 10, 1964 (Audience)

1. Mr. Tambourine Man (7:00) (Intermission)
2. Talkin’ World War III Blues (5:39)
3. A Hard Rain's A-Gonna Fall (7:44)
4. Don't Think Twice, It's All Right (4:20)

LP 8- SIDE O
Town Hall - Philadelphia, Pennsylvania - October 10, 1964 (Audience)

5. Only A Pawn In Their Game (4:53)
6. With God On Our Side (6:35)
7. It Ain't Me, Babe (4:25)
8. The Lonesome Death Of Hattie Carroll (6:19)
9. (Encore) All I Really Want To Do (3:20)

LP 8- SIDE P
Masonic Memorial Auditorium - San Francisco, California - November 27, 1964 (Audience, incomplete)

1. Gates Of Eden (6:04)
2. If You Gotta Go, Go Now (2:54)
3. It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding) (8:26)
4. Talkin’ World War III Blues (5:29)
5. Don't Think Twice, It's All Right (4:03)
6. Mama, You Been On My Mind w. Joan Baez (2:17)

LP 9 - SIDE Q
Civic Auditorium - San José, California - November 25, 1964 (Audience, incomplete)

1. The Times They Are A-Changin’ (3:17)
2. Talkin’ John Birch Paranoid Blues (3:36)
3. To Ramona (4:20)
4. Gates Of Eden (7:34)
5. If You Gotta Go, Go Now (2:26)

LP 9 - SIDE R
Civic Auditorium - San José, California - November 25, 1964 (Audience, incomplete)

1. It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding) (7:30)
2. Mr. Tambourine Man (6:02)
3. A Hard Rain's A-Gonna Fall (6:15) (Intermission)
4. Talkin’ World War III Blues (4:43)
5. Don't Think Twice, It's All Right (4:21)

Tutte le canzoni scritte da Bob Dylan eccetto dove diversamente indicato.

(Fonte: http://www.efeeme.com/se-publica-mas-material-inedito-de-bob-dylan-para-evitar-que-pase-domino-publico/)

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Alessandra Amoroso, canterò "Blowin' in the wind" di Bob Dylan         clicca qui

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Lunedi 8 Dicembre 2014

Talkin' 9510 - albebianchi

Ciao Mr.Tambourine,
stavo ascoltando il primo disco dei Traveling Wilburys e mi sono chiesto chi era il Wilbury che ha dato il nome al gruppo. Mi sai dire qualcosa? Grazie per il lavoro che fai per il sito,
Alberto

Pare che il primo a fare il nome dei Traveling Wilburys fu George Harrison durante un'intervista radiofonica con Bob Coburn della stazione radio Rockline nel mese di febbraio del 1988. Alla domanda su cosa avesse intenzione di fare dopo l’uscita del suo album “Cloud Nine”, Harrison rispose: "Quello che mi piacerebbe davvero fare dopo è ..... fare un album con alcuni dei miei amici..... qualche canzone, capisci. Forse con i Traveling Wilburys.....è questo nuovo gruppo che ho messo insieme..... si chiama i Traveling Wilburys, mi piacerebbe fare un album con loro e poi tutti potranno riprendere a fare ancora una volta i loro album".
Il nome "Wilbury" non è riferito ad una persona ma è un termine gergale usato per la prima volta da Harrison durante la registrazione di “Cloud Nine” con Jeff Lynne. Facendo riferimento ad alcuni errori di registrazione generati da alcune attrezzature difettose, Harrison scherzosamente disse a Lynne, "We'll bury 'em in the mix" (Li seppelliremo nel mix). In seguito i due hanno usato il termine per qualsiasi piccolo errore in termini di prestazioni ed il termine è stato utilizzato di nuovo quando il gruppo si era messo insieme. Harrison suggerì "The Trembling Wilburys" (i Tremolanti Wilburys) come nome scherzoso ed autoironico per il gruppo dato che tutti erano ormai avanti con l’età, invece Lynne suggerì "Traveling Wilburys" (i Wilburys Viaggianti), modifica che fu accettata da tutti.
L'idea di formare il gruppo sorse nel 1988 durante le sessioni di registrazione del brano che doveva servire da lato B per un disco singolo di Harrison (This is Love). Le sedute avvennero al Santa Monica California Studio di Bob Dylan e il risultato fu la registrazione di una canzone - Handle with Care - che apparve subito troppo buona per essere limitata come riempitivo per un 45 giri.
All'inizio, Tom Petty non era incluso nel gruppo, fu Harrison che, recandosi da Dylan per registrare, dovette passare da Petty a recuperare una sua chitarra dimenticata lì e in tale occasione gli propose di unirsi alla combriccola per una suonata.

Alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 9509 - zarganenko

Oggetto: Nick Cave

Buongiorno,
non so se può interessare, è comunque un artista affine al Nostro...che è ovviamente menzionato nel celebre episodio che li riguarda. Grazie comunque.
Buona giornata, Adriano Ercolani

http://contezarganenko.blogspot.it/2014/12/20000-days-on-earth-la-trasfigurante.html

Grazie Adriano, i tuoi scritti sono sempre ben fatti ed interessanti, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Sabato 6 Dicembre 2014

New York, NEW YORK - Beacon Theatre, December 3, 2014

     

1. Things Have Changed (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
2. She Belongs To Me (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel)
3. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Stu on acoustic)
4. Workingman's Blues #2 (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
5. Waiting For You (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
6. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donny on lap steel, Tony on standup bass)
7. Pay In Blood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
8. Tangled Up In Blue (Bob center stage with harp then on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
9. Love Sick (Bob center stage, Donnie on electric mandolin)
(Intermission)
10. High Water (For Charley Patton) (Bob center stage, Donnie on banjo, Tony on standup bass)
11. Simple Twist Of Fate (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
13. Forgetful Heart (Bob center stage with harp, Donnie on viola, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
14. Spirit On The Water (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
15. Scarlet Town (Bob center stage, Donnie on banjo, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
16. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)

(encore)
18. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
19. Stay With Me (Jerome Moross and Carolyn Leigh) (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

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Dylan chiude il Tour "014 con un magistrale concerto al Beacon Theatre

di Andy Greene | 4 dic 2014

I recenti concerti di Bob Dylan sono stati il modo per esternare il suo monologo interiore in un luogo affollato di persone, indipendentemente dal fatto che qualcuno lo segua o meno. Molte notti sono sublimi, altre sembrano essere telefonate, ringhiando la sua storia solo con qualche vecchio successo e abbandonando tutti gli altri, ma i fans hardcore fanno fatica a capire anche il titolo della canzone.

Qualcuno ha cercato di indovinare che cosa è cambiato nel corso degli ultimi mesi, ma la performance finale dei suoi cinque concerti al Beacon Theatre di New York, il suo incredibile 91° spettacolo dell’anno, Dylan suonava magnifico. Era espressivo, chiaro, articolato, intensamente concentrato e visibilmente soddisfatto. Senza dubbio, è stato il più piacevole concerto di Dylan di recente memoria.
Parte del cambiamento potrebbe essere legato alla sua decisione di abbandonare la maggior parte di ciò che ha scritto prima di “Time Out of Mind”, tenere solo due canzoni dal 1960 e altre due tra dal 1970 al 1997. Questa è una mossa coraggiosa per un artista con alle spalle un catalogo superamato come Dylan, cosa che nessuno dei suoi coetanei potrebbe permettersi di fare. Come al solito, ha aperto con "Things Have Changed", la sua canzone che ha vinto il premio Oscar dalla colonna sonora del film Wonder Boys. E' stata una scelta molto appropriata, perché la melodia del 1999 ha tracciato la esatta linea di demarcazione segnando il momento esatto in cui ha smesso di lavorare con i produttori esterni, optando semplicemente per produrre da sè tutto il suo futuro lavoro. La stragrande maggioranza del resto della notte è stata un viaggio attraverso i quattro albums (escluso quello di Natale) che ha pubblicato negli anni successivi.

Dylan ha registrato questi album con la sua touring-band, e anche se i componenti qualche volta sono cambiati, il suo nucleo è il bassista Tony Garnier, il batterista George Recile, il chitarrista ritmico Stu Kimball, il chitarrista solista Charlie Sexton ed il polistrumentista Donnie Herron per un periodo piuttosto lungo. Si sono trasformati in un gruppo incredibilmente stretto fra di loro, e il fatto che hanno ripetuto questa esatta scaletta di 19 canzoni per mesi e mesi ha fatto sì che essi abbiamo facilmente ripetuto ogni sfumatura. Sexton è stato particolarmente impressionante. Egli non è più a brandelli come sembrava essere durante i concerti alla fine degli anni 1990 e nei primi anni 2000 con Dylan, ma per molti versi l'approccio più delicato e raffinato messo in mostra la scorsa notte era ancora più impressionante.

Il set prima della pausa è caratterizzato da una lenta e rielaborata versione di “Workingman’s Blues # 2", un inquietante "Beyond Here Lies Nothin'" e un rollicking "Duquesne Whistle". Dylan si è alternato tra il suo pianoforte a lato del palco ed il microfono al centro del palco senza uno strumento. Il set si è chiuso con un doppio colpo incredibile, "Tangled Up in Blue" e "Love Sick". Bob sta riscrivendo i testi di queste canzoni da 40 anni, il che significa che non saprete mai come la storia degli amanti sfortunati procederà fino a che in realtà lui inizia a cantare.

Dopo una breve pausa, Dylan è tornato con "High Water (For Charley Patton)" e "Simple Twist Of Fate”, la canzone tratta da Blood On The Tracks ispirata dalla rottura della sua storia con la prima fidanzata di New York Suze Rotolo. Dylan è stato costretto a rivivere la loro triste separazione sulle banchine lungomare per decenni, e sentirlo cantare solo di una corsa veloce in metropolitana dal loro vecchio quartiere è stato particolarmente commovente. E' anche il tipo di momento che tende ad essere dimenticato e poco seguito quando Dylan lo suona nelle arene di basket o nei grandi anfiteatri all'aperto, vedere questo spettacolo in un teatro è un'esperienza completamente diversa.

L'unico vero passo falso è venuto verso la fine del secondo set, quando si è mosso attraverso "Early Roman Kings”, "Forgetful heart” e "Spirit on the Water". Queste sono tutte canzoni blues, una sorta di minestrone impastato e sfuocato quando sono suonate in sequenza. Dylan ha gettato un osso per il pubblico occasionale dando il via ai bis con "Blowin' in the Wind", poi ha di nuovo sconcertato tutti quando ha chiuso lo show con "Stay With Me", che è un brano che Frank Sinatra rese popolare nel 1964 e che probabilmente apparirà sul prossimo album “Shadows In The Night” l’anno venturo. "Ho freddo, sono stanco e so che ho peccato" ha cantato, suona come se veramente dare il significato giusto ad ogni parole. "E io vado in cerca di rifugio e grido nel vento".

Camminava dal palco senza dire nulla mentre poneva fine al 26° anno consecutivo del Tour Never Ending. Non ci sono ancora date relative al 2015, ma è difficile immaginare che questo treno possa fermarsi senza preavviso. Quando il tour riprenderà, è possibile che lui continuerà con la stessa esatta scaletta, ma potrebbe anche rinnovare tutto. L'unica cosa costante nella carriera di Dylan è che nessuno sà mai che strada prenderà la prossima volta.

(Fonte: https://www.rollingstone.com/music/live-reviews/bob-dylan-closes-2014-tour-with-masterful-beacon-theatre-gig-20141204)

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Bob Dylan with G.E.Smith - Bridge School Benefit - December 4, 1988 - Oakland Coliseum Arena

 

1) San Francisco Bay Blues - (Jesse Fuller cover) (with George Edward Smith)

2) Pretty Boy Floyd - (Woody Guthrie cover) (with George Edward Smith)

3) With God on Our Side - (with George Edward Smith)

4) Girl From the North Country - (with George Edward Smith)

5) Gates of Eden - (with George Edward Smith)

6) Forever Young - (with George Edward Smith)

 

 
Venerdi 5 Dicembre 2014

Talkin' 9508 - gebianchi

Cari amici, non vorrei trasformare questo talkin in un palloso contraddittorio a base di citazioni e riferimenti, ma visto che sono stato tacciato di contraddittorietà, sempre con immutata simpatia vorrei provare a chiarire alcuni aspetti della mia analisi.
Vengo perciò a bomba sulle contraddizioni che Mr. Tambourine riscontra nella mia disquisizione; quando parlo di narcisismo dell’artista, mi riferisco al suo rapporto col pubblico, al fatto che se accetta di salire su di un palco deve o dovrebbe pensare con grande attenzione ad esso, oltre che al fatto non trascurabile che qualcuno ha sborsato dei soldi per andarlo a sentire. Siamo tutti d’accordo sul fatto che il pittore, il musicista, lo scultore, creano per se stessi, guai se così non fosse; per intenderci, un conto è l’autore di una canzone o di un qualsivoglia brano musicale che è ispirato dal proprio umore e dai propri stati d’animo, altro è l’autore di jingles pubblicitari che deve comporre un tanto al chilo. Ma io mi riferivo al fatto che quando un Bob Dylan si esibisce su un palco sapendo quali e quante emozioni questo arrecherà al suo pubblico, sottolineo pagante, non lo fa solo pensando a se stesso. E la veridicità di quanto dico è dimostrata dal fatto che sia stato lo stesso Dylan a dichiarare il suo bisogno vitale di esibirsi da decenni in maniera compulsiva nel suo neverending tour. Di certo non per ragioni banalmente economiche, nè per poter semplicemente…..suonare, cosa che potrebbe fare tranquillamente nei suoi studi di registrazione con quattro amici. Ma quello che cerca il Dylan settantaquattrenne è invece proprio il contatto con la gente, l’interazione con i suoi fans che da cinquant’anni si emozionano ascoltandolo latrare nel microfono. Certo, lo fa a modo suo, con la sua proverbiale riservatezza e scontrosità, ma questo non sminuisce la considerazione che Egli a mio avviso riserva a chi lo va a sentire. Io penso che questo Dylan lo sappia e sappia bene che la gente che lo va ad ascoltare è convinta che Lui sia in quel posto per comunicare qualcosa agli altri. Certo suonerà anche per se stesso, ma ripeto, se fosse solo così non servirebbero i palcoscenici e le sale da concerto. Chiaro che, proprio perché arte e tecnicismo non sono necessariamente legati, gli si può perdonare tutto, anzi si può persino considerare sublime questo suo modo di porsi, perché come già dicevo, anche il wc dadaista è arte, frutto di una riflessione critica, segno di una volontà strutturata. Quindi, per far chiarezza, una cosa è scrivere e pubblicare un disco, magari splendido nella sua auto riflessività intimistica e che nel momento della sua stesura non tiene e non deve minimamente tener conto dei gusti di chi lo acquisterà, ma del proprio percorso creativo, un’altra è salire su un palco e pensare di infischiarsene del pubblico. Tu dici che questo è quello che fa Dylan, ma io non sono d’accordo. Non sperticarsi in saluti e moine non significa mancanza di rispetto, persino il dare le spalle al pubblico di Miles Davis erano una forma di rispetto, perché Davis in quel gesto invitava proprio il pubblico a concentrarsi non sull’icona davisiana, ma sulla musica che fluiva dalla sua tromba, e questo è rispetto per il pubblico. Quando Dylan si mostra imbronciato o lunatico, a mio avviso, non è assolutamente irrispettoso del pubblico, anzi, comunica la propria fragilità, il suo essere uno di noi, con le proprie angosce e turbamenti ed il bello dei suoi concerti è anche in questo spiazzante modo di rapportarsi al pubblico. Dylan non vuole essere un’icona, non vuole essere un modello per nessuno; ha sempre detto di non essere un profeta, arrivando pure all’irrisione di quei radical-political-chic che pretendevano di farlo diventare il simbolo del movimento. Eppure, paradossalmente, mi dici che proprio uno che non vuole essere modello o un’icona per nessuno, viene imitato e replicato proprio in quanto modello di vita. Beh, questo mi pare che sia contraddittorio; perdonate, forse sono io ad essere un fan anomalo e deprecabile, ma personalmente di Dylan amo le canzoni, i suoi versi, le sue metafore; del Dylan uomo, francamente me ne curo poco, ho altri modelli di vita (ammesso che ne abbia o che ne cerchi), laici o ispirati, ma infinitamente più coerenti con se stessi. Ognuno poi è libero di prendersi i modelli di riferimento e i maestri di vita che vuole, ma guarda che se non si opera questo distacco, si rischiano le infinite e a mio avviso imbarazzanti querelle tipo quella circa il fatto che sia giusto o meno che il nostro eroe giri lo spot delle automobili per il Superbowl… Lo fa per soldi? Lo fa per provocare? Lo fa perché…..perchè sono fatti suoi e la bellezza di una Tangled up in Blue è completamente svincolata dalla grandezza o meschinità del personaggio. Questo peraltro vale per moltissimi grandi artisti, geniali nelle loro manifestazioni di creatività, miseri nel quotidiano (citiamo pure tutti quelli della scorsa mail; Joyce, Proust, Picasso etc). Imitiamo o traiamo spunto dal loro lavoro, dalla loro arte, non dalla loro persona. Peraltro questo meccanismo imitativo è vero, è molto Girardiano, ma è proprio Renè Girard a stigmatizzarne le ricadute. Lo fa ad esempio in un saggio del 2003, Le origini della Cultura, o in altri cicli di lezione sull’arte tenute alla Stanford University in cui se la prende proprio con quella che definisce la caduta della mediazione esterna. Per non andar sul difficile, visto che non tutti magari conoscono questo intellettuale, diciamo che secondo Girard proprio l’onnipotenza dell’uomo moderno, il suo spostare sempre più in su l’asticella del desiderio di emulare modelli un tempo considerati irraggiungibili e quindi per loro natura inimitabili, ha fatto cadere quei filtri che lo separavano gerarchicamente dai propri modelli di riferimento, siano essi divinità laiche o non, spingendolo verso un’imitazione che definisce appunto sterile perché vuol essere quasi identificazione, assimilazione totale e questo produce giocoforza una caduta di creatività a favore della semplice emulazione; non solo, ma chi ne volesse intuire gli esiti ancor più nefasti, può leggersi il suo saggio su Dostoevskij (Dostoevskij dal doppio all’unità) per comprenderlo ancor meglio. E’ argomento complesso, sottile, del quale peraltro credo di essere profondo conoscitore visto che lo studio da più di vent’anni e credo di conoscerne molto bene le infinite sfumature e ricadute . Bada però che io concordo con te quando sostieni che chi rifà Dylan non è animato da puro spirito di emulazione, ci mancherebbe; c’è la condivisione di un percorso, c’è un sentirsi in linea con un messaggio, con un artista, c’è la sublimazione di un’esperienza che in quel momento diventa unica e assoluta etc etc. ma quello di cui parlo è il risultato oggettivo che, ribadisco , secondo me ne viene fuori. Ossia la brutta copia (non brutta in quanto brutta, ma brutta in quanto copia) di un già fruito, di un già assaporato nell’originale. Tu mi fai l’esempio della lirica, ma la lirica, come la classica, nascono da premesse differenti, ossia da uno spartito definito e immutabile; la genialità di un Pavarotti o quella di un Pollini nell’interpretare Beethoven, nasce dalle dinamiche, dai chiaroscuri, dagli accenti spostati, dalle corone più o meno dilatate. Chiunque sappia leggere uno spartito sa bene quanto la durata di una croma o di una semiminima siano relativi, o quanto aleatorio sia il termine allegro, piano, adagio etc. La grandezza dell’interprete eccezionale è proprio nella interpretazione con la I maiuscola, nella sua capacità di amalgamare tutto questo in maniera armonica ed emotivamente vincente. Ma da musicista sai bene, quanto assurdo e ridicolo sarebbe applicare questi elementi ad uno spartito dylaniano. E poi il grande interprete non è grande perché imita qualche suo collega, semmai ne trae spunto, ma restando nella lirica, puoi ascoltare mille interpretazioni di Rigoletto e avrai mille diversi modi di interpretare. Infine su Max Scheler, solo un telegramma; non era mia intenzione entrare nei dettagli della sua impostazione filosofica, peraltro il riferimento a Cartesio è piuttosto complesso e tuttora problematico e motivo di riflessioni varie presso la “comunità filosofica” e non mi ci vorrei addentrare , non mi pare la sede adeguata e la fenomenologia scheleriana è argomento troppo fuori luogo perché possa essere esplicitato in qualche riga, era solo un ricorrere alla categoria Nietschianza, del risentimento e della dinamica servo-padrone come sintetizzata da Max Scheler, per applicarla alla considerazione che l’uomo comune ritiene di dover tributare a certi grandi uomini che hanno fatto la storia e tra i quali Biagio, giustamente inserisce anche Bob Dylan, o meglio, per quanto mi riguarda, la sua opera.
Con simpatia, Enrico

Caro Enrico, ogni tanto serve mettere un pò di sale sulla coda alle persone per far uscire tutto quello che han dentro. Ho notato con piacere che, seppur con piccole differenze forse anche trascurabili, la pensiamo allo stesso modo su quel grande mistero che risponde al nome di Bob Dylan che a volte sembra uno smarrito personaggio in cerca d' autore, la differenza è che lui se la cava sempre anche se l'autore non lo trova. Bob Dylan potrebbe essere soltanto un mezzo, una rappresentazione visiva e sonora di un modo di essere e di pensare, iun personaggio creato appositamente sfacciato per vincere la timidezza di base di Robert Zimmermann. Un piccolo attore travolto da un successo troppo planetario per essere previsto. Poi, come si dice, quando si è in ballo si balla, ed a volte diventa impossibile fermarsi. Che Bob Dylan sia un personaggio inventato ed irreale l'ha detto diverse volte anche lui, Bob Dylan deve fare cose che al Sig. Robert Zimmermann sono impossibili, ma quando spingi la fantasia all'eccesso (per far questo ci vuole la famosa "capa tanta") può succedere che ti ritrovi per le mani un personaggio unico come Bob Dylan, e gestire un personaggio del genere non è la cosa più facile del mondo. Sarà per questo che esistono tanti lati e tanti modi doversi di essere Bob Dylan? 

Ha detto Robert Zimmermann: “Bob Dylan: una leggenda nata per… noia” .
A volte ognuno di noi si domanda come nasce una leggenda. La risposta di Bob Dylan potrebbe essere: “per noia”. Il Bardo di Duluth, ormai icona leggendaria della musica, entrato di diritto a far parte della cultura americana, ha infatti dichiarato in una recente intervista di aver cominciato a scrivere canzoni all’inizio degli anni ’60 semplicemente perché non aveva niente altro da fare.
Genio per caso? Dylan rivela di aver trovato l’ispirazione durante quella che fu chiamata la “Summer of Love” insieme al chitarrista Robbie Robertson: “Gli eventi di quel periodo sembravano essere distanti anni luce da noi. Non stavamo davvero partecipando a quello che stava succedendo, era la “Summer of Love” ma noi non eravamo lì. Così abbiamo cominciato a scrivere, non avevamo niente altro da fare ed io ho cominciato a scrivere un mucchio di canzoni. Non avevo intenzione di scrivere niente su me stesso perché ho sempre pensato che non avrebbe interessato nessun altro. E così ho cominciato a prendere ispirazione da qualsiasi cosa, dalla televisione fino agli elenchi telefonici. Quando la Cina ha sganciato la prima bomba all’idrogeno, abbiamo avuto l’ispirazione per "Tears of Rage". Poi ci furono delle rivolte a Rochester e nacque "Too Much of Nothing”. Poi da cosa nasce cosa e da un piccolo menestrellino di paese nasce un genio!
Sono anni che tutti coloro che masticano la materia Dylan, che sono stati travolti dalla forza delle sue canzoni, che hanno impostato la loro vita su di lui come Greil Marcus, che hanno diviso del tempo con lui, suonato con lui, lavorato per lui, vissuto con lui, cercano di spiegarcelo “in tutti i luoghi in tutti i laghi” come dice Pier Davide Carone. Ma nessuno ci riesce, quando hai finito di scrivere una cosa lui è già diventato un’altra, e così devi cominciare da capo.
La verità e che scatta sempre qualcosa fuori e dentro di lui, e tutto il resto è piccolo. La verità e che lui scrive ogni volta che il flusso delle parole corrisponde ai battiti del suo cuore. La verità è che l’universo lo insegue, ma lui è sempre irrangiungibile. La verità è che lui prova cose che noi umani non immaginiamo neppure, e quando le sentiamo raccontate dalle sue parole restiamo incantati e catturati for ever and ever and ever!!!!
Scusami se ti ho ingiustamente stimolato, ma è stato bello e utile.! Con molta simpatia, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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New York, NEW YORK - Beacon Theatre, December 2, 2014

     

1. Things Have Changed (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
2. She Belongs To Me (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel)
3. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Stu on acoustic)
4. Workingman's Blues #2 (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
5. Waiting For You (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
6. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donny on lap steel, Tony on standup bass)
7. Pay In Blood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
8. Tangled Up In Blue (Bob center stage with harp then on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
9. Love Sick (Bob center stage, Donnie on electric mandolin)
(Intermission)
10. High Water (For Charley Patton) (Bob center stage, Donnie on banjo, Tony on standup bass)
11. Simple Twist Of Fate (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
13. Forgetful Heart (Bob center stage with harp, Donnie on viola, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
14. Spirit On The Water (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
15. Scarlet Town (Bob center stage, Donnie on banjo, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
16. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)

(encore)
18. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
19. Stay With Me (Jerome Moross and Carolyn Leigh) (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

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Ian McLagan, tastierista di Small Faces e Faces ci ha lasciato

Ian McLagan, ex tastierista della leggendarie band Small Faces e Faces, è morto per un ictus all'età di 69 anni. Il musicista, colpito da un ictus, era stato ricoveratoall’ospedale di Austin, Texas, ma non si è più ripreso.

The Faces: Tetsu Yamauchi, Ian McLagan, Ronnie Wood, Rod Stewart, Kenney Jones.

McLagan nel 1966 era divenuto il tastierista degli Small Faces, sostituendo Jimmy Winston. Ma dopo l’uscita dal gruppo di Steve Marriott per formare gli Humble Pie, McLagan, Lane e Jones si unirono a Rod Stewart e Jesse Ed Davis (sostituito poi da Ronnie Wood) per dare vita ai Faces. Quando Ronnie Lane lasciò a sua volta fu rimpiazzato da Tetsu Yamauchi.

  Colin Allen, Bob Dylan, Ian McLagan, Greg Sutton, Mick Taylor

Negli anni a seguire McLagan ha lavorato anche con i Rolling Stones (suonò nell'album “Some girls”, partecipando anche al tour promozionale), con Bob Dylan fece il tour europeo 1984 che iniziò dall’Arena di Verona con Mick Taylor (guitar), Greg Sutton (bass) e Colin Allen (drums). Suonò inoltre per Jackson Browne, Joe Cocker, Chuck Berry e Bruce Springsteen.

The Faces with Keith Richards

 

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Addio a Ian McLagan, tastierista di Small Faces e Faces                         clicca qui

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Morto Bobby Keys, uno dei più grandi sassofonisti rock

Aveva 70 anni. Il decesso dopo una lunga malattia. È stato in tour fino a inizio anno.

     

Bobby Keys, il leggendario sassofonista dei Rolling Stones, divenuto famoso per aver partecipato al tour "Mad Dogs and Englishmen" per accompagnare Joe Cocker nella sua tournee americana, in coppia con l'altro famosissimo sassofonosta Jim Horm e l'altrettanto famoso trombettista rock Jim Price, col quale suonerà in seguito per lotissimi anni con i Rolling Stones, è morto nella sua casa di Franklin, nel Tennessee, all’età di 70 anni.
A dare la notizia è stato il tastierista Michael Webb, che ha suonato anche con Keys, il quale ha precisato che il musicista è morto dopo una lunga malattia. Il sassofonista ha accompagnato lo storico gruppo rock britannico nel suo tour fino a inizio anno quando si è dovuto ritirare a causa della malattia.


                                           

   con Joe Cocker e Jim Horn            Jim Price, Bobby Keys, Mick Taylor          Bobby Keys, Mick Jagger, Mick Taylor

Il "Tour dei Mad Dogls And Englishmen", dal quale fu tratto anche un film, fu uno degli eventi più importanti del rock ed ebbe luogo a partire dal marzo 1970 per sette settimame per uj totale di 48 serate. Cocker fu obbligato dall'associazione dei musicisti americani ad assumere del musicisti di quel paese per poter effetuare il suo tour assieme ai musicicsti che di era portato dall'inghlterra. L'incartico di formare una big bnand fu affidato a Leon Russel che ingaggiò diversi nusicisti americani unendoli agli inglesi. Ecco l'elenco di quella straordibnaria band, nomi dei musicisti e nicknames:

vocals: Joe Cocker (TNT Voice), Rita Coolidge (Delta Lady), Donna Washburn (Lady Madonna), Claudia Lennear (The Stellar Gypsy), Daniel Moore + Pamela Polland + Matthew Moore + Nicole Barclay + Bobby Jones (Space Choir).
guitars: Don Preston (The Gentle Giant) , Leon Russell (Master of Time)
bass guitar: Carl Radle (The Mad Professor)
piano and keyboards: Leon Russell
Hammond; Chris Stainton (The Foxy Prince of Roll)
drums: Jim Gordon (The Rock), Jim Keltner (Floats Like a Butterfly)
percussions: Chuck Blackwell (Straight from Taj Mahal), Sandy Konikoff (Sphincter Phone)
sax: Bobby Keys (The Ruby Lipped), Jim Horn
trumpet: Jim Price (The Price is Right)

Joe Cocker, Mad Dogs and Englishmen - Honky Tonky Woman

 

«I Rolling Stones sono devastati dalla perdita del loro caro amico e leggendario sassofonista, Bobby Keys,», si legge in un comunicato della band. «Bobby ha dato un contributo musicale unico al gruppo fin dagli anni Sessanta. Ne sentiremo molto la mancanza». Originario del Texas, Key iniziò a suonare con Buddy Holly e The Crickets diventando presto un musicista apprezzato e famoso. Le sue collaborazioni includono anche gli albums dei Rolling Stones, Lynyrd Skynyrd, the Who, John Lennon, Harry Nilsson, Delaney Bramlett, George Harrison, Eric Clapton and Joe Cocker, oltre ad altri prominernti musicisti. Keys, che ha suonato in migliaia di dischi, fu principalmente un touring musician dal 1956 fino al 2014.

 

 
Giovedi 4 Dicembre 2014

"From The Village To The Basement", uno short  film narrato Jeff Bridge

La Legacy Recordings, la divisione che gestisce i cataloghi di Sony Music Entertainment, per celebrare l’uscita di “The Basement Tapes complete: The Bootleg Series, Vol. 11” ha pubbblicato online “From The Village to The Basement”, un cortometraggio narrato da Jeff Bridges.
Disponibile in esclusiva sulla pagina ufficial Facebook di Bob Dylan:
https://www.facebook.com/video.php?v=10154845785630696&utm_content=nllink-3e11f3ff&utm_medium=email&utm_campaign=email%7C1041395253%7C20141203&utm_source=uscolumbia-bobdylan&cid=nl%3A1041395253
“From The Village to The Basement” comprime più di 12.000 fotografie in una lunga caralleta di tempo, partendo dal marciapiede di fronte al Washington Square Hotel al Greenwich Village, andando in direzione nord attraverso lo stato di New York, e, infine, arrivando nel vialetto di Big Pink, dove The Basement Tapes sono notoriamente stati registrati nel 1967.
Seguendo il percorso fatto da Dylan e The Band da Manhattan a West Saugerties nella cantina di Big Pink, il filmato è un viaggio virtuale con narratore Jeff Bridges che funge da guida turistica, che racconta la storia e il mistero dei Basement Tapesi, la loro influenza sulla musica americana. Per gli appassionati che cercano il meglio di queste registrazioni, “The Bootleg Series, Vol.11: The Basement Tapes Raw” è anche disponibile, presentando 38 brani più importanti del cofanetto in una speciale collezione di 2-CD.

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Le foto di Andrea Orlandi: New York, NEW YORK - Beacon Theatre, December 1, 2014

   

Il portfolio fotografico di Andrea Orlandi

Sempre un sentito grazie all'amico Andrea che immagino, con i divieti Bob, dovrà fare cose turche per scattare le foto che ci manda................:o)

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Talkin' 9507 - erasmodem

Salve,
non so se sapevate della pubblicazione di questo articolo su La Stampa odierna.
Buona lettura e buon lavoro!

http://www.lastampa.it/2014/12/03/societa/lammiraglio-consiglia-ascoltate-bob-dylan-per-imparare-a-vivere-v2gaiF6HavLdWaHN6qJP2N/pagina.html

Erasmo De Meo

Grazie della segnalazione Erasmo, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 9506 - gcautiero

Ciao Tambourine
volevo condividere con la comunità la mia versione di "Poeti per l'estate" del nostro De Gregori. Forse entrambi passavamo a casa di Dylan, io a quella di tutti e due, ma la canzone è registrata a casa mia :)

Poeti per L'estate - Gian Jesus



Bellissima Gian, complimenti, alla prossima, Mr.tambourine, :o)

 

 
Mercoledi 3 Dicembre 2014

New York, NEW YORK - Beacon Theatre, December 1, 2014

     

1. Things Have Changed (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
2. She Belongs To Me (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel)
3. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Stu on acoustic)
4. Workingman's Blues #2 (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
5. Waiting For You (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
6. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donny on lap steel, Tony on standup bass)
7. Pay In Blood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
8. Tangled Up In Blue (Bob center stage with harp then on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
9. Love Sick (Bob center stage, Donnie on electric mandolin)
(Intermission)
10. High Water (For Charley Patton) (Bob center stage, Donnie on banjo, Tony on standup bass)
11. Simple Twist Of Fate (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
13. Forgetful Heart (Bob center stage with harp, Donnie on viola, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
14. Spirit On The Water (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
15. Scarlet Town (Bob center stage, Donnie on banjo, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
16. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)

(encore)
18. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
19. Stay With Me (Jerome Moross and Carolyn Leigh) (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

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In vendita la nuova SJ-200 della Gibson mod. Bob Dylan al Beacon Theatre di N.Y.

  Roberta Epstein Spalter e Kathy Fortier con la chitarra acustica Gibson SJ-200 Collector's Edition autografata da Bob Dylan in vendita al Beacon Theatre di New York il giorno 1 Dicembre, 2014 (Foto per gentile concessione di Kathy Fortier)

Ora si potrà acquistare la chitarra (modello firmato dall’artista) che Bob Dylan ha suonato oltre 3 decenni fa, la Gibson SJ-200, per poco meno di $ 10.000.
La SJ-200, splendidamente ornata, è il risultato di una collaborazione tra la Gibson e Dylan, che si tradurrà in 175 esemplari, tutti firmati da Dylan stesso.

  Il modello della SJ-200 autografato da Bob Dylan, che avrà la tavola in abete Sitka ed il corpo e le fasce laterali in palissandro colorati in vintage sundburst costerà $ 9.999,00. Si prevede che andranno a ruba in pochissimo tempo.

 

 Il Modello players non autografato sarà invece una chitarra leggermente diversa con il corpo e le fasce in acero, con un solo battipena inciso invece che intarsiato, e costerà meno di $ 5.000.
 

Bob Dylan al Festival di Newport del 1965 il pomeriggio del 24 Luglio. Dylan arrivò sul palco con una chitarra Gibson J-200 con doppio battipenna.

Alcuni siti indicano che questa chitarra sia stata usata anche per la foto della copertina di Nashville Skyline,

  in realtà si tratta della J 200 ad un solo battipenna regalatagli da George Harrison

  chitarra che usarà anche nel concerto dell'Isola di Wight nel 1970.

 

 
Martedi 2 Dicembre 2014

New York, NEW YORK - Beacon Theatre, November 29, 2014

     

1. Things Have Changed (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
2. She Belongs To Me (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel)
3. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Stu on acoustic)
4. Workingman's Blues #2 (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
5. Waiting For You (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
6. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donny on lap steel, Tony on standup bass)
7. Pay In Blood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
8. Tangled Up In Blue (Bob center stage with harp then on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
9. Love Sick (Bob center stage, Donnie on electric mandolin)
(Intermission)
10. High Water (For Charley Patton) (Bob center stage, Donnie on banjo, Tony on standup bass)
11. Simple Twist Of Fate (Bob center stage with harp, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
13. Forgetful Heart (Bob center stage with harp, Donnie on viola, Stu on acoustic, Tony on standup bass with bow)
14. Spirit On The Water (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
15. Scarlet Town (Bob center stage, Donnie on banjo, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
16. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic)

(encore)
18. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic, Tony on standup bass)
19. Stay With Me (Jerome Moross and Carolyn Leigh) (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

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Talkin' 9505 - notdarkyet

Caro Mr. Tambourine,
ti segnalo questo articolo uscito su rockol.it, che contiene anche un'intervista audio con Bob Dylan:

http://www.rockol.it/news-640120/bob-dylan-prima-intervista-audio-in-10-anni#article

E' sempre un piacere ascoltare la voce del Bardo! :-)
Un caro saluto, Giorgio

Prima di tutto ti ringrazio per la segnalazione, l'avevo ricevuta anch'io ed avevo intenzione di postarla in questi giorni, ma mi è sembrato doveroso dare le precedenza a te. E' vero, è bello sentire la sua voce, peccato che è difficile capire tutto ciò che dice. Se qualcuno dei nostri lettori che conosce bene l'inglese se la sente di trascrivere la traduzione sarebbe davvero una bella cosa, speriamo......! Alla prossima. Mr.Tambourine, :o)

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Gibson presenta la SJ 200 edizione limitata autografata da Bob Dylan

Dopo anni di progettazione e sviluppo con la supervisione personale dell'artista, l’ edizione della Gibson mod. SJ-200 Collector autografata da Bob Dylan è una replica esatta della personalizzata chitarra di  di Bob. Costruita con palissandro indiano e abete di Sitka (il nome deriva da quello della città di Sitka in Alaska). La paletta presenta l’eye-logo intarsiato in madre-perla. I due battipenna sono riccamente decorati con un intarsio di madre-perla abalone.
Ogni modello dispone di un'etichetta autografata da Bob Dylan ed ha il numero di serie sulla paletta. Solo 175 chitarre autografate saranno costruite e distribuite per le vendite in tutto il mondo al prezzo di $ 9.900,00. Queste chitarre includeranno anche una edizione limitata unica con custodia rigida con il l’eye-logo dell'artista ricamato.

http://www2.gibson.com/Products/Acoustic-Instruments/2014/Bob-Dylan-SJ-200-Autographed-Collectors-Ed.aspx

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Minneapolis, Minnesota - Orpheum Theatre, November 6, 2014

di Don Ely

Il clima era come ai primi di novembre nel North Country. Nessuna tempesta artica scesa giù dalle terre selvagge del Canada, non il temibile Blizzard che ha spazzato tutto il Dakota. Il fatto è che sono stato in grado di fare un giro turistico della città vestito prevalentemente con solo una t-shirt in flanella. Di tanto in tanto prendevo la famosa Skyway che Paul Westerberg ha cantato così notoriamente.
Così Bob Dylan era a Minneapolis per il terzo show all’Orpheum nel quartiere dei teatri in Hennepin Avenue, ed io ero lì. Gli ultimi due anni avevo il desiderio di rivederlo nel suo stato natale, e questa è stata l'occasione. Il mio approccio a Minneapolis è avvenuto attraversando il fiume a La Crosse, Wisconsin, e prendendo la strada panoramica fino alla Highway 61, passata Red Wing.
Come aficionados di Bob sapevo che la set list sarebbe stata la stessa delle sere prima. Nel corso dei tre notti ero posizionato al centro della 16° fila a destra, 5° fila in centro a destra, e 7° fila in centro sinistra.
Martedì e Mercoledì miei posti stavano davanti al piano di Bob e alla postazione di Donnie Herron, mentre giovedi ero in fronte al resto della band e di Bob quando veniva a cantare ai quattro microfoni al centro della scena. Come previsto il suono era eccellente in un luogo creato quando la qualità del suono era qualcosa di più che un semplice volume. I 2.700 posti dell’Orpheum Theater erano praticamente tutti occupati. Delle tre serate quella di martedì è stata, a mio parere, una tacca sotto le altre.
Apertura con “Things Have Changed”, un sicuro successo di Bob per alcuni anni. Poi è la volta di "She Belongs To Me" con il ritmo di un battito cardiaco, un impulso di vita che non può essere spento. "Workingman’s Blues # 2" non è mai stata tra i miei preferiti, ma questa era tra le migliori versioni che ho sentito, Bob l’ha cantata teneramente e convinto.
"Waiting For You" è stato il primo dei tre esordienti personali. E' stato bello sentire un vecchio valzer di scuola country nel set. "Pay In Blood" ha offerto alla band una possibilità per brillare, come quando Bob ha fatto una piccola smorfia col viso mentre si faceva da parte per far suonare alla band un paio di battute.
Una minimalista "Tangled Up In Blue" ha catturato la mia attenzione, soprattutto appena Dylan si è messo al pianoforte accompagnato da Stu Kimball con la chitarra acustica e Donnie che sottolineava il tutto.
Dopo "Love Sick" il gruppo ha lasciato il palco per l'intervallo. A me questa pausa fa sembrare la serata più corta, ma il totale dei due set rimane sempre intorno alle due ore.

Come al solito ho incontrato alcune persone che conoscevo a questi spettacoli, come Dez dall'Irlanda, che era negli Stati Uniti da tre settimane ed aveva così visto Bob Dylan per la prima volta. La terza notte ero seduto accanto a una bella signora che veniva dal Montana.
Dopo una boccata d'aria fresca la band torna con " High Water (For Charley Patton) ". Io indossavo quella che è diventata la mia uniforme da concerto: una t-shirt con la foto di Charley Patton, quello scoperta da John Tefteller durante la sua spedizione alla Paramount Records di Grafton e Port Washington, Wisconsin. Questa rimane l’unica l'immagine conosciuta di Patton che morì nel 1934.
E’ ora la volta del tipo blues di Muddy Waters "Early Roman Kings". Questo numero è migliorato nel corso del tempo, così la ripetitività si è trasformata da fastidiosa in avvincente.
Il materiale di “Tempest” ha dominato la seconda metà dello show, con "Scarlet Town" e "Soon After Midnight" in evidenza. Bob era in bella voce, forse un pò ruvido la prima notte, e il suo lavoro al pianoforte è stato molto buono. Ha aggiunto qualche battuta di armonica in tre canzoni, e naturalmente la folla ha espresso l’apprezzamento. Illuminazione calda ma debole, sfondo dai colori ambrati, e i musicisti non si poteva vederli bene. Piccole luci erano appese per sostituire gli spot dell’AmericanaramA tour, l'elemento più cool erano i vecchi lampioni in stile canestro che sembravano essere venuti direttamente da un palcoscenico della MGM!
«Long and Wasted Years" era l'unica canzone di Tempest che non avevo ancora sentito, ed ero ansioso per questo. Non è stata ammaliante, ho pensato che in questa performance mancava il potere che altri recensori su boblinks avevano magnificato, ma sono stato contento che sia stata inclusa nel set. Con questa canzone termina il main set e si passa ai bis.
Innanzitutto la versione "felice" di "Blowin' In The Wind". Ed infine la canzone con la quale chiude da diverse notti dopo l'ultimo show a Los Angeles, e cioè "Stay With Me", breve ma dolce, apparentemente un pezzo che Frank Sinatra canticchiava in un film del 1965 e anche incompleta, ritengo che Bob la canti come ringraziamento speciale a coloro che gli sono rimasti fedeli in tutti questi anni.
La gente lamenta il fatto che Bob parla raramente durante le performances, non palesa mai di dare riconoscimento al suo pubblico, o dire "Hey Detroit!" o qualsiasi altra cosa, ma in genere è sempre stato così da anni ormai. Tutti i Bobcats erano felici di essere vicini a Bob, finchè sarà possibile.

 

 
Lunedi 1 Dicembre 2014

Talkin' 9504 - gebianchi

Cari Biagio e Mr. Tambourine,
innanzitutto un ringraziamento per i binari di civiltà dialettica sui quali si sta sviluppando questo “dibattito”. Nauseato da blog irriverenti, talk show torpiloquianti, pensatori dell’ultima ora con il solo gusto della provocazione e dello scontro muscolare, mi trovo invece a plaudire questo modo pacato, sereno e legittimamente contraddittorio di argomentare. Il mio è anche un invito che spero si estenda, nella sua modalità, all’intera talkin’ , che a volte si infiamma e si inerpica su battibecchi e diatribe rissose e poco tolleranti dell’altrui punto di vista. Ma questa è un’altra storia. Venendo all’oggetto di questa mia risposta, vorrei aggiungere qualche contributo a quanto espresso da Biagio e Tambourine, rispetto ai quali, come si evince mi trovo in garbato disaccordo, pur nel rispetto totale delle Vostre posizioni. Comprendo l’approccio di Biagio, capisco bene il senso personalissimo di quell’illuminazione che con una bellissima immagine del Messia che cammina sulle acque voleva comunicare. E’ una sensazione meravigliosa, ha ragione, intima e personalissima, totalmente svincolata dalla maestria tecnica o da surplus intellettualistici che poco hanno a che vedere con l’approccio empatico di quei momenti. Ogni musicista sa che nell’attimo in cui, parafrasando Faber, avverte quanto sia bello che ”dove finiscono le mie dita debba in qualche modo cominciare una chitarra”, tutto il resto scompare per lasciar posto ad una sfera di sensazioni ed emozioni uniche ed irripetibili. Io però non volevo in alcun modo censurare o stigmatizzare questo approccio alla musica e alla creatività a favore di cerebralismi dotti e accademici, sia chiaro. In fondo è la conquista di tutta l’arte moderna, da Fontana a Piero Manzoni, passando per Jackson Pollock . La Merda d’artista o l’esperienza dadaista di inizio novecento sono ad esempio la più chiara dimostrazione del fatto che per essere artisti non è necessario avere la tecnica caravaggesca dei chiaroscuri o quella degli sfumati di scuola leonardesca. Però, in quelle esperienze artistiche così dissacranti , così volutamente in rottura con l’abilità tecnica, caposaldo formativo per generazioni di artisti, (mi viene in mente, da frequentatore del jazz a tutta l’esperienza del free Jazz di Ornette Coleman etc), vi è comunque una straordinaria dose di autenticità, di personalità, di creatività; l’arte non come processo narcisistico fine a se stesso, mirato alla propria autorealizzazione (e in qualche modo chi sale su un palco e si propone agli altri, anche agli altri deve pensare), ma come comunicazione di un messaggio personale, sociale, politico, culturale in senso lato, ma comunque trasmissione di un’esperienza nuova e unica che sia in grado di travalicare il proprio autonomo godimento. Perdonate, la mia è una visione forse un po’ troppo “politica” (in senso metaforico) e terribilmente datata del momento artistico, non a caso al Dylan che da par suo racconta di esperienze sentimentali più o meno liete, preferisco il Dylan rombante dell’impegno e della consapevolezza sociale. Alle evanescenti alchimie dei Perigeo, prediligo l’approccio militante degli Area di Demetrio Stratos (qui andiamo nel Pleistocene!!). Ma questo è un fatto del tutto personale lo riconosco, però, tornando a Dylan, anche quando si addenta in una sfera intimistica e sentimentale, lo fa fornendoci il suo mood il suo originalissimo modo di vedere la realtà in grado di plasmarci, di riflettere, di uscire trasformati da un’esperienza come può essere quella dell’ascolto di un suo disco o di un suo concerto. Non voglio divagare, ma attenzione, cari amici, io non parlo della libertà sacrosanta di imitare, coverizzare (che brutto termine), tributare… come si vuole, e neppure della libertà dello spettatore di assistere a questo tipo di performances, ci mancherebbe; penso però che quando si decide di salire su un palco e si hanno davanti 10, 100, 1000, 10000 persone, in una dinamica di rapporto alto-basso, necessariamente sbilanciata a favore del performer, si decide di assumere qualche responsabilità in più rispetto a quelle che si ha prendendo una chitarra e suonando per il proprio personale piacere e questo secondo la mia opinione rende troppo assolutorio il giudizio del tipo “tanto poi ognuno è libero di pagare un biglietto e vedere quello che vuole”. Io credo che in questa mission (altro brutto termine) che il musicista si impone o dovrebbe imporsi accettando di proporsi agli altri, vi debba essere l’attenzione primaria per quello che si comunica agli altri. A me piace ricordare come De Andrè, per l’enorme rispetto che aveva verso il suo pubblico, curasse in maniera maniacale il modo in cui nei suoi concerti giungevano le parole e la musica al pubblico, che era il suo unico soggetto cui rendere conto, sottoponendo se e i suoi musicisti a estenuanti sound check per curare al massimo livello il proprio rapporto con chi lo andava a vedere, e si esibisse solo quando usciva un nuovo suo disco perché riteneva di aver qualcosa di nuovo da dire. Mi rendo conto che questo è un approccio estremo ed eccessivo, e che in fondo anche nella milionesima esecuzione di Hard Rain bofonchiata malamente in una sala da concerti con acustica al limite dello scandalo, il nostro può trasmettere nuove “vibrations” agli astanti, ma questo solo per dire come la ripetizione, la replica, spesso scada soprattutto se praticata non dall’autore originale, in un gusto narcisistico che ha molto a che vedere con le categorie freudiane. Caro Biagio, io non davo connotazioni negative o positive alla cosa, in fondo chi suonando un assolo a’ la Al Di Meola non si è sentito un po’ Al Di Meola? Ma questo va bene, ci mancherebbe, non è che la conferma della teoria di Renè Girard, grande antropologo e pensatore francese secondo cui, la gran parte dei nostri comportamenti sono “imitativi” ed il bisogno innato di imitare l’altro (tutti i nostri comportamenti, secondo Girard sono mimetici, da quelli del bambino che imita gli altri suoi simili a quelli degli adulti che sono sempre alla ricerca di un modello a cui ispirarsi), produce alla lunga il desiderio di essere l’altro, di appropriarsi dell’identità dell’altro. Questa schizofrenica deriva ha davvero portato a mio parere ad una crisi sostanziale di originalità e creatività; anche nel mondo del rock, del pop, del blues e perfino del jazz, ormai è tutto riproduzione sterile del già visto, frusta variazione sul tema. Ma come giustamente osservava Mr Tambourine, altro era la cover italiana di un pezzo targato USA che quarant’anni fa potevi ascoltare nella sua versione originale, solo sintonizzandoti su Radio Lussemburgo, altro è la riproposizione di pezzi che ormai possiamo fruire in un nanosecondo navigando nella Rete. Quei primi, scarsi, rozzi coveristi, che spesso cambiavano i testi per ragioni di metrica o a volte di censura, ci hanno però permesso di arrivare ad ascoltare i Procol Harum, gli Stones di Paint It Balck (versione improbabile di Caterina Caselli) o al Give Me An Hammer di seegeriana memoria. Ma almeno, erano innovativi, originali nel loro imitare o rifare e sapevano comunicare qualcosa anche a chi li ascoltava perché permettevano a un pubblico bigotto abituato alle lagne sanremesi di aprire i propri orizzonti oltreoceano, laddove le “good vibrations” stavano da tempo modificando il costume e il modo di pensare di un’intera generazione.

Infine un ultima osservazione. Certo, faccio mio e condivido l’assunto di Biagio che sostiene la storia procedere per balzi e attraverso le accelerazioni che i grandi uomini sono in grado di imprimerle. Lo stesso vale per l’arte e Dylan, Joyce, Picasso ,T.S. Eliot, per fare qualche esempio ne sono la conferma. Credo fosse anche la tesi di Max Scheler filosofo tedesco dei primi del novecento superficialmente e puerilmente accusato di fascismo per aver sostenuto questa tesi che anch’io invece (molto sommessamente) condivido. Però credo anche che in ognuno di noi alberghi un piccolo Dylan, un piccolo Charlie Parker, un piccolo Marcel Proust, e a mio parere, offrirsi e offrire al pubblico questo nostro modesto contributo di “artisticità” originale, frutto della nostra personalissima rielaborazione e frutto delle nostre esperienze, è meraviglioso e sublime, è in fondo il piccolo contributo che ognuno di noi riesce a offrire al progresso dell’umanità, al di fuori di imitazioni che rischiano a volte di sconfinare nella deriva negativa dell’idolatria fine a se stessa.

Con simpatica “verve”polemica e mille scuse per la eccessiva verbosità…. un caro saluto, Enrico


Caro Enrico, ho letto con piacere la tua mail indirizzata all’amico Biagio ed a me.
Con questo scambio di idee è come se ci fossimo addentrati in un campo minato dal quale è difficilissimo uscirne, più ci si addentra, più si citano filosofi e pensatori e più si corre il rischo di contraddirsi inconsciamente perchè quando il ragionamento si arrotola su se stesso avviluppandosi in spire sempre più profonde è difficile mantenere la lucidità iniziale. Si potrebbe arrivare a dire tutto ed il contrario di tutto con la massima facilità, senza nemmeno accorgersene.
Dylan è un artista dei più semplici da giudicare se tralasciamo di perderci in inutili dissertazioni sul come, sul perchè e sul quando. Dylan è stato un artista di rottura, in innovatore musicale, un nuovo tipo di letterato, un grandissimo comunicatore, e tutto questo conoscendo poco della materia che ha usato per esprimersi, cioè la musica. Io credo che Dylan sia stato un “unicum” nel suo campo, e tutto questo, come dici tu, senza avere la tecnica caravaggesca dei chiaroscuri o quella degli sfumati di scuola leonardesca. Dylan è un ramo dell’arte arte moderna, proprio come Fontana, come Piero Manzoni, come Jackson Pollock, Andy Wharol, Picasso, come coloro che a modo loro hanno descritto o creato le cose in un altro modo diverso dall’usuale. Dylan ha usato la musica per esprimersi, passando diversi stadi evolutivi durante tutta la sua carriera, eppure credo che Bob non sappia leggere uno spartito musicale ne tantomeno scriverlo. Lui crea, scrive parole ed accordi su un pezzo di carta, il suo spartito è un registratore, canta e suona le sue cose d’avanguardia e giustamente lascia che siano altri a fare il lavoro dello scrivano.
C’è però una contraddizione fra quello che dici tu:
"l’arte non come processo narcisistico fine a se stesso, mirato alla propria autorealizzazione (e in qualche modo chi sale su un palco e si propone agli altri, anche agli altri deve pensare)”, e il comportamento di Dylan nei confronti del pubblico. Lui non si è mai preoccupato delle esigenze degli altri, Dylan si è sempre preoccupato di soddisfare le sue esigenze infischiandosene di quelle degli altri, in questo senso è unico, lui fa le cose e sono gli altri a doversi adeguare. Il concetto è quindi ribaltato, cade l’esigenza della responsabilità dell’artista nei confronti del pubblico, Dylan crea la nuova regola, "è il pubblico a doversi adeguare a me" e non viceversa, quindi, da un certo punto di vista, questo potrebbe anche essere considerato un atteggiamento ultranarcisistico. Ma tutti sappiamo che Dylan non funziona come noi e perciò perdoniamo e accettiamo tutto da lui, nel bello e nel brutto.
Il problema di De Andrè non esiste in Dylan, “
A me piace ricordare come De Andrè, per l’enorme rispetto che aveva verso il suo pubblico, curasse in maniera maniacale il modo in cui nei suoi concerti giungevano le parole e la musica al pubblico, che era il suo unico soggetto cui rendere conto, sottoponendo se e i suoi musicisti a estenuanti sound check per curare al massimo livello il proprio rapporto con chi lo andava a vedere” scrivi tu, Dylan il sound check lo fa in concerto, non gli importa se al pubblico arriva un suono decente o se le parole possano essere capite chiaramente, lui sperimenta e gioca le sue sensazioni in diretta sul palco, non nasconde niente, è il massimo della sincerità. Se è incazzato lo si capisce chiaramente dal suo comportamento, da come suona e da come canta, da come si rapporta con chi è sul palco con lui, idem quando le cose girano per il verso giusto.
Le Tribute Bands ed i Tribute Artist mettono in pratica il pensiero di Girard, usano l’approccio a Dylan secondo le idee di Girard, un nuovo approccio che non cerca l’ "originalità" delle opere, ma cerca ciò che esse possono avere in comune con loro.
Imitamo l’artista che stimamo e rispettano, mentre contro-imitiamo le persone che lo disprezzano, cioè cercano di fare il contrario di ciò che fanno i detrattori e quindi sviluppamo opinioni opposte. Secondo Girard il nostro comportamento è sempre imitativo, perché è sempre in funzione dell'altro, nel bene come nel male. I tipici modelli che si presentano nella vita di un uomo sono per esempio i genitori, il miglior amico, il leader del gruppo, la persona amata, un politico, un cantante, una guida spirituale o anche la massa in generale.
Perché si tende ad imitare gli altri? Il nostro desiderio è sempre suscitato dallo spettacolo del desiderio di un altro per il medesimo oggetto: la visione della felicità dell'altro suscita in noi (che ce ne rendiamo conto oppure no) il desiderio di fare come lui per ottenere la stessa felicità, o, ancora più intensamente, suscita in noi il desiderio di essere come lui. I desideri delle persone che stimiamo ci "contagiano". Ecco quindi spiegato e giustificato l’atteggiamento di chi suona e canta Dylan in modo più aderente possibile all’originale.

Ma allora, si chiede Girard, siamo burattini senza libertà? Assolutamente no. L'imitazione è la base della nostra capacità di apprendimento (prendiamo ad esempio i bambini); senza imitazione non sarebbe possibile la trasmissione della cultura, l'apprendimento del linguaggio, ecc. L'uomo è ciò che è perché imita intensamente i suoi simili. Dal desiderio di copiare o imitare viene tutto il meglio e il peggio dell'essere umano. L'imitazione infatti non si deve intendere come processo passivo e depersonalizzante (come dice Platone), ma come attività potentemente creativa. La filosofia girardiana sembra essere in contrasto con le tue parole quando scrivi:
“Questa schizofrenica deriva ha davvero portato a mio parere ad una crisi sostanziale di originalità e creatività; anche nel mondo del rock, del pop, del blues e perfino del jazz, ormai è tutto riproduzione sterile del già visto, frustrante variazione sul tema”.

Quindi non credo che chi copia Dylan lo faccia “solo ed esclusivamente” per un’idolatria fine a se stessa o per esasperato egocentrismo, io credo che nell’animo di una persona che vuole cantare le canzoni di Dylan ci siano una serie di sensazioni e di sentimenti impossibili da descrivere o liquidare semplicemente come “idolatria e spersonalizzazione”, a mio modo di vedere c’è molto di più, altrimenti dovremmo dire che tutti i grandi cantanti lirici che son venuti dopo Jussi Björling, il più grande tenore di tutti i tempi, uno svedese morto alcolizzato nel 1960, siano stati tutti degli imitatori spersonalizzati? Di Björling ha così detto Luciano Pavarotti: "una voce come la mia nasce ogni 10 anni, una voce come quella di Jussi nasce ogni 1000 anni". Questo dice quanto Luciano lo stimasse e quanto avrebbe dato per avere la voce come la sua.
Pavarotti era tecnicamente un “ignorante musicale”, anche se questa affermazione sembra suonare come una bestemmia. Quando Luciano lasciò questo mondo, Paolo Isotta scrisse sul Corriere della Sera:
“Vorremmo ricordare il tenore emiliano com'era ai suoi esordi, rimuovendo i detriti limacciosi accumulatisi con gli anni. Da tenore «di grazia », emulo di Tito Schipa, il quale è ovviamente irraggiungibile, cantava nel «mezzo carattere» dell'Elisir d'amore e della Sonnambula. Possedeva un timbro delizioso ch'era immagine di giovinezza, fiati lunghi e sani e quella splendida chiarezza di dizione che non l'ha abbandonato mai.
Sotto quest'ultimo profilo, anche nei periodi meno felici, Pavarotti restava esempio d'una vecchia scuola italiana gloriosa: quando cantava si capiva ogni parola. Contemporaneamente praticò con lo stesso successo il repertorio «lirico»: a esempio, il duca di Mantova del Rigoletto. Lo si volle accostare a Beniamino Gigli e, ripeto, per bellezza di timbro e chiara dizione ne era un erede. Ho un prezioso ricordo d'un testimone oculare quanto autorevole. Interpretava questo ruolo al Massimo di Palermo sotto la bacchetta del grande e burbero Antonino Votto. Rientrando il Maestro in camerino dopo la recita, borbottò: «Nunn' è ccosa!».
Perché un direttore di tal calibro era scontento d'un delizioso tenore? Pavarotti possedeva in radice difetti che i pregi della giovinezza dissimulavano ma non potevano cancellare. Egli era un analfabeta musicale, nel senso che non aveva mai appreso a leggere la notazione musicale: le opere doveva impararle a fatica nota per nota con un tapeur paziente. Questo è ancora il meno. Egli era a-ritmico per natura, non era possibile inculcargli se non in modo vago la nozione della durata delle note e dei rapporti di durata.
L'Opera lirica non è il canto del muezzin, è prodotto di accompagnamento orchestrale e richiede voci che s'accordino fra loro. S'immagini Pavarotti nel Sestetto della Lucia di Lammermoor…
Per avere quest'eccezionale cantante si doveva passar sopra a molte, a troppe cose, e così si ricorreva a direttori d'orchestra abili nel «riacchiappare » il tutto quanto pronti a chiudere tutti e due gli occhi sul rispetto della partitura musicale. Questo difetto è con gli anni aumentato, giacché Pavarotti, il suo vero torto, non aveva e non voleva avere coscienza dei propri limiti.
Col crescergli un ego caricaturalmente ipertrofico diventava sempre più insofferente delle critiche, anche solo degli avvertimenti affettuosi, come affrontava zone del repertorio che gli erano precluse dalla natura e dall'arte.
Da qui alle adunate oceaniche nei continenti, cantando egli con amplificazione, alle manifestazioni miste con artisti leggeri, magari più musicali di lui, alle canzoni napoletane detestabilmente eseguite, al suo abbigliamento carnevalesco, ai prodigi di cattivo gusto, è stato tutto un descensus Averni: ogni passo ti tira il successivo. E pensare che aveva cantato col maestro Karajan”.


Nella classifica dei tenori Luciano occupava l’ottavo posto, dietro ad Enrico Caruso (1873 1921), definito "il "modello" per tutti quelli l' hanno seguito". Al secondo posto c' e' Placido Domingo: "Il migliore e piu' completo tenore del nostro tempo", unico neo, la sua personalita' "spesso rigida". Jussi Bjoerling (1911 60) è terzo anche se "finito nella tomba prematuramente, alcolizzato"; quarto Lauritz Melchior (1890 1973); quinto John McCormack (1884 1945); sesto Beniamino Gigli (1890 1957), personalita' "irresistibile" contro un sex appeal "troppo piagnucoloso"; e settimo John Vickers.

Trovo che ci siano un sacco di analogie tra le personalità di Pavarotti e Dylan. Differenza fondamentale, Pavarotti aveva avuto in dono “la voce”, Dylan “Il cervello”. Dylan, oltre la capacità mentale, non è mai stato dotato o favorito da madre natura, non aveva il fisico, non aveva una voce per fare il cantante, non aveva la tecnica per fare il chitarrista e meno ancora il pianista, non conosce la musica, le sue canzoni, scritte su uno spartito lui non sà leggerle. Teoricamente aveva tutto per fallire nel mondo della musica, eppure è diventato il più grande, misteri della natura che sembra distribuire i suoi doni senza precise regole, a chi tocca tocca. In un casting di un “talent show” odierno Dylan verrebbe scartato dopo 10/15 secondi, ma questo non dimostra che Dylan sia sbagliato, dimostra quanto sbagliati siano i criteri di selezioni dei talent.

Se prendiamo a paragone l’ opera lirica vediamo che in questo genere musicale non c’è niente da innovare o inventare, esiste l’obbligo di essere il più aderenti possibili a quanto scritto dall’autore. Chiaro quindi che tutti gli interpreti dell’opera, siano essi tenori, baritoni, bassi, castrati, contralti, controtenori, soprani, mezzosoprani o sopranisti, devono per forza di cose interpretare i vari ruoli senza innovare niente e rigorosamente senza “steccare”, pena la rivolta dei loggioni. Questo limita gli artisti lirici che per trovare qualcosa di nuovo devono fare cose per la lirica “inaudite” come hanno fatto i “Tre Tenori” Pavarotti, Carreras e Domingo (formula copiata dai bravissimi ragazzi de “Il Volo”), oppure inventarsi un “Pavarotti and Friends” come ha fatto Luciano. Devo per forza di cose dire che i giovani del “Il Volo” hanno spudoratamente copiato la formula dei “Tre Tenori”, eppore nessuno dice che sono preda di una schizofrenica deriva, sostanzialmente privi di originalità e creatività, riproduzione sterile del già visto, frustrante variazione sul tema, ridicoli o patetici. Sono invece stimati ed apprezzati ( ed anche profumatamente pagati) in tutto il mondo, ma cosa dicono realmente di nuovo? Credo niente che non si sia già visto e sentito, allora dovrebbero essere considerati dei cialtroni?

Per questo non vedo perchè uno che la fortuna di avere la voce con le timbriche dylaniane dovrebbe vergognarsi di saper cantare con la voce di Bob, anzi, beato lui che ha la possibiltà di farlo!

Per quanto concerne il pensiero di Scheler la questione è più complicata, l’esasperazione di qualunque concetto crea  problemi di più difficile accettazione, Scheler vede nella riduzione kantiana della persona a soggetto logico della ragion pratica una spersonalizzazione della persona. Secondo lui anche Cartesio era in errore, e comunque il suo resta un modo di pensare condivisibile o meno, certo che il mettersi in contrasto con Kant e Cartesio non depone a suo favore.

Permettimi di dire che quando una persona, come nel caso di Biagio, riesce a raggiungere il suo Nirvana con la sensazione di camminare sulle acque è una persona beata che non potrebbe desiderare una sensazione superiore.

Per finire, lasciami dire, che se anche se i nostri punti di vista sono in contrasto, questo scambio di opinioni mi ha fatto davvero piacere.
Un caro saluto anche a te, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

 

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