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Ciao Mr. Tambourine,
ecco dei sentiti , spontanei e specialissimi auguri
scritti da Dylan di suo pugno per i lettori di Maggie's Farm.
 

                

Buon Natale a tutti da Zimmy !

e da Michele "Napoleon in rags"

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DALLA FATTORIA A TUTTI I MAGGIESFARMERS

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The Beards Vi augurano Buone Feste!!
Ciao Mr. Tambourine & Maggie's Farm,
ti ringraziamo per il tuo sostegno e auguriamo a tutti Buone Feste e un Felice Anno Nuovo!
Un cordiale Saluto
Emanuele, Max e Andrea.

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tanti auguri a tutti gli amici della fattoria

THE BLACKSTONES

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Tanti Auguri di Buon Natale a tutti i cari amici della Farm , Marina

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LE NEWS

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Giovedi 25 Dicembre 2008

 

 

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Mercoledi 24 Dicembre 2008

Natale con Dylan

By Bland Simpson

E 'stato pochi giorni prima di Natale 1968, io e la mia famiglia eravamo tutti assieme. Il soggiorno è stato riempito con un pò di tutto , regali , incensi , l’odore resinoso dell'albero di Natale. Avevo 20 anni , e la mia mente era piena di musica. Steso sul divano ho pensato: devi andare a trovare Bob Dylan , deciditi a farlo.
Ho deciso di fare un pellegrinaggio a Woodstock, New York, per vedere Dylan. C’era poco da dire , lui era l’uomo che mi ispirava nello scrivere le mie canzoni , le mie poesia , volevo stringergli la mano, che Natale sarebbe stato !
L'ordine del giorno era , partenza al pomeriggio , con non più di 50 dollari, così avevo stabilito. Sono partito con due amici dell’università , ho pagato la mia parte di benzina , 26 cents per gallone , cinquanta dollari sarebbe bastati.
Questo è stato veramente il mio secondo pellegrinaggio da Dylan e Woodstock. per il primo ero partito diverse settimane prima, nel giorno del Ringraziamento. Faceva un freddo che dava sui nervi, così ho deciso di ritornare a casa. Sulla strada di casa mi son divertito a prendere un pò in giro un insegnante nero che mi aveva dato un passaggio di notte sulla strada 81 attraverso la Shenandoah Valley. Abbiamo bevuto una birra insieme prima che lui mi lasciasse giù , e abbiamo convenuto che ci poteva essere un rapporto migliore fra le razze , o almeno speravamo che si potesse.
Poi un camionista mi ha portato da Hillsville alle Blue Ridge Mountains , ci siamo fermati in un Motel , abbiamo cenato , una tazza di caffè e poi via di nuovo. Mi ha lasciato a Winston-Salem verso le quattro del mattino , non prima di avermi dato qualche bottiglietta di liquore che teneva sotto il sedile.
Quasi subito un cacciatore con un enorme cestone sul tetto della sua Chevrolet Impala mi ha tirato su.Un paio di minuti più tardi ha detto: "Spero che ti piaccia la musica” . Ha messo su una di quelle vecchie cassette ad otto tracce che era piena di canzoni che avevo imparato a cantare da piccolo , dalla "Battaglia di New Orleans" ad "Affondate la Bismark!" , "A Nord Alaska" e via di seguito. L'insegnante e il camionista mi ha fatto pensare in modo più positivo al modo di viaggiare facendo l’autostop , così è finito il mio primo pellegrinaggio .

E 'stato alcune settimane più tardi, la sera del 10 dicembre, quando io ed il mio amico abbiamo caricato il suo "65 Rambler” e siamo partiti rombando fono a Three Laned 1 , un strada ancora non terminata , appena a sud della Turnpike Petersbourg. Su e giù, tutta la notte, il primo viaggio a lungo raggio che avevo sognato molte volte , su per la costa orientale. Sono stato stupito dalle dimensioni e dalla magnificenza del grande ponte a Wilmington, un paesaggio abbagliante , un paesaggio lunare, razzi di segnalazione ed i fuochi dei gas si alzavano verso il cielo nell’aria del New Jersey. Il mio compagno ha esclamato con orgoglio e disgusto mentre guardava la scena "L'America mostra i suoi muscoli!" Dal George Washington Bridge abbiamo dato uno sguardo su Manhattan. Un anno dopo sarei andato ad abitare lì , ma quella notte mi ha fatto sentire completamente fuori luogo. Abbiamo attraversato il ponte e ci siamo diretti verso il buio del Connecticut , stava leggermente nevicando. Abbiamo tirato fuori gli alcolici , dopo tutto, mi trovavo in missione.
Il piano era quello di lasciarmi a New Haven dove le grandi strade si biforcano a forcella, ma all'ultimo minuto il mio compagno , che doveva andare a Boston , ha ritenuto di fare la strada più a nord , girando a destra per Storrs.
Mi ha lasciato ad un distributore di benzina al primo semaforo, in un’alba grigia , sei o otto centimetri di neve sul terreno e stava nevicando ancora. Ho dormito al motel , poi , la mattina successiva , dopo la prima colazione , ho trovato un passaggio fino alla Masachusetts Turnpike in compagnia di uno studente della Goddard che guidava una Volkswagen con gli sci legati sul retro.
Doveva fare un corso , mi ha detto , di sci per un periodo di sei- otto settimane , per ottenere un diploma di insegnante. Mi ha portato verso ovest, New York e la Hudson, e, prima che mi lasciasse giù all’uscita di Saugerties , avevo visto oliveti e betulle dal tronco bianco per la prima volta.

Una coppia di artisti, un uomo e una donna, in una vecchia Pontiac dingy mi hanno portato da Saugerties a Woodstock. Essi hanno detto di essere amici di Bob, e tutto improvvisamente è diventato molto familiare. Gli artisti facevano parte di un gruppo chiamato Two-One-Two, anni dopo avrei visto l’annuncio di un loro concerto sul Village Voice. Mi hanno lasciato al centro di Woodstock , così ho chiesto al fornaio la strada per la casa di Bob Dylan. ”E’ un pò fuori città – mi ha detto – devi attraversare un ponte di legno poi vedrai un cartello con scritto “The old opera house” , quella è la strada per la sua casa”. A metà pomeriggio la temperatura era sotto-zero , e non ero vestito in modo adatto. Allora ho comperato un cappotto da marina in un negozio negozio di roba usata a sud di Wake Forest, un cappellaccio , un paio di stivali snakeproff , sembravo un cow boy del Montana orientale. Qualcuno mi ha portato fino al cartello      “ The old opera house”, dove c’erano sei o sette passi carrai , senza nomi scritti sulle mail-boxes , e non c’era l’indicazione con scritto   “ questa è strada per la casa di Bob Dylan”. Ho spettato per una ventina di minuti , poi un uomo magro è arrivato con la sua vecchia automibile. L’ho fernato e gli ho chiesto : “Mi scusi, lei sa quale di queste strade portano alla casa di Bob Dylan ?"
"Quella " Mi ha indicato una strada che andava verso il basso.
"Grazie."
"E 'Bob, uh, in attesa di te?"
"No"
"Hunh. Non so se sarà facile per te... Andare fino a casa sua".

Era scoraggiante, ma cosa potevo fare? “ Torna alla panetteria e telefona per un appuntamento? Mi ha detto .                                  “Vengo dal North Carolina” ho detto.
"Oh". Egli ha rinunciato all’idea della telefonata ed abbiamo proseguito a piedi. A poche centinaia di metri nel bosco la strada aveva una bifircazione , lui ha puntato verso il basso dove c’era una lunga costruzione di tronchi scuri che sembrava un padiglione di caccia. "Questa è la casa di Bob , ciao". Poi scomparse oltre la collina.

Sulla strada davanti alla casa di Bob c’era una Mustang blu del 66 tutta impolverata con due uomini piegati nel vano sotto il cofano alzato, uno di loro piccolo e sparuto , l’altro grosso e barbuto, stavano lavorando sul motore. Mi sono fermato ma nessuno di loro mi ha guardato. Dopo un paio di minuti che stavo alle loro spalle ho chiesto “ Sono a casa di Bob ?” Il piccolo non ha risposto , ma quello grande con la barba si è voltato e mi ha detto “Si”.
Sono andato all’entrata ed ho bussato : Sara Dylan ha aperto la porta, mi ha dato uno sguardo vuoto, e l’ha richiusa. Circa due minuti più tardi Bob Dylan stesso si è affacciato sul portale della piccola entrata. Egli indossava blue jeans, una camicia bianca con bottoni scuri e un giubbotto di pelle, era molto amichevole e rilassato.

”Mi chiamo Bland , Simpson Bland , vengo dal Nord Carolina per vederti” gli ho detto.

"Ti chiami Bland. Che tipo di nome è?"

”E’ il nome della mia famiglia” ho detto. Quindi solo per assicurarsi di aver capito bene me lo ha fatto ripetere.

"Bland. Bene, me lo ricorderò". Parlava di persona proprio come se stesse cantando "La ballata di Frankie Lee e Judas Priest."

"North Carolina......è un lungo viaggio"

” Si , ma volevo stringerti la mano e dirti che ammiro il tuo lavoro , mi ispira per scrivere le mie canzoni”.

"Che cosa facevi prima di avere questa idea di scrivere canzoni?"

"Andavo a scuola di diritto".

"Beh", ha detto, con piglio serio “ Il Paese ha bisogno di un sacco di buoni avvocati. Forse dovresti ripensarci".

Non era quello che volevo sentirmi dire dopo aver fatto centinaia di miglia . Ho cominciato a fare domande. “ Vivi a Woodstock tutto il tempo?”, “ La maggior parte del tempo “ ha detto “ Ma sto pensando di andare a New Orleans”,“ Quando uscirà il tuo nuovo album ?”, “ In primavera” , "Sono davvero felice per questo."

Lui poi mi ha parlato di Nashville Skyline, l’album che aveva appena finito. Ho chiesto notizie su un brano inciso dai Byrds , una canzone che avevo sentito in Wyoming l'estate prima. "Sì, lo so quello che intendi , ma non riesco a ricordarne il titolo , è qui da qualche parte" disse indicando la mente. Abbiamo risolto l’enigma , la canzone era “You ain’t goin’ nowhere”.

Abbiamo parlato per quasi 45 minuti, durante i quali avevo profondamente freddo. Dylan era vestito di shirtsleeves, ma lui non sembrava accorgersi del freddo . Deve avere capito la mia testa era piena di culto-eroe per lui , ed è stato così gentile da lasciare che il mio tempo con lui non fosse limitato. Il tempo della mia visita era finito , come la marea che si ritira. Sono stato immensamente grato, e lo ringrazio ancora.

Il pellegrino è pronto a tornare a casa. Ho tirato fuori la mia mappa, l’ho spiegata , e mentre abbiamo parlato su quale fosse il modo migliore per tornare a casa , è arrivato uno dei due meccanici , ha ignorato me rivolgendosi a Bob . La mia mente era già sulla strada del ritorno , ma avevo il desiderio di un’altima parola con Bob . Dylan mi ha fatto una relazione su tutte le cose che non andavano nella macchina , poi il grosso ha detto: "Penso che possiamo farla partire se attacchiamo i cavi al caricabatteria."

"OK", ha detto Dylan. "E 'in garage".

"Lo so , ho già ha cercato di collegarli , ma anche con un cavo lungo non ci arriviamo. Abbiamo bisogno di un altro cavo di prolunga."

"Prolunga", ha detto Dylan, ha pensato alla richiesta per qualche istante, quindi ha scosso la testa.

"Gee, Doug", ha detto "Ho paura che abbiamo appena utilizzato l'ultima prolunga per l’albero di Natale dei bambini".

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Bland Simpson, insegna scrittura creativa a UNC-Chapel Hill. Egli è uno scrittore, uno storico e un musicista-cantautore, in particolare   è un membro del leggendario Red Clay Ramblers. Il suo lavoro più recente è Ghost Ship della Diamond Shoals. "Natale con Dylan" è attualmente incluso nella antologia dei 12 racconti di Natale degli scrittori della North Carolina edito da Down Home Press.

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Bob Dylan - Nowhere Man (John Lennon)                  clicca qui

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John Lennon - Knockin' on Dylan's door                  clicca qui

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Raccolte, cofanetti e dischi in vinile                              clicca qui

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1991 gossip - Venduta la casa natale di Bob Dylan

E’ stata infine venduta la casa natale di Bob Dylan: a vincere l’asta (organizzata su internet) è stato Bill Pagel, fan del menestrello di Duluth impiegato in un sito dedicato al cantautore , boblinks.com . Lo “sfizio” è costato a Bill qualcosa come 82.000 dollari americani (più di 160 milioni di lire): una cifra che in Italia può far sorridere, ma che negli States è decisamente alta per un’abitazione in periferia. “E’ veramente un fan irriducibile: un tipo come lui farebbe la felicità di qualsiasi venditore”, ha dichiarato Barb Hanson, agente immobiliare di Duluth che ha gestito la transazione.
 

NAPOLEON IN RAGS !!!!! Tu dov'eri ????????? :o)

 

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Martedi 23 Dicembre 2008

Bob Dylan's new album, Tell Tale Signs: the verdict

Penso che adesso che la polvere si è depositata dovrebbe essere il tempo giusto per dare uno sguardo in dettaglio all’ultimo volume delle Bootleg Series di Dylan.
Avendo avuto l’occasione di vivere con il Cd negli ultimi mesi , mi sembra che la Sony abbia voluto la torta e che se la sia anche mangiata.
Credo che il raccolto sia troppo scarso per seminarlo in tre Cd , e mentre ci sono alcune gemme nel disco tre , è vergognoso che la Sony abbia approfittato dell’occasione per caricare in modo eccessivo ( 100 dollari) per il terzo disco del set a tre CD. Se mai , la cosa che balza agli occhi di questo set è l’incertezza di cosa realmente sia.
La mia opinione è che qui ci sono due dischi scoppiettanti , e si puo solo speculare su quante altre gemme ci siano ancora negli archivi.
E’ una raccolta di canzoni mai pubblicate ? E’ un set con le versioni live del Never Ending Tour ?
E’ un set di canzoni mai pubblicate prima in un album di Dylan? Bene , un pò di tutto questo , e questo potrebbe essere il problema.
Divertente anche il fatto che la copertina ricicli un’immagine di Dylan già apparsa nella versione de luxe di Modern Times!

CD1

1) Mississippi #1
La selezione delle diverse versioni della canzone. I Testi sono a posto ( come già sentito su Love and Theft ) ma la semplicità dell’arrangiamento a due chitarre si adatta perfettamente alla canzone. Un canto intimo , che dimostra quanto poco sia servita per la sua voce la produzione di Lanois in Oh Mercy e Time out of mind. Superba.

2) Most of the Time # 1
Probabilmente la cosa più radicale del set , Dylan “suona” fresco come negli anni 70’ , con inserimenti di una armonica spezzacuori. Di nuovo , il cantato è intimo e superbo , ed è notevole sentire questa canzone con un arrangiamento acustico.

3) Dignity
Di nuovo , la miglior versione di queta canzone sottile , da numero di Dylan. Questa versione guadagna tantissimo dalla voce intima       ( sembra che lui sia nella stanza con voi! ) e dall’accompagnamento del pianoforte.

4) Someday Baby
Ipnotica , con la voce di Dylan matura come mai. La linea melodica è appiattaita al punto da sembrare sempre uguale , ma questa ha una base più recente , e nasconde le origini come “Trouble no more” di Muddy Waters – la versione di Modern Times era troppo gonfiata per i miei gusti.

5) Red River Shore # 1
Una delle gemme di questa raccolta , questo è il Dylan classico. Di nuovo , la voce è intimale e dimostra che le voci sul crollo della sua voce sono esagerate. L’arrangiamento della canzone è costruito in progressivo ed è difficilissimo trovare qualcosa fuori posto . Mi ricorda Angelina , e di nuovo ti chiedi perchè questa non ha trovato posto su Time out of Mind.

6) Tell Ol' Bill
Piano meraviglioso e una bella vocalità minimalizzata. Ancora , questo è un miglioramente della versione precedentemente pubblicata. Liricamente , è una delle canzoni più interessanti di questa raccolta , che evita l’abitudine di Dylan di riciclare le parole delle vecchie canzoni blues.

7) Born In Time
Qui c’è la gemma di Under The Red Sky che Lanois aveva vestita a festa nel suo bagliore . Non buona come la precedente versione pubblicata , performance piatta , priva di alti e bassi.

8) Can't Wait
Un’altra gemma di questo set , si può sentire Dylan consigliare “ falla in si bemolle” prima che il piano apra la canzone . Un’altra superba prestazione vocale , nuda senza i trucci di studio di Lanois , una canzone che crea più sentimento lirico della versione pubblicata.

9) Everything is Broken
Non ci sono motivi per raccomandare l’inclusione di questo pezzo . una canzone debole , comunque all’interno dei canoni dylaniani.

10) Dreamin' of You
Prende il via con una serie di colpi di rullante e un tappeto ipnotico di piano , prima che Dylan , in anticipo vocale , si lanci in qualcosa che sembra un sound secco per l’inferiore Standing in the doorway che ha visto la luce ai tempi su Time out of Mind. Questa versione sovrasta l’altra dal capo alle spalle – Dylan in totale controllo vocale , qualche lirica fantastica e una grande produzione . Superba.

11) Huck's Tune
Questa suona come una vecchia canzone folk – una bellissima melodia ed un arrangiamento sensibile , superba parte vocale di Dylan. Una delle ganme di questo set , questa canzone è un grande pugno emozionale nel senso del testo malinconico , il suono folky e l’accorato cantato vanno bene assieme.

12) Marchin' to the City
Un’altro Highlight , questa è una prima versione di Til i fell in love with you ma è di molto superiore alla versione di TOOM. Segata la produzione di Lanois , questo è un Dylan vintage – quasi vicino alla vostra faccia – e parte come una canzone di Saved. I testi sono misteriosi e magici e di molto superiori della ordinaria Til i feel in love with you. Un’altro dei misteri di Dylan “ Perchè non l’ha pubblicata ?”.

13) High Water
Una fumosa versione live di questo pezzo di Love and Theft. Dylan ci mette un pò a partire , ma una volta scaldato attacca il testo con gusto. Una vetrina per la sua band vintage 2003 , Dylan si appoggia ai vocals nel modo più fine possibile.

CD2

1) Mississippi # 2
Di nuovo , liricamente perfetto , ma l’arrangiamento sembra non essere giusto , Dylan sembra cantare in una tonalità che non funziona per la sua voce - forse troppo bassa – questa versione dell’ultimo capolavoro di Dylan fa capire perchè Dylan l’abbia scartata da Time out of Mind.

2) 32-20 Blues
Una grande outtake da World gone wrong , in fin dei conti bello riaverla qui.

3) Series of Dreams
Questa è dove il picking iniziale sembra essere più leggero . In ogni modo certamente inferiore alla precedente versione delle Bootleg Series. Infatti , la voce mi sembra la stessa come nell’altra versione , non credo che Dylan sia in grado di rifare la stessa canzone nello stesso modo due volte , anche se lo volesse. La sola differenza è nella seconda strofa , che è stata ovviamente esclusa dalla versione precedente.

4) God Knows
Come in Born in Time , questa è la dimostrazione di cosa diventa una canzone ( criminalmente sottovalutata in Under the red sky) nelle mani di Lanois . Dimenticabile.

5) Can't Escape From You
La partenza sembta quella di Can’t help falling in love – Dylan brontola nella sua migliore interpretazione del fascino di Tom Waits , e la cantilenante melodia ricorda la natura folky di Huck’s tune. La mia unica riserva su questo pezzo è che lui sembra essere in difficoltà vocalmente in diverse strofe. Ma , al di là di tutto , una interessante versione.

6) Dignity
Terribile versione rockabilly di un Dylan-number. Basso gommoso , con Dylan che canta senza cura , una ciofeca.

7) Ring Them Bells
Dylan dal vivo nel 1992 al Supper Club mostra come stia andando verso il folklore , come dimostrato durante il Dylan Unplugged alla MTV , questa versione è stata anche filmata.
Ho sperato a lungo che questo concerto fosse utilizzato per le Bootleg Series  la versione sincera di questa canzone sembrava suggerirlo, la voce di Dylan è in perfetta armonia con la steel-guitar di Bucky Baxter. Amabile.

8) Cocaine Blues
Una versione simile era stata realizzata precedentemente per Love Sick e questa versione non aggiunge niente.

9) Ain't Talkin’
Molto simile alla versione di Modern Times , con un tocco un pò più rock – di fatto la base è simile a What was it you wanted. Non sono sicuro che aggiunga molto alla precedente versione.

10) The Girl On the Green Briar Shore
Bella versione live , ricorda il Dylan che suonava la chitarra da solo . Questo è un rimando a quei giorni.

11) Lonesome Day Blues
Suona come una registrazione dal vivo , forse un pò troppo metallica – I collezionisti conoscevano già questa versione che di solito era disponibile nella ora sadicamente defunta sezione-performance del sito ufficiale di Bob Dylan. Detto questo , questa track è che è una versione fumosa di quella di Love and Theft , con Dylan che aggredisce la parte vocale e con il vertiginoso aumento delle chitarre che scalciano colpi come una racchetta che tira un diritto dietro di lui.

12) Miss the Mississippi
Altre sessions che si sono spinte a fondo nel folklore , quelle registrate da Dylan e Dave Bromberg nel 1992 – prima che lui realizzasse Good as I been to you. Questa è stata disponibile per i collezionisti per diversi anni , ma è davvero una buona canzone – bella produzione e canto superbo da parte di Dylan. Non è sicuro che il resto delle Bromberg sessions , dalle quali questo pezzo proviene , saranno pubblicate ufficialmente.

13) The Lonesome River
Una bella registrazione , con Dylan in bella forma vocale. Naturalmente , questa è stata pubblicata precedentemente sull’album di Ralph Stanley.

14) Cross The Green Mountain
Un’altra gemma dell’ultimo periodo dylaniano, che mescola la melodia , un simpatico arrangiamento e una superba prestazione vocale di Dylan. Questa canzone esuma la Guerra di Secessione da tutti i pori – emozionale – un tour de force cinematografico. Superba


CD3

1) Duncan and Brady
Una pietra miliare dalle Bromberg sessions , con il profumo di Under the red sky. Cantata scioltamente con una voce da oca da Dylan , grando tocchi di chitarra , grande divertimento , fantastica. Un modo superbo di lanciare il più costoso disco che Dylan abbia mai realizzato!

2) Cold Irons Bound
Una grande versione live di questo classico da Time out of mind. – Dylan davvero focoso che attacca il cantato , e la base dei musicisti  è un turbinio che sale con un grande crepitio.

3) Mississippi # 3
Un terribile suono di reggae circonda questa canzone , la peggiore della raccolta. Liricamente completa , Dylan mette ancora a fuoco il suo gran potere narrativo. Per coloro che non vogliono perdere proprio niente.

4) Most of the Time # 2
Un pò come la versione di Series of dreams sul CD2 , a me suona come se fosse esattamente la stessa versione vocale della versione su Oh Mercy. Il fraseggio e l’intonazione sono identici – la sola differenza è qualche riga di tresto cambiata , che sono stati ovviamernte cambiati nell’incisione di Oh Mercy. Infatti , riascoltando questa versione , suona come se i nuovi versi fossero caduti dentro in questa versione . Superflua.

5) Ring Them Bells # 2
Una lunga introduzione , sarebbe stata migliore più corta , cantato spoglio di Dylan – inizia come una superba take alternativa, mentre la prima strofa è chiaramente una versione diversa , il resto della canzone è lo stessa incisione del cantato della versione ufficiale realizzata su Oh Mercy. Vergogna.

6) Things Have Changed
Non sono mai stato un fan di questa canzone. La base della backing band è grande ma la voce di Dylan è in grosa difficoltà . non una grande performance , Dylan sembra avere innestato il pilota automatico.

7) Red River Shore # 2
Un’altra versione di questo capolavoro , più silenziato di quello della versione sul CD1. Dylan suona come se l’avesse cantata una volta di troppo , e l’arrangiamento non è bello come la versione precedente.

8) Born In Time
Un’altra pugnalata di Lanois a questa canzone , comunque inferiore alla superba versione di Under the red sky.

9) Trying To Get To Heaven
Questa mi da sui nervi perchè Dylan fa quello di cui è spesso accusato – rilavora completamente la melodia della canzone facendola diventare un’altra. Questo è Dylan come Sinatra , una versione da sala da ballo di questo capolavoro di Time out of mind. Cantato impegnato , superbamente realizzata , ha fatto a questa canzone quello che ha fatto ad I want you ed a Tangled up in blue nel tour del 1978 , magica e spezzacuore.

10) Marchin’ to the City # 2
Comincia con la batteria come Rainy day women , e si appoggia sul suono dell’organo , non così buona come la versione sul CD1 , intrigante ma niente di più.

11) Can't Wait # 2
Introduzione spettrale di organo , voce spettrale di Dylan. Il fascino serpeggia dappertutto in sensi misteriosi e commoventi. Dylan come supremo cantante blues , davvero grande.

12) Mary and the Soldier
Un’altra fantastica e toccante performance dale sessions realizzate per World gone wrong. Impeccabile.

by Martin Cowan

(fonte: musicforgrownups.co.uk)

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Leonard Cohen , Fabrizio De Andrè : I due volti di Suzanne                 clicca qui

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Lunedi 22 Dicembre 2008

Talking Bob Dylan Blues - Parte 437 -    clicca qui

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I nuovi video di The Beards

Ti segnaliamo 3 nuovi video girati durante la nostra performance al Teatro Italia di Dolo, Venezia il 13 Dicembre 2008 per il concerto in memoria del nostro caro amico Pierluigi Secco.

FOREVER YOUNG

AIN'T ME BABE

GIRL FROM NORTH COUNTRY


The Beards
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La linea sottile che unisce Dylan a Bach - di Dario Twist of fate                   clicca qui

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La Fiera della musica chiama Bob Dylan                                                        clicca qui

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TTS : BORN IN TIME # 1 , traduzione in italiano - di Mirella Spencer      clicca qui

 

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Domenica 21 Dicembre 2008

ERIC CLAPTON

 

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Sabato 20 Dicembre 2008

Lettera aperta al manager di Dylan

Una lettera aperta a Jeff Rosen , i contabili , gli spacca numeri , coloro che infilano le matite e a chiunque possa interessare : riferimento - Entrata veloce differenziata.

Girano voci di un probabile sovrapprezzo per un’entrata veloce differenziata .Qual’è l’affare qui ? Che cosa sta succedendo ? Perchè dobbiamo pagare 100 dollari in più sul prezzo del biglietto per qualcosa che è in contrasto col concetto di Ammissione Generale allo show ? Quali sono gli autentici risultati ?
Se Dylan è stanco di vedere sempre le stesse facce notte dopo notte in tour fermate tutto ( oppure girare le luci in modo che Dylan non veda nessuno del pubblico in faccia). Storicamente Dylan è sempre stato un artista che attira numerosi elementi marginali . Sono sicuro che non è una novità quando dico che le uniche persone che pagheranno queste esorbitanti tariffe per avere il diritto di “entrata veloce” non saranno quelle che aspettano ore ed ore in qualunque condizione atmosferica per entrare per primi. Questi altri, ricchi personaggi locali , è gente che viene agli show solo per farsi vedere ed aggiungere una nuova tacca al loro status. Gente che verrà per sentire un 23enne da solo sul palco con una chitarra acustica che canta “Everybody must get stoned” e “Like a rolling stone” esattamente come suonano sul disco , e come saranno contrariati quando questo non avverrà. Gente che vorrà sentire “ Hei , come va stasera CLEVELAND!!!!!!!!! E che sicuramente se ne andranno quando avranno realizzzato che l’uomo di 67 anni non suona più come quello di 25, quelli che appena usciti diranno “ Non ho capito una parola e tutte le canzoni erano diverse , irriconoscibili”.
Quali sono quelli sbagliati ? Quelli 15 file più indietro che capiscono tutte le parole , guardano come è fatto ogni accordo , o quelli che si troveranno in un club pieno di snob il giorno dopo solo per mostrare il loro biglietto agli altri ? ( ma non potrebbero questi ricchi personaggi essere anche loro davvero interessati alla musica di Dylan ?) Certamente , ma allora , perchè non arrivano prima agli show , evitando il sovrapprezzo differenziale , non si mettono in fila ad aspettare come tutti gli altri per entrare per primi ed avere i posti davanti al palco ?

Stai cercando di attirare gente giovane agli shows , ancora una volta Dylan è in cerca di un pubblico giovane ? Bellissimo , ma di nuovo , questo non è certamente il modo per farlo. I Giovani non pagano così tanto per vedere le loro bands preferite ( e della loro stessa età). Ed al riguardo , probabilmente non hanno un reddito proprio , perciò si accontentano dei posti da 40 dollari , ed una volta entrati tutti si troveranno in quarta o quinta fila , mentre davanti ci saranno sempre le stesse facce stanche che cercheranno di giustificare in qualche modo questa “sodomia” dell’"entrata rapida".
So che questa è l’industria musicale , so che i tour hanno dei costi elevati , ma mi sembra che tutto sia andato sempre bene anche prima di questo sfacelo. Ma l’idea fondamentale di General Admission è in contrasto tra quelli che sono venuti prima perchè lo volevano e quelli che hanno pagato in più per avere qualcosa da fare il venerdi sera. E se tutto questo è fatto per spillare più dollari da ogni poro , allora è una cosa disdicevole.

Mi sono deciso a scrivere questa lettera ( che avevo in mente da molto tempo) a causa delle voci sul prossimo tour . So che negli ambiti precedenti c’è stata l’entrata anticipata , ma questa non è costata un centesimo di più e non ha cambiato le facce davanti al palco .
Personalmente non voglio e non posso comperare questi ”Hot Tickets” che considero uno schiaffo in faccia , non per me , ma per la gente che affronta lunghi viaggi per venire da molto lontano . So che Dylan non leggerà questa lettera , ma certe figure manageriali dovrebbero capire queste cose , e questo è l’unico modo per farti sapere l’opinione circolante al riguardo.

BobZimmerman

(fonte: expectingrain.com)

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Le risposte a BZ :

Capisco la tua indignazione BZ , e sono totalmente d’accordo con te che la verità debba essere conosciuta. Penso che tutta la faccenda riguardante le pre-vendite sia una merdata ed anche non necessaria.
Sfortunatamente , penso che la ragione di questa “Entrata anticipata” non sia nient' altro che una benna per raccogliere soldi.
Nappy

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A Santa Monica , coloro che si potevano permettere gli early-entry-tickets se ne stavano a gironzolare al bar invece che fare la fila. Dopo tutto , io sono riuscito facilmente a raggiungere la prima fila. Vedila in questo modo , adesso è una grande sfida arrivare in fronte al palco , noi lo faremo comunque!
stewart69

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Sono spiacente , devo chiedere , anche se mi rendo conto che suona un pò stupido….
Questo pacchetto-VIP vuol dire che puoi entrare prima degli altri ?
Oh gente , non voglio pensarci.......
actually nicole

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Cose simili sono successe nell’autunno del 2000. A Portsmouth c’era una corsia accanto a quella della gente in fila per entrare. Poco prima dell’apertura dei cancelli , alcune persone sono state fatte entrare da questa corsia, suppongo che questo sia stato fatto per permettere a questa gente di prendersi le file davanti. Suppongo sia stato giusto , anche perchè nella fila in attesa non c’erano più di 50 persone , e non hanno dovuto pagare niente per questo , sono solo stati fortunati.
Pochi giorni dopo , quando il tour è venuto in Germania , avevano messo delle barriere nella sala che separavano i posti nelle file in fronte dal resto della sala. Quello era giusto , almeno in linea di principio , perchè ha evitato che molta gente spingesse in direzione delle prime file. Il problema era che solo pochi hanno potuto entrare in quella specie di “gabbia”. Non era – prima arrivi e prima sei servito – ma all’ingresso c’era gente della security che decideva chi poteva entrare e chi no. Non sembrava essere una cosa regolare ( eccetto per le  persone portatrici di handicap e ad altre con bambini alle quali era stato permesso l'accesso) – in molti casi dipendeva se la tua faccia piaceva o no alla security! E’ stato molto più che spiacevole.
Prendere più soldi per l’entrata anticipata è disonesto – almeno finchè non si potrà comperare questi biglietti sul libero mercato , senza doverli comprare come pacchetto completo con l’alloggio in Hotel etc. Penso che questa cosa vada fermata ( inoltre suppongo che in questo modo fanno un sacco di soldi).
Ma al di là di tutto , non penso che molte persone compreranno questo tipo di pacchetto. Forse 50 o 60 per ogni show. Un terzo di questa gente arriverà in ritardo , un altro terzo andrà immediatamente alla sbarra d’ingresso e il resto si troverà in prima fila , dove di solito il suono è cattivo....
Slewan

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Il Management di Dylan sta cercando di caricare il costo dei biglietti per chiunque sia in grado di pagare , "chiunque2 significa che gli strizzeranno fuori il denaro. La questione non è che Dylan sia stanco di vedere sempre le solite facce nelle prime file , o se sta cercando di attirare nuovi gruppi di giovani fans. Loro vogliono vendere i biglietti alla massima cifra possibile. Fine della storia.
I biglietti per Dylan erano incredibilmente a costi bassi se paragonati a quelli per lo spettacolo dei Rolling Stones. Un biglietto per gli Stones vi costerà un centinaio di dollari per una brutta sedia.
I biglietti per Dylan sono sempre stati meno costosi perchè è sempre in tour , così non è mai il grande evento come lo è il tour dei Rolling Stones ogni 4 anni.
Ma Dylan si sta gradatamente avvicinando alla fine dei suoi tours e sono sicuro che è per questo che vogliono spremere ogni goccia di sangue possibile essendo vicini probabilmente all’ultimo tour europeo di Bob.
Bob sta invecchiando , viaggiare è stremante , lui ha un sacco di gente da pagare , trarne il maggior profitto è quello che vogliono fare. Per quanto si sia dedicato ai concertti , Dylan non ha mai suonato gratuitamente. Nessuno del suo Management o della sua casa discografica sta pensando alla sacra natura tradizionale dei concerti , e nemmeno di creare una nuova basa di fans. Pensano solo ai numeri , non illudetevi.
Questo non vuol dire che io pensi che qualcosa di questo non sia elegante o sgradevole al palato dei suoi fans più leali. Non mi piace sentire parlare di prezzi come si è accennato per il tour europeo , o di “hot tickets” venduti qui. Io dico solamente : non pensate che sia un motivo idealistico quello che caricano sul costo dei CDs , delle magliette , del merchandise , dei biglietti o di qualunque altra cosa , lui verrà solo se comperate i biglietti. Ma questo deve dare soddisfazione al pubblico. Bob non ha dimostrato di valere il costo del biglietto – chi può sapere quanto vale ? – essendo filantropico con il suo talento. Tenete a mente , in realtà , Bob è il padrone della proprietà e l’affitta volta per volta. Lui è interessato al denaro come ogni altro misicista girovago. Bob ha accettato denaro per reclamizzare alcuni prodotti. Vuole un milione di dollari per suonare ad una festa di compleanno.
E’ giusto pensare che i biglietti siano troppo costosi. Questo non vuol dire che Jeff stia obbligando Bob a suonare questi concerti contro la sua volontà. Questo potrebbe anche non piacervi , ma Bob è sempre in grado di sbarazzarsi di queste persone , ma non l’ha fatto. Questo è tutto quello che c’è bisogno di sapere.

therelevator
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Zimmerman’s Circus

Nidaba Theatre 15/12/08

Matteo Callegari - chitarra, voce
Cristiano Callegari - tastiera
Paolo Terlingo - chitarra, voce
Fausto Soncini - batteria, percussioni
Betti Verri - voce, cori

Set list :
1. Rainy Day Woman
2. Most Likely you go your Way
3. My Back Pages
4. Tombstone Blues
5. Masters of War
6. Stuck inside of Mobile
7. Just Like a Woman
8. Seven Curses
9. Senor
10. It’s all over now Baby Blue
11. One more Cup of Coffee
12. Oh, Sister
13. I want you
14. Subterranean Homesick Blues
15. I shall be released
16. Hard Rain
17. Like a rolling stone
18. Don’t think twice
19. Visions of Johanna

Intorno alle 22.15, in una bagnata notte di lunedì sono entrato nel piccolo e confortevole Nidaba Pub-Theatre per la prima volta.
La ragione della visita in quest’area di Milano (Porta Ticinese, Via E. Gola) era una serata acustica con una band chiamata “Zimmerman’s Circus”, sperando di sentire alcune delle mie canzoni preferite di Dylan.
La prima impressione del Nidaba, con tutti i suoi inserti in legno e poster di musicisti, attori e artisti, era quella dei vecchi pub inglesi che avevo frequentato. Così, sedendomi al tavolo con una buona doppio malto e la compagnia di un mio caro amico per scambiarci dei commenti, ci siamo preparati per una serata che è poi risultata essere molto interessante.
Ad iniziare la serata è stata una versione quasi totalmente solo di “Rainy Day Woman” di Matteo, suonata con la chitarra acustica, con gli altri membri del gruppo che si sono man mano inseriti verso la fine della canzone. Questa versione blues/jazz di questo classico degli anni ’60 è stata probabilmente la partenza perfetta, che pian piano ha creato un’atmosfera che ha permesso alla seconda canzone, “Most Likely you go your Way”, di raggiungere il livello più alto della serata, che secondo me, non è stato mai superato durante l’esecuzione –seppur eccellente- delle successive 17 canzoni; suonata in una maniera blues e rilassata e cantata perfettamente, i Zimmerman’s Circus hanno omaggiato tutti con questo raro gioiello di canzone, spesso lasciata in disparte da altre band-tribute. Questa versione, che non ho mai sentito prima, era pressoché imbattibile, decisamente un “highlight” della serata.
“Tombstone Blues” ha seguito una eccellente “My Back Pages”, mentre “Masters of War”, “Stuck inside of Mobile” e “Just Like a Woman” sono scivolate via una dopo l’altra, tutte suonate e cantate molto bene.
Alla volta di “Seven Curses”, un nuovo membro si è aggiunto al gruppo, con Betti Verri che ha dato un originale twist femminile a questa canzone di Dylan dei primi anni ’60.
Aiutando con “Senor”, “It’s All over Now”, “One more Cup of Coffee” e “Oh, Sister”, Betti è poi rimasta sul palco e ha dato una mano con i cori, aggiungendo una sfumatura al suono generale della serata, che, va detto, è stato al top, con Fausto e Cristian che riempivano tutte le canzoni al punto giusto, rendendole molto godibili.
I “Want You” è stata seguita da “Subterranean Homesick Blues” e, alla fine, “I Shall Be Released”. Poi, dopo molti applausi e senza troppa esitazione, l’encore è seguito con una molto bella “Hard Rain” e “Like a Rolling Stone”, quando un coro ruggente si è levato dal pubblico e il verso “How Does it Feel” è rimbombato in tutto il teatro!
“Don’t Think Twice” e “Visions of Johanna” hanno chiuso lo spettacolo, che è stato di prima categoria… con una citazione speciale a Matteo e Paolo per la loro performance.
Nel complesso: i Zimmerman’s Circus sono senz’altro da vedere!

“Remember, support your local band!”

Dean Spencer News

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Jakob Dylan - Seeing Things


Alla fine ce l’ha fatta. Dopo essersi “nascosto” per qualche lustro negli album dei suoi Wallflowers, Jakob Dylan ha deciso di utilizzare quel cognome così ingombrante sulla copertina di un disco. Grazie anche allo zampino magico di Rick Rubin, era però lecito aspettarsi qualcosa in più dal debutto solista del figlio del genio di Duluth. Invece “Seein Things” è solo un buon disco: non affonda, raramente emoziona come invece dovrebbe fare un lavoro volutamente dimesso come questo, in cui le canzoni devono fare la differenza. Più vicino alle corde dello Springsteen più intimo ed acustico che a quelle del padre, e fin qui era quasi ovvio, Jakob non convince fino in fondo, manca un guizzo, è inutile nasconderlo.
Certamente non mancano buoni passaggi, “Valley Of The Low Sun”, ad esempio, ma è difficile non pensare a tutti quei loser americani che hanno regalato lavori molto più importanti di questo che sono passati totalmente inosservati. E senza Rubin in cabina di regia. E’ chiaro, qui siamo di fronte al figlio di Bob, e pur senza voler far paragoni - nessuno vorrebbe azzardarli nemmeno ora - è difficile tacere il suo esordio senza la “copertura” della storica band.
Il suo songwriting è ottimo, non è questo il problema, già si sapeva. Ma le canzoni si trascinano, rimangono impigliate tra le stesse radici che Dylan Jr, qui mesto osservatore e laconico cantore, vuole omaggiare. Tra spruzzate folk e pennellate blues, quel che resta è un quadro sul quale è difficile soffermarsi troppo. Insomma, se Rubin ha ridato vita (e che vita) a Johnny Cash, se ha riacceso e reinventato Neil Diamond, qui il suo lavoro (perfetti i suoni) non basta.
Perché Jakob non è suo padre ma nemmeno Cash o Diamond. Con coraggio e onestà, procedendo inversamente rispetto a papà Bob, Jakob ci ha mostrato anche la sua veste acustica. Ma la stoffa non è la stessa, e una volta per tutte bisognerà farsene una ragione. I Wallflowers erano una buona band (a tratti ottima), Jakob Dylan è un buon cantautore. Come tanti altri.
di: Maurizio Pratelli

(fonte: mescalina.it)

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Jakob Dylan - Seeing Things

Godetevi un disco che vi farà sognare. Sedetevi, tagliate ogni ponte con il mondo esterno ed immergetevi nella prima fatica solista di Jakob Dylan. Il ragazzo (chissà perché ci vien ancora di chiamarlo così…) si allontana momentaneamente dai suoi Wallflowers (ultimamente in caduta libera) e sforna un disco dalla bellezza cristallina (alla produzione Rick Rubin).

“Seeing Things” è un disco maturo, un disco che mette in evidenza il talento compositivo del figlio del menestrello americano. Jacob si sveste da tutti gli orpelli che affollano di solito i pezzi del suo gruppo per sciogliersi in un delicato abbraccio acustico. Il suono che ne viene fuori è un qualcosa di assolutamente godibile e apprezzabile.

La vera chicca del lavoro è Valley of the low Sun. Siamo di fronte ad una ballata acustica dolce e dal vivace piglio Folk. La voce di Dylan Jr si fonde con gli arpeggi della sua chitarra creando un ponte verso atmosfere rilassate e dai forti richiami Beatlesiani (un po’ ci ricorda le invenzioni di Blackbird). Non aspettatevi tuttavia colpi di scena. Il lavoro viaggia sui binari di una semplice gioco voce chitarra che ci trascina piacevolmente in una dimensione raccolta e dai sapori molto intimi. Tutto è ridotto all’osso. Le buone melodie (che entrano in testa al primo ascolto) si stagliano tra arpeggi solari e rilassati. La voce di Jacob d'altronde si dimostra ancora una volta all’altezza della sua fama, tendendo la mano all’ascoltatore e avvolgendolo in un caldissimo abbraccio.

I difetti? Chiaramente il disco avrebbe guadagnato in termini di originalità se Dylan avesse avuto il coraggio di colorare maggiormente il suo lavoro, fornendo al lotto qualche valvola di sfogo verso lidi dalle sonorità più varie. Il cd invece mantiene ben salde le proprie intenzioni. La spina dorsale del lavoro infatti non si discosta per tutta la sua durata dagli ambienti Folk e per certi versi Country che il “ragazzo” chi ha regalato.

(fonte: musicyes.org)

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IL SONDAGGIO DI MF : DYLAN PRO E CONTRO
aggiornato con la mail di Marco

Ho comperato Tell Tale Sign ( versione per i poveri ) e devo dire che più lo ascolto e più lo apprezzo , ma allo stesso tempo devo ammettere che si tratta del Dylan di qualche anno fa , non parlo del livello di ispirazione ( quello lo potremo valutare all’uscita del prossimo album ) , ma a livello di cantante , dov’è finita la sua splendida voce ? Quel suo suono ormai trasformato in qualcosa da balera country ? Pro per Tell Tale Signs , CONTRO per l’uomo che ha permesso che la sua casa discografica facesse una ca...ta grande come il Mississippi !!!!!!!
Marco C.
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Video : Tom Petty And The Heartbreakers - License To Kill      clicca qui

 

a
Vernerdi 19 Dicembre 2008

TELL TALE SIGNS - Bootleg Series Vol.8

Finalmente è arrivato !!!

Yap , è Tell Tale Signs Volume 8 , l’incredibile Bootleg Series di Bob Dylan.
Ho ordinato il Cd e sto ascoltando il primo assaggio !!
.....si è solo un assaggio , Record Company del cazzo !
E’ una fantastica collezzione , meglio di quello che mi aspettavo e di quello che speravo !

In precedenza avevamo già postato in anteprima due grandi pezzi di questo LP , la magnifica Dreamin’ of you e Mississippi , e questo è il vero affare !
Tell Tale signs è una bella collezzione di 27 canzoni , rare e mai pubblicate tracce di Dylan del periodo 1989-2006 – un periodo davvero fruttifero quando la musa era ritornata da Bob Dylan più forte che mai , raggiungendo un’apoteosi in termini di magnificenza con il sublime Modern Times del 2006.
La qualità delle tracce è notevolmente alta e , incredibilmente , quasi tutte buone , se non migliore del materiale incluso negli album ufficiali di Dylan realizzati negli ultimi 17 anni.
Tuttavia , come veri fans di Dylan , siamo fottutamente incazzati per la decisione della Sony per il cofanetto a tre CD al disgustoso prezzo di 130 dollari ! 5 volte il prezzo della confezione a due CD !
Così i fans di Dylan sono costretti a pagare 100 dollari extra per poche tracce “ Queste Record Company non impareranno mai ! Cercano di metterlo in c..o ai veri fans , fanculo !
Pagherò 130 dollari ! Nessuno dovrebbe pagarli ! I giorni nei quali le Major continuano a fottere i veri fans non sono ancora finiti !
Quindi , a farsi fottere vadano le grandi Major ed un grande Hurrah per il file sharing !
Così....ahemmm(dopo essermi calmato !)....se qualcuno gentilmente ci mandasse un 320kbps link per i tre dischi potremmo essere fottutamente felici !
Abbiamo già pubblicato una buona recensione sull’eccellente UNCUT Magazine.
Qui ce n’è un’altra per “The Observer”.

Che Bob Dylan è ? Il film dell’anno scorso , I’m not there , presentava sei incarnazioni del cantante . il giovane Dylan che voleva essere Woodie Guthrie , il Dylan rinato , il Dylan che suonava il thin wild mercury sound ( interpretatao da Cate Blanchette ) e via così , ma nel corso della seconda metà della decade passata , si è manifestato a noi in diversi e molteplici aspetti.
C’è il Dylan star della TV , il Dylan alla radio , il Dylan pittore , Dylan l’autore , e naturalmente il Dylan sempre in tour con la sua band. Si potrebbe pensare ad un Dylan in franchising ? Perchè la potenzialità commerciale del 67enne artista non è mai stata così alta negli ultimi 30 anni.
E’ un punto di vista che abbraccia anche la violenta denuncia apparsa su un sito web concernente l’ultima uscita delle Bootleg Series : due dischi ( gli unici due disponibili per questo recensore) sono prezzati normalmente , ma c’è un’altro set contenente 3 CD per circa la misera cifra di 101 dollari , che cazzo fai Bob ? Questo è un set che va contro il Bob Dylan conosciuto da noi attraverso le sue canzoni nel periodo coperto da questa Series . Tell Tale Signs mette assieme incisioni rare e mai pubblicate di materiale dal 1998 al 2006. Questo periodo dovrebbe comprendere le sessioni per sette albums – Oh Mercy 1989 , Under the red sky 1990 , i due dischi di cover di folk songs Good as i been to you 1992 e World gone wrong 1993 , Time out of mind 1997 , Love and Theft 1991 e Modern Times 2006. Ma Under the red sky e Love and Theft sono essenzialmente rappresentati da momenti , che pensare , non è da lui essere così scivoloso ignorando le outtakes di tre album originali. Considerata come una trilogia queste registrazioni danno una singolare visione dell’artista . Lui è “The man in the long black cloak” , mormorando qualcosa al riguardo del fatto che non è ancora abbastanza buio ma sta per arrivare , sempre alla periferia delle vostre visioni.
Come farà questo tesoro a riconcigliarci con Dylan ? Tra le 27 tracce c’è posto per due versioni di “Mississippi” dalle sessioni di Time out of mind con Daniel Lanois come produttore – e la prima in particolare è meravigliosa , suonata in acustico , si sente Dylan cantare magnificamente , usando la chiave del sentimento : “But my heart is not weary , it’s light and it’s free”. E si capisce perchè questa takes non è stata messa nell’album Time out of Mind ma su Love and Theft. Allo stesso modo “Red river shore” , il pezzo , secondo i dylanogisti , più atteso di Tell Tale Signs. La narrazione scorre per sette straordinari minuti , raggiungendo l’apice della delizia , misteriosamente , su faccende teologiche ( ho sentito di un ragazzo vissuto molto tempo fa....che se qualcuno vicino a lui era morto , lui sapeva come riportarlo alla vita. E alla fine , Dylan , il grande narratore di Storie trova una nota di ottimismo : - qualche volta penso che nessuno mi ha mai conosciuto veramente , eccetto la ragazza sulla riva del fiume rosso - .
Quindi , non tutto è sempre ciò che sembra , con Dylan stesso che cita un altro poeta “ Io è un altro” ( Rimbaud). Ma imperscrutabile come è lui a volte , egli rimane sempre l’ intoccabile cantante e scrittore di canzoni che è. Non tutto è perfetto in Tell Tale Signs , peccatp per i cinque pezzi dal vivo , scelte non particolarmente azzeccate. Ma potreste perdervi in queste registrazioni.

by Caspar Llewellyn Smith - The Observer


Altre recensioni:

Tell tale Signs sembra avere il potere di colpire positivamente i più noti giornalisti :



Rolling Stone's Mikal Gilmore

....Tell tale Signs sembra essere un’ antologia più che un album. Sembra disegnato per raccontare una storia che affina ed amplia la vista della decadente disintegrazione culturale che è stato il tema più importante di Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times – forse la musica più audace che abbia mai scritto. Tell Tale Signs evidenzia che Dylan conosce bene i capricci del mondo nel quale vive , ora più di prima.

Los Angeles Times' Robert Hilburn

L’ultima collezzione del materiale di Bob Dylan dalle sua passate pagine musicali , Tell Tale Signs , è una ricca rivelazione di come il Maestro dei cantautori mette insieme uno dei più drammatici momenti creativi del suo rinascimento nella storia della musica popolare....”Tell tale Signs” non è un “extra” Dylan , è l’essenza di Dylan.


Entertainment Weekly's Chris Willman

Solo un set può essere paragonato alle Bootleg Series di Dylan negli annali della musica popolare , e questo potrebbe essere la collezzione “Anthology " dei Beatles , così simile da aprire una finestra sul mondo deve le grandi registrazioni di studio vengono fatte. Ma con i Fab Four , si ha l’impressione che ci sia solo una possibile soluzione per la versione perfetta di ogni canzone , il fascino sta nel sentire come certi pezzi si trasformano in classici , il tutto dovuto ad una serie di ritocchi finali e trascendentali.
Ascoltando gli scarti di Bob Dylan , anche se , si avverte la non finitura dei pezzi , ancora da sgrossare in maniera definitiva , i suoi scarti sono delle valide alternative alle versioni ufficiali...Le ultime due Booltleg pubblicate , mettono a fuoco il Dylan degli anni 60’ , ma i fans hanno già tutto di queste cose ( Shhh , non parlare della loro voglia di avere altre cose ). Emozionalmente , Tell Tale Signs salta le decadi in modo di offrire una storia alternativa dell ‘ultimo periodo appena passato : il rinascimento creativo che è cominciato attorno al 1980 e sta ancora dando i suoi frutti.

The Independent's Andy Gill

L’ottava rata delle Bootleg Series di Dylan copre gli anni dal 1989 riportando i suoni di Oh Mercy ai giorni nostri , un periodo nel quale si è adoperato per conquistare il favore dei critici entrando a far parte del vasto catalogo della musica e delle radici popolari americane , e ultimamente per trovare la strada per la “indian summer” di Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times....è una collezzione notevole....


The Telegraph's David Cheal

C’è roba qui che fa chiedere all’ascoltatore : perchè non mai ho sentito queste cose prima d’ora ?
Da cos’era posseduto , per esempio , per escludere “Red River Shore” dal suo Time out of Mind ?
E’ un inquietante classico , lo stesso si può dire di “Born in Time” ( dalle sessions di Oh Mercy ).....qui c’è racchiuso tutto l’inquieto spirito creativo dell’uomo , lui non si ferma mai.


The BBC's Chris Jones

Se vi piace la trilogia di Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times sono sicuro che adorerete questo disco. Si svela il processo che ha portato Dylan a rivistare non solo il suo lavoro in primo luogo , ma lo ha associato alla sua immagine : la Certer family (Tell ol’Bill) e tanti altri....come compagni di viaggio dei suoi lavori migliori del periodo essenziale. Sta bene anche con gli altri album della sua produzione – un uomo innamorato ancora una volta della sua musa ispiratrice – senza la paura di affondare la mano fino alle radici. Bello , coraggioso e seducente.


The Guardian's Dave Simpson

L’ottavo tesoro della Dylan’s Bootleg Series di materiale mai pubblicato e versioni alternative , dimostra ulteriormente che non c’è una versione definitiva di una canzone di Dylan , solo un flash dei diversi stati d’animo di quest’uomo che riportano Dylan alle sue classiche forme. La straordinaria “Red River Shore” – che aveva già suscitato una febbrile eccitazione fra i Bobcats – suona come il prodotto di un cuore spezzato , misteriosamente rimasto chiuso in un cassetto per 11 anni . Quattro Stelle.

(fonte: stupidd.blogspot.com)

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Dicevano di Love and Theft......

Dylan, viaggio alle radici della musica americana

Attenzione, nel nuovo disco di Bob Dylan in uscita l'11 settembre (il primo di canzoni nuove dopo il
pluripremiato Time out of mind del 1997 - tre premi Grammy, incluso quello di disco dell'anno), noterete
che il titolo in copertina è virgolettato: Love and theft. Non è un particolare da poco; la virgolettatura,
normalmente, sta a intendere una citazione, una presa in prestito da un altro autore di una frase o,
appunto di un titolo. Love and theft (Amore e furto) Bob Dylan l'ha preso in prestito dal libro del
professore dell'Università della Virginia (inglese, ma insegnante in America) Eric Lott che ha come
sottotitolo Blackface minstrelsy and the american working class, «I menestrelli di colore e la classe
lavoratrice americana».
Si tratta di un apprezzato studio sugli spettacoli musicali itineranti, i cosiddetti minstrel show, assai
popolari nell'America del 19° secolo, dalla cui tradizione si sarebbero poi sviluppate, nel 20° secolo, le
forme musicali del blues, del jazz, del country, e un bel giorno, da tutto questo melting pot, il rock'n'roll.
Lott esamina il ruolo dei minstrel show di colore nelle lotte politiche che condussero alla Guerra civile
americana.
Cosa c'entra tutto questo con l'ex menestrello dei diritti civili, con il rocker di Like a rolling stone, con il
poeta visionario di Mr. tambourine man? C'entra, perché Bob Dylan ha prodotto un bellissimo e
raffinato disco che paga tributo alle radici profonde dell'America, immaginandosi musicalmente (e
liricamente) tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, tra musica western swing, una versione
ritmata della musica country & western, tra elegantissimi motivi con l'incedere tipico del crooner che
strizzano un'occhio a Frank Sinatra e infine con qualche accelerata rock blues più elettrica e sferzante.
Un disco profondo, pieno di significati e di rimandi, a tratti intellettuale, a tratti «popolare»: Bob Dylan, a
sessant'anni, dimostra di essere ancora la coscienza dell'America.
Un disco affascinante, che si avvicina, musicalmente, a quanto sta già avvenendo in America da qualche
anno a questa parte, e cioè un revival di certe forme sonore (il western swing e lo swing in generale) che
sta ricevendo un successo clamoroso, basti pensare al caso dell'ex punk-rockabilly Brian Setzer (quello
degli Stray Cats) che si è inventato la Brian Setzer Orchestra pagando tributo con swingatissimi ed
elettrizzanti brani a certi eroi musicali come Louis Prima. Oppure a gruppi come i Br-49s, assai popolari
e che sembrano schizzare fuori direttamente dagli anni Quaranta, alfieri del miglior country western
swing.
Dylan, però, è più colto e più raffinato: le canzoni del nuovo disco lo vedono immaginarsi come un
personaggio del XIX secolo che ti invita nel suo elegante salotto per raccontarti storie e avventure dei
tempi della Guerra civile, con divertenti aneddoti e sagaci resoconti. In tutte le canzoni infatti abbondano
i riferimenti gettati volutamente a casaccio su quel periodo storico, su luoghi e su personaggi d'epoca,
come se un ipotetico sopravvissuto a quei tempi lì fosse in qualche modo apparso oggi per le strade di
Los Angeles o di New York e parlasse con la lingua di un mondo ormai scomparso («Instaurerò la mia
legge / Attraverso la guerra civile»; «Scappano da qui in ogni modo / La pioggia fredda può darti i
brividi / Se ne sono andati giù sull'Ohio, sul Cumberland sul Tennessee / In tutti gli altri fiumi dei ribelli»;
«Mio padre è morto e mi ha lasciato, mio fratello è stato ucciso in guerra»; «Il mio capitano è uno
decorato / Non è un sentimentale, non gli dà affatto fastidio quanti suoi compagni siano stati uccisi»;
«Risparmierò gli sconfitti, parlerò alle masse / Insegnerò la pace ai conquistati, domerò i superbi»).
Nelle nuove canzoni di Dylan immagini di duecento anni di storia americana si mischiano, a volte in
modo caotico, a volte illuminante, come nell'epocale High Water (For Charley Patton). Charley Patton,
a cui il brano è evidentemente dedicato, è stato negli anni Venti e Trenta uno dei primi e più importanti
padri della musica blues del Delta del Mississippi; nel 1927 scrisse un brano dal titolo omonimo,
Highwater, dedicato alla grande inondazione del Mississippi che uccise migliaia di persone e provocò
anche un certo cataclisma politico nel paese. Dylan costruisce una serie di efficaci immagini (su una
superba melodia di stampo folk blues con tanto di banjo) in cui i tentativi dell'uomo, anche le cose più
grandi come le libertà costituzionali, diventano nulla davanti al destino che ci chiama: «La gente perde le
sue proprietà e sta lasciando la città / La riforma (..) dice: "Balla con chi ti dicono di ballare o non ballare
per nulla" / "Non cercare di appoggiarti a me / Non vedi che sto affogando anch'io / Acque alte
dappertutto».
Si permette anche il lusso, Dylan, questo uomo che ha sempre immesso un profondissimo senso
religioso nella musica rock, di prendere in giro lo studioso inglese del XIX secolo George Lewes,
sostenitore di Charles Darwin (citato anch'esso nella stessa canzone) e soprattutto propugnatore
dichiarato delle dottrine che volevano la separazione della teologia dalle scienze. Dylan sbatte Darwin e
Lewes sull'Highway 5, mentre uno sceriffo dà loro la caccia, dicendo: «Li voglio vivi o morti».
A un certo punto (nella bellissima e conclusiva ballata acustica Sugar Baby) spunta anche l'arcangelo
Gabriele, e il messaggio, adesso, è fin troppo chiaro: «Alza gli occhi, alzali, cerca il Creatore, prima che
Gabriele suoni la sua tromba».
In questa sorta di circo che attraverso l'America e la sua storia (ma non solo: qua e là per le canzoni
spuntano anche Romeo e Giulietta, Otello e Desdemona, Tweedle Dee e Tweedle Dum, due
protagonisti, questi ultimi, di «Alice nel paese delle meraviglie» di Lewis Carroll), non a caso la canzone
forse più bella si intitola Mississippi (incisa qualche anno fa da Sheryl Crow a cui Dylan la regalò in
anteprima): una dolce dedica al grande e maestoso fiume che spezza in due gli Stati Uniti e sulle cui rive,
nel bene e nel male, si è costruita una nazione. Una nazione che Bob Dylan sta ancora cantando, come
quarant'anni fa.
Paolo Vites

(fonte: http://www.maggiesfarm.it/ltv.htm)

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BOB DYLAN - Love And Theft (Sony/Columbia, 2001)

di Matteo Cavallari

Bob Dylan, ovvero: andare avanti guardando indietro. A sessant'anni appena compiuti Mr. Zimmerman riesce a stupire e soprattutto a divertire i suoi fans (e non solo) con questo "Love And Theft". Mentre i vecchi leoni del passato si azzuffano per cercare di rincorrere le ultime ed effimere mode, aggiornare il proprio sound, Dylan si presenta nel nuovo millennio come un bonario e sornione entertainer navigato, capace di raccontare in dodici battute storie vere ed improbabili, commedie e tragedie, amori e furti.

Il "furto" a cui si riferisce Dylan nel titolo dell'album è quello della tradizione afro-americana, preziosa eredità trasmessa a quei "figli bianchi" che l'hanno resa (se ciò era possibile) ancor più grande. In questo disco, Dylan si appropria di questa eredità e compie un viaggio immaginario nell'anima musicale dell'America, dalle strade polverose che portano a Nashville, fino alle paludi fangose del Mississipi. Il brano d'apertura "Tweedle Dee & Tweedle Dum" è un indiavolato rockabilly che fa indovinare subito lo spirito di questo disco: l'immediatezza, la spontaneità del "buona la prima", e soprattutto la voglia di divertirsi e di divertire. Al suo fianco, una band di virtuosi e fidati veterani come Charlie Sexton alla chitarra, Tony Garnier al basso, David Kemper alla batteria e il tastierista Augie Meyers. Grazie al supporto di questi illustri compari, Dylan riesce a ricreare nel disco un'atmosfera "live" impareggiabile, scaraventando l'ascoltatore in un chiassoso locale del West.

Ma il viaggio è appena iniziato. Si prosegue con "Mississipi", placido country risalente alle sessioni di "Time Out Of Mind" e già inciso da Sheryl Crow, per poi passare a "Summer Days", irresistibile "boogie" in stile Sun Records, seguito da "Bye And Bye", elegante "shuffle" in cui Dylan si diverte a riprendere la melodia di "Blue Moon". Già a metà disco si capisce che il gioco funziona; Dylan si trova perfettamente a proprio agio tra banjo, chitarre dobro e mandolini, e lo dimostra regalando una dopo l'altra delle piccole perle che sembrano già avere una storia, come "High Water", tesissimo country tanto antico da sembrare il padre di "Gallows Pole" dei Led Zeppelin, o "Lonesome Day Blues", altro irresistibile "shuffle" che sembra provenire dalla stessa fucina da cui ha attinto Eric Clapton per il suo "From The Cradle". Ma in questo caso, signori, si tratta di brani originali; che sia ancora possibile scrivere dei classici?

Il Bob Dylan del 2001 è un poeta meno incazzato, ma non per questo meno sarcastico. Dietro ai ritmi molleggianti di "Love And Theft" si respirano ancora le storie di una provincia americana reale o fittizia che sia, unita alle nostre vite dalla "Highway 61". Finalmente un disco di Dylan da godersi preferibilmente in compagnia di una birra gelata piuttosto che di Fernanda Pivano.

(fonte: kalporz.com)

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Love & Theft

di Christian Verzeletti

Spesso nello scrivere recensioni si è tentati da eleganti parole che comunichino la sensazione della musica, dilemma che poi si complica in casi di dischi non all'altezza: il rischio è di creare un divario tra la qualità della musica e quello che si mette per iscritto.
Nel parlare dell'ultima uscita di Bob Dylan, si vorrebbe, e in un certo senso si dovrebbe, attingere ad un linguaggio netto, scarno con qualche improvvisa impennata poetica, ma più continuo ad ascoltare "Love and theft" più ho la sensazione che parole e suoni questa volta non riescano a sollevarsi.
In seguito alla recente tournèe e alle dichiarazioni dello stesso Dylan, si era creata una grande attesa attorno a questo disco, e mi devo tuttora sforzare per mantenere un ascolto distaccato dai desideri. Tutti vorremmo che Dylan facesse un disco con lo stesso suono che ci ha incantato durante le serate italiane, ma ci vorrebbe un live e in quel caso bisognerebbe riconoscere il peso che hanno in scaletta i suoi cavalli di battaglia.
I musicisti che suonano su "Love and Theft" sono la stessa band che da anni accompagna Dylan on the road (Charlie Sexton, Larry Campbell, Tony Garnier e David Kemper), solo che in studio si trovano a dover rispettare le strutture rigide delle canzoni, senza poterle spogliare e vestire a piacimento. A tratti si percepisce il talento della band, che però deve giocare molto sulla ripetizione per creare ritmi e tappeti in grado di supportare i versi di sua maestà.
Dylan infatti torna a sgranare le parole, ad incalzare le canzoni con un susseguirsi di concatenazioni, soprattutto nei brani più sostenuti. Non so se la scelta sia causa od effetto del gioco delle citazioni, ma alla lunga risulta un po' tediosa e seriosa. Entrare nel linguaggio di questo disco significa camminare in un labirinto di incastri, forse neanche tutti voluti: sono chiari i riferimenti a Lewis Caroll, a Shakepseare, a Frank Sinatra, a Big Joe Turner, a Charlie Patton, a Eric Lott, a Fitzgerald, a Darwin e a Tennesse Williams, mentre rimangono dubbiosi quelli a Hemingway e a Blake.
Un po' snob, un po' intellettuale, un po' bluesman e anche un po' sentimentale sembra essere il personaggio che Dylan stavolta rappresenta con la sua musica: le canzoni infatti si dividono tra brani di stampo più blues e altre ballate più lente che ricordano il canto crooner della prima metà del secolo scorso.
L'album riesce ad uscire dall'ordinarietà solo con "Summer days", uno swing veloce che corre su chitarre in stile Django Reinhardt, e con "High water", un brano enorme ricamato da dobro e banjo.
Prezioso il lavoro alla fisarmonica di Augie Meyers in "Sugar baby" e la trama di percussioni che apre il disco nell'iniziale "Tweddle Dee and Tweddle dum", ma non basta a fare di "Love and theft" il capolavoro che tutti aspettavamo.
Dylan pesca a piene mani nelle radici della musica americana, come ha sempre fatto, solo che questa volta sembra si sia divertito a risuonare pezzi e autori di cui è innamorato da tempo: è futile il richiamo a "Blue moon" nella stereotipata "Bye and bye" e troppo monocordi certe sue interpretazioni. Si sa, la voce di Dylan sale e scende e il suo fascino sta nei risvolti che riesce a creare proprio quando prende fiato o si incrina nelle sue asprezze. Sarà faticoso, non solo per i dylaniani, accettare che anche quella risulta troppo normale.
Alla fine a salvare il disco è quel senso di imminenza sprigionato dai testi, ma come ci si può accontentare di una fitta parafrasi da parte di un'artista che ha scritto storia e poesia a tempo di rock?
Abbinare parole e musica non è un compito facile per nessuno.
(fonte: mescalina.it)

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BOB DYLAN - Love & Theft

di Marco Malaguti

“Love and Theft” è un buon disco, suonato in modo esemplare e ricco di canzoni che ti entrano in testa già dal primo ascolto. I musicisti coinvolti sono i medesimi dell'ultima formazione usata da Dylan per il Neverending Tour: Charlie Sexton, Larry Campbell, Tony Garnier, David Kemper con l'aggiuta del tastierista dei Texas Tornados Augie Meyers.

L'inizio è abbastanza carico e il rock-blues di “Tweedle dee & tweedle dum” è costruito sulla falsa riga di “Political world”, brano d'apertura di “Oh Mercy” capolavoro del 1989. Con “Mississippi” sembra veramente di tornare indietro di parecchi anni; un folk elettrificato che sembra un outtake di “Highway 61 revisited”, se non fosse per la pulizia del suono e le influenze texane dei musicisti presenti. E' una classica composizione di Dylan, così classica che quasi ti viene di anticipare la melodia, ma sfido chiunque a scrivere qualcosa del genere. Con il terzo brano non si riesce a credere alle proprie orecchie: “Summer days” è un rockabilly-swing molto anni '50 e fa un certo effetto sentirlo cantare dalla voce rauca, sofferta ma molto espressiva di Dylan. I musicisti si immergono completamente nel ruolo ed il brano risulta coinvolgente e persino ballabile. Si continua con le atmosfere anni '50, anche se più rilassate, di “Bye and bye”con la band che swinga alla grande ed il suono diventa molto jazzato. Impressiona la bravura e la duttilità dei musicisti (prettamente rock); in particolare Charlie Sexton infila una serie di assoli ben inquadrati nell'ambiente creato dal produttore Jack Frost e dalle particolari composizioni del vecchio Bob.

Il brano successivo è il meno convincente: “Lonesome day blues” è (come dice il titolo) un blues elettrico suonato con professionalità, ma abbastanza ripetitivo e lungo (ben 6 minuti). “Floater (too much to ask)” ci riporta ancora più indietro nel tempo; l'introduzione di violino, la ritmica che swinga e la solista che lavora di fino creano un'atmosfera anni '30 molto particolare. Il brano è molto orecchiabile e gli stacchi inseriti ci danno ancora una misura del genio del cantautore di Duluth. Chitarrra e banjo, voce nasale, rauca e sofferta introducono “High water (for Charlie Patton)”, un brano che non avrebbe sfigurato nella colonna sonora di “Pat Garrett & Billy The Kid”; tra country, blues e il crescendo ritmico del brano, scorrono i 4 minuti abbondanti del brano. Ritorniamo ancora ad atmosfere anni '30 con “Moonlight” brano che sembra essere stato scritto da George Gershwin, tanto è presente una componente “classica”; sembra quasi che negli ultimi tempi Bob Dylan non abbia ascoltato altro che Django Reinhardt o i dischi cantati di Chet Baker... Si ritorna di colpo a un brano sullo stile di “Highway 61 Revisited” con la slide e la ritmica tirata; “Honest with me” ricorda anche alcuni pezzi di John Mellencamp, nonostante la struttura sia quella ultra-classica del blues a 12 battute.

Dopo la sfuriata elettrica si torna all'acustica “Po' Boy”, caratterizzata ancora da una scrittura che ricorda i classici della prima parte del '900 e cantata in una tonalità alta. La band imbraccia ancora una volta l'attrezzatura elettrica per un blues molto strano: “Cry a while” alterna un ritmo tranquillo molto bluesy ad una ritmica in 2/4 con chitarre in levare. Chiude il disco la ballata “Sugar baby” che riesce a non tediare nonostante i quasi 7 minuti di durata. Chitarra, organo fisarmonica per un brano di atmosfera con una costruzione melodica pregevole.

(Fonte: ondarock.it)

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Video : Bob Dylan Brownsville Girl   clicca qui

 

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Giovedi 18 Dicembre 2008

Bob Dylan a Milano                                                           clicca qui

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TTS : Huck's Tune - La traduzione in italiano               clicca qui

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Toccato dalla grazia sul Fiume Rosso - di Paolo Vites

Stanotte non ho dormito quasi niente. No, non era perché assillato – come mi succede quasi ogni notte – dai debiti e dalle tante bollette che faccio fatica a pagare ogni mese. Era perché mi sono messo ad ascoltare alcuni dei brani che compongono il Bootleg Series 8. Erano decenni che canzoni di Bob Dylan non mi colpivano così. Questo disco contiene alcuni dei vertici del più grande autore di canzoni rock di tutti i tempi. In particolare le due versioni di Mississippi, Marchin’ To The City, Can’t Wait e Red River Shore. Una per una, spero, le analizzerò tutte. Questa notte però mi sono fermato sulle rive del fiume rosso.

Questi brani, che appartengono alle session del disco Time Out Of Mind rivelano molti segreti, quelli di una “restless mind” alla ricerca della bellezza. Hanno spesso dei versi che poi sono stati riciclati in altre canzoni dello stesso disco, a testimonianza di come Dylan lavora alle sue canzoni, componendole, nel 1997 come nel 1966, direttamente in studio. E come sempre, è nel grande mare della tradizione americana che il musicista va a pescare.
The Red River Shore è una antica ballata che si può trovare sull’antologia Folk Songs of North America curata dal musicologo Alan Lomax. È nella sezione “The West”, in una sottosezione chiamata “Prairie Farmers”. Canzoni dei cowboy, insomma.
È una versione aggiornata di New River Shore che risale al 1910 e la cantava una certa Minta Morgan di Bells, Texas, Forse la ragazza del fiume rosso di cui canta adesso Dylan. Nel 1965 il Kingston Trio, un popolare gurppo folk, ne fece una versione. È interessante notare come il pezzo contenga i versi: “She wrote me a letter. She wrote it so kind and in that letter these words you will find. ‘Come back to me, darling, you're the one I adore. You're the one I will marry on the Red River shore’”.
She wrote me a letter. She wrote it so kind, Dylan le avrebbe inclusi nella sua Not Dark Yet sempre su TOOM.

Il pezzo è una dolcissima nenia di stile tex-mex, la musica al confine fra Texas e Messico cantata da Dylan con una intensità da brivido. Come nelle sue migliori canzoni, sei portato fuori dalla realtà contingente per addentrarti in una realtà che probabilmente neanche il cantante ha mai visto di persona ma che lui fa in modo di rendere possibile. Il Red River esiste veramente, e si trova nel Texas. È il miracolo delle migliori canzoni rock: “Tutto il mondo è contenuto in una canzone che dura tre minuti”. Greil Marcus lo ha detto, e ha ragione. Meglio ancora se la canzone di minuti ne dura più di sei, come questa.

Stamattina ho aperto il computer e ho trovato una e-mail dell’amico Giorgio Natale. Great minds think alike. Anche lui deve aver dormito poco stanotte. Le sue parole valgono le mie, anzi meglio:
“Qualcuno spegne la luce e si affida al bagliore della luna piena”, canta Dylan. Il tono è di quelli che hanno a che fare con la morte e gli angeli.
“Di tutte le belle ragazze che mi volevano una sola ne ho mai voluta e ho provato a farne mia moglie”. Subito, di schianto, ho capito che era lei: “Più vera di un gran sogno che non so dove sia finito lei era vera alla vita, era vera a me”. E non posso più sfuggire la memoria dell’unica che adorerò per sempre: “Viviamo all'ombra dei ricordi, intrappolati nelle cose, e io ho sempre cercato di non ferire nessuno, di stare lontano dal male”.
“Ma dopo aver fatto e detto tutto, io non so quale sia il punteggio, quale sia il punto, tutto quello che so è che ogni nuovo giorno senza di lei èun giorno perso”.
“E anche se sono straniero in terre sconosciute so che quello è il mio posto, girando e vagando vicino a lei. Ma quando ho provato a tornare là, per sistemare la faccenda, la gente mi guardava senza sapere di chi parlassi”.
La grazia di un incontro così non la posso ricreare io.
“Come vorrei aver passato ogni giorno della mia vita con lei!”.
E sarà che l’unica possibilità di salvezza viene da un altro mondo (“Le carte che hai in mano non valgono niente a meno che non vengano da un altro mondo” dà un altro significato, cantava nell’epocale Series of Dreams che appare in una versione alternata in questo BS); sarà la struttura melodica che ricalca perfettamente il ritornello; o sarà che, come quella, mi ha colpito dritto al cuore, ma qui c’è qualcosa di Series Of Dreams.
E finisce: "Ho sentito di un tipo vissuto tanti anni fa, un uomo capace di tanto dolore, che se qualcuno fosse morto vicino a lui sapeva come riportarlo in vita. Non so che linguaggio usasse o se queste cose succedano ancora, a volte mi sembra che nessuno mi abbia mai guardato, mai conosciuto, tranne la ragazza sulle rive del fiume rosso”.

(fonte: gamblin-ramblin.blogspot.com)

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Time Out Of Mind (Columbia, 1997)

di Marco Pavan

Avete presente quei pub fumosi, con le luci soffuse pieni di gente di mezza età che si trovano nella provincia americana? Bene allora avete una certa idea per l'ideale locazione di questo fantastico disco blues di Bob Dylan. Il blues appunto, quella musica del diavolo che tanto fece scalpore con i suoi primi vagiti attorno agli anni 40.
E' un blues d'annata quello propostoci dal menestrello, senza fronzoli o contaminazioni da altri generi musicali: blues puro, verace, sporco, trascinato più che cantato, sofferto. Canzoni emblema del disco sono indubbiamente l'iniziale "Love Sick", aggiornamento riveduto e corretto allo stile classico dei blues della desolazione tanto famosi per Dylan, e la finale cavalcata senza fine (16 minuti!) di "Highlands" uno dei punti più alti del lavoro, dove la voce del nostro è il quinto strumento dopo chitarre, contrabbasso, batteria ed organo.
Non mancano però alcuni punti romantici dove Dylan ci propone le sue classiche ballads: innanzitutto "Standing In The Doorway" (la cui unica pecca, rinvenibile in una così soffice melodia retrò ed un songwriting come al solito impeccabile, è forse un'eccessiva monotonia), la pianistica "Make You Feel My Love", la classica (violino e armonica in evidenza) "Tryin' To Get To Heaven", per finire con l'immancabile gioiellino del disco quella "Not Dark Yet" dall'assolo chitarristico finale davvero di disarmante bellezza.
Dicevamo appunto di un blues verace di spaventosa originalità pur nella sua fedeltà agli stilemi classici; le contaminazioni a ben vedere ci sono, anche se ben mascherate, a partire dalle taglienti chitarre elettriche del pezzo probabilmente più duro (se così è definibile) "Cold Irons Bound", o le vaghe atmosfere reggae che si respirano in "Can't Wait".
"Million Miles" è un altro pezzo che vale il disco con quella sua sonorità da scantinato, quei suoi piatti appena sfiorati a scandirne il ritmo, quell'organo a pompa lento ma costante come il battito del cuore di un grosso animale. Nel complesso con "Tme Out Of Mind" assistiamo davvero ad un tempo fuori da qualsiasi memoria storica perché l'originalità di Bob Dylan scavalca ogni possibile recriminazione di aver composto un disco che sa di già sentito.
Non possiamo che inchinarci ancora una volta davanti a delle sonorità così avvolgenti, così cool che immergono l'ascoltatore in una dimensione desolante ma calda. E dobbiamo riconoscere a Bob di avere qui dato prova di essere oltre che un grande cantautore, un vero e proprio musicista di grossissima levatura che nulla ha ad invidiare ai mostri sacri dello storico blues americano (New Orleans per intenderci); merito tutto ciò anche della raffinatissima produzione di Daniel Lanois.

(fonte: kalporz.com)

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MY FAVORITE SONGS
By – John Lennon

The Rolling Stone Interview

Quali pensi siano le migliori canzoni che hai mai scritto?
La migliore di sempre?
La migliore di sempre. Qual è la migliore canzone che tu abbia mai scritto?
L’unica, la migliore canzone?
Ci hai mai pensato?
Non so. Se qualcuno mi chiedesse qual è la mia canzone preferita, se è Stardust o altro… non potrei… questo tipo di decisione non riesco a prenderla. Mi è sempre piaciuta “Walrus”, “Strawberry Fields”, “Help”, “In my Life”. Queste sono alcune delle preferite, lo sai.
Perchè “Help”?
Perchè lo pensavo veramente, ed è reale. Il testo è valido oggi tanto quanto lo era allora. Non è diverso, sai, e mi fa sentire bene il fatto di sapere che ero già così assennato allora, o meglio, così cosciente di me stesso.
Ero solo io che cantavo “help” e lo pensavo davvero. Non mi piace più di tanto la registrazione, ma la canzone sì. L’abbiamo fatta troppo in fretta per cercare di essere commerciali. Mi piace “I Want To Hold Your Hand,” l’abbiamo scritta insieme ed ha una bellissima melodia.
Potrei rifare “I Want To Hold Your Hand” e “Help” ancora, perchè mi piacciono, le canto, quelle sono le tipologie di canzoni che canto.
Perchè “Strawberry Fields”? Pensavi fossi vera?
Perchè è vera, sì. Era vera per allora, ed è… credo sia come parlare, sai… è come quella di Elton John in cui lui canta…non so.. parla a se stesso, canticchiando, cosa che pensavo carina.
Canzoni come “Girl”?
Si, quella mi piaceva.
“Run for Your Life”?
“Run for Your Life” l’ho sempre odiata.
Perchè?
Non lo so. Era una di quelle canzoni che ho buttato fuori tanto per scrivere qualcosa, ed era finta. Ma “Girl” è vera. Non esiste “la ragazza”, era un sogno, ma le parole sono ok. Si parlava di “was she taught when she was young that pain would lead to pleasure, did she understand it,” (=le è stato insegnato quando era giovane che il dolore ti porta al piacere, e lei l’aveva capito) ecc... Sono una sorta di citazioni filosofiche. Era ragionevole, ci stavo pensando quando le ho scritte. Non era solo una canzone, ed era su quella ragazza (che poi è risultata essere Yoko alla fine) ma quella che molti di noi stavano cercando. Ci sono molte canzoni che mi piacciono che mi dimentico. Mi piace “Across the Universe” anche.
Perchè?
Perchè è uno dei migliori testi che abbia mai scritto. Anzi, forse potrebbe essere il migliore, non so. È uno dei migliori, è poesia, o qualsiasi cosa tu voglia chiamarla, senza fronzoli, sta in piedi da sola. Vedi, quelle che mi piacciono sono quelle che stanno in piedi anche senza la melodia, che non hanno bisogno della melodia. È poesia, sai, potresti leggerle.
In un’intervista che avevi fatto con Jon Cott hai detto qualcosa a proposito di “Ticket to Ride”, che era una delle tue preferite.
Si, mi piaceva perchè era un sound leggermente nuovo all’epoca. Non è la mia preferita. Se la ascolti ora non è così male, ma se mi dessi la traccia ora e te la remixassi, ti mostrerei cos’è veramente, ma lo si poteva già sentire, io volevo solo usare il suono “jangling” del pianoforte e delle chitarre. Mi piacevano il suono delle chitarre e della batteria pesante insieme.
In I Am the Walrus ...
“I Am the Walrus” era il lato B di “Hello, Goodbye,” puoi crederci?? Il lato B di “Hello, Goodbye”!!


English version

MY FAVORITE SONGS
By – John Lennon

The Rolling Stone Interview


What do you think are your best songs that you have ever written?
Ever?
Ever. What is the best song you have ever written?
The one best song?
Have you ever thought of that?
I don’t know. If somebody asked me what is my favourite song, is it “Stardust” or something...I can’t...that kind of decision making I can’t do. I always liked “Walrus,” “Strawberry Fields,” “Help,” “In My Life.” Those are some favourites, you know.
Why “Help”?
Because I meant it, it’s real. The lyric is as good now as it was then. It’s no different, you know, and it makes me feel secure to know that I was that sensible, or whatever, not sensible, but aware of myself then. It was just me singing “Help” and I meant it. I don’t like the recording that much, the song I like. We did it too fast, to try to be commercial. I like “I Want To Hold Your Hand,” we wrote that together, it’s a beautiful melody. I might do “ I Want To Hold Your Hand” and “Help” again, because I like them, I sing them, they are the kinds of songs I sing.
Why “Strawberry Fields”? Did you think that was real?
Because it’s real, yeah. It was real for then, and it’s ... I think it’s like talking, you know ... it’s like that Elton John one where he’s singing, oh I don’t know, he talks to himself, sort of singing, which I thought was nice, which reminded me of that.
Songs like “Girl”?
Yeah, I liked that one.
“Run for Your Life”?
“Run for Your Life” I always hated.
Why?
I don’t know, it was one of them I knocked off just to write a song, and it was phoney. But “Girl” is real. There is no such thing as the girl, she was a dream, but the words are all right. It’s about “ was she taught when she was young that pain would lead to pleasure, did she understand it,” and all that. They’re sort of philosophy quotes. It was reasonable, I was thinkin’ about it when I wrote it; it wasn’t just a song, and it was about that girl, that happened to turn out to be Yoko in the end, but the one that a lot of us were looking for. There’s many songs I forget that I do like. I like “Across the Universe” too.
Why?
Because it’s one of the best lyrics I’ve written. In fact, it could be the best, I don’t know. It’s one of the best, it’s good poetry, or whatever you call it, without chewin’ it, it stands. See, the ones I like are the ones that stand as words without melody, that don’t have to have any melody. It’s a poem, you know, you could read ‘em.
In an interview that you did with Jon Cott, you said something about “A Ticket to Ride” being a favourite song of yours.
Yeah, I liked it because it was slightly a new sound at the time. It’s not my favourite song. If you hear it now, it doesn’t sound too bad, but if you give me that track now and I remix it, I’ll show you what it is really, but you can hear it there, I just wanted to use jangling piano and guitars, I used to like guitars and heavy drums together.
In “I Am the Walrus” ...
“I Am the Walrus” was the B-side of “Hello, Goodbye,” can you believe it? The B-side of “Hello, Goodbye”!

Dean Spencer News
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Mercoledi 17 Dicembre 2008

Series of Dreams: The Vision Songs of Bob Dylan

Visions of Bob Dylan
Dec 12 2008 by Sara Bain, Dumfries Standard Friday

Il leggendario Bob Dylan , probabilmente il più influente cantautore dell’era , ha recentemente dichiarato che la poesia “My love is like a red red rose” , scritta da Robert Burns in Dumfries nel 1794 , è stata il testo che ha avuto il maggior impatto sulla sua vita.
L’ispirazione di Dylan , annunciata anche dal music store HMV’s My inspiration Campaign , è forse il punto più alto di un’affinità che Bob ha avuto con la musica tradizionale scozzese dagli inizi degli anni 60’, quando vi fu introdotto da un’altra grande cantante di traditional folk songs , l’americana Joan Baez , la cui madre era scozzese.
Quindi sarebbe stato particolarmente conveniente se qualcuno avesse scritto un libro che esplorava il significato dei più grandi testi di Dylan , il libro doveva essere scritto da una persona che insegnava inglese nella città dove Burns scrisse quella che probabilmente è la sua più bella poesia d’amore , e doveva essere pubblicato da un editore locale.
Ma la connessione locale non è stata la maggior fonte di ispirazione per Series of Dream : Le canzoni delle visioni di Bob Dylan.
Interrogato su cosa sia costretto a scrivere su un artista che è già stato soggeto di tanti altri libri , lo scrittore John Burns ricorda che per quasi 50 anni le canzoni di Dylan si sono confrontate con la società , la politica e le idee spirituali sul mondo nel quale viviamo.
John ha esaminato tutti i maggiori album di Dylan dal 1960 ad oggi , esplorando come un grande cantautore trasforma in maniera filosofica e musicale le idee in una visione artistica che può cambiare il nostro modo di vivere.
Poeta , critico ed insegnante di Inglese e Tai Chi , John è stato affascinato da Bob Dylan fin da quando vide la sua prima performance dal vivo a Glasgow nel febbraio 1991. Il fascino trasuda da tutto il libro che si apre proprio con la descrizione di quel concerto.
L’editore Glen Murray , anche lui fan di Dylan. , ha detto : “ Ho ascoltato Dylan sin da quando andavo a scuola , ma questo libro aggiunge una nuova dimensione, e da un contributo importante nella comprensione del lavoro di uno degli artisti più significativi che ci siano”.
Series of Dream è stato presentato domenica alla McGill Duncan Gallery a Castle Douglas , ed è disponibile presso i rivenditori locali oppure on line ai seguenti indirizzi :

http://www.glenmurraypublishing.co.uk/seriesofdreams.htm
http://www.amazon.co.uk/Dreams-Vision-Songs-Bob-Dylan/dp/0955318351

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Concerto alla London O2 Arena : spettacolare o potenziale imbarazzo ?

Il 25 aprile 2009 al London 02 potrebbe essere spettacolare – se la qualità del suono e gli schermo giganti saranno così belli come lo sono stati per lo show di Leonard Cohen.
Ma se gli schermi non saranno usati la qualità dello spettacilo potrebbe essere povera ed imbarazzante. Il mio posto proprio si fronte al palco , fra i 20.000 posti era perfetta per lo show di Leonard Cohen. Ma se allo show di Dylan mancheranno gli schermi giganti i musicisti sul palco saranno virtualmente invisibili , e questo creerà molto dipappunto.
Molti lettori del Dylan Daily condividono le mie preoccupazioni :

*Martin Cowan : sarà interessante vedere come Dylan sosterrà il confronto con Cohen allo 02 , io per primo sarei sorpreso se consentirà l’uso degli schermi giganti , conoscendo la sua fobia per macchine fotografiche e roba del genere.

*Non saprei dire, ma penso che la sua musica sarebbe sentita meglio in posti più piccoli. Mi viene in mente la Brixton Academy nella primavera del 1995.

*Gordon Macniven : Dopo aver finito con quelli che sembrano essere posti di merda , io sarei interesato a rilevare ognuno dei posti indesiderati.

* Lei , o qualcuno dei suoi lettori sapete :
Quanti concerti Dylan ha tenuto in tutti questi anni ?
In quanti paesi ha suonato ?
In quante città ?
In quanti posti diversi ?

*Cornelia Grolsch : Vi auguro una piacevole serata alla 02 Arena di Londra. Non è il vecchio stadio del Millennium ? ( Si , lo è , Gerry Smith ) . Ho visto anche Leonard Cohen , in ottobre a Berlino allla 02 Arena , la più grande nuova arena con 15.000 spettatori. Sono stata un pò spaventata da questa arena , ma è stato il miglior concerto al quale ho assistito.

* "Buonissimo suono ( in fondo di fronte al palco ) e gli schermi giganti ci hanno fatto apprezzare tutto il resto :-o)

* “ Sfortunatamente Bob Dylan suona in un’altra arena a Berlino , la Max-Schmelinghalle , lo stesso posto del 2007 , con un suono non buono. Ma poichè la hall è pressapoco sold-out , potrà essere che cambierà con la 02m World ? Bobby imparerà qualcosa da Leonard ? Lenny è stato cos’ bello per la folla.

Gerry Smith
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Parlando di Oh Mercy

Bob Dylan: Oh Mercy
Recensione di: benzo24 , (Sunday, January 02, 2005) | Voto: ●●●●●

Correva l'anno 1989 ed era dai tempi di Infidels che Bob Dylan non pubblicava lavori all'altezza delle sue capacità e della sua fama: una serie di dischi poco curati distrutti da scellerate produzioni di cattivo gusto. Il primo passo fu quindi dare un "suono" che esaltasse le qualità delle canzoni e così la produzione fu assegnata al geniale Daniel Lanois, il disco che ne uscì è Oh Mercy ed il risultato fu sbalorditivo!

Fin dalle prime note l'ascoltatore è introdotto in un mondo magico, fatto di suoni densi e caldi, mentre passano in rassegna brani di una bellezza dirompente, di un'intensità superiore che solo Dylan riesce a dare con il suo tocco.
Come non rimanere attoniti di fronte a "Man In The Long Black Coat", gente come Tom Waits o Nick Cave (per fare solo due nomi) è da sempre alla ricerca di scrivere momenti così splendenti e vigorosi.

Oh Mercy, un disco, la realtà, un sogno reale o meglio: la realtà di "una serie di sogni" che ci racconta di posti dove cadono le lacrime, di montagne piene di pecore smarrite, di campane che scandiscono la perdita dell'innocenza, di gente che soffre e lotta nella notte a causa della malattia della Vanità, confini invisibili, strade incorniciate da alberi africani in cui soffiano delle brezze minacciose.
Un mondo dove tutto è un compromesso, in cui tutto è spezzato, dalle strade ai cuori, un mondo senza amore, senza dignità in cui non si distingue più il bene dal male, un mondo sovrastato dalla figura dell'uomo con il lungo cappotto nero, ladro di sogni, ladro d'amore, che ci lascia soli con i nostri rimpianti e i nostri ricordi, soli in mondo di stelle cadenti, che bruciano in pochi istanti e svaniscono nell'immensa oscurità, dove una solitaria voce sussurra, grida, invoca e ripete sempre la stessa parola: pietà!


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Bob Dylan: Oh Mercy
Recensione di: Viva Lì , (Friday, July 21, 2006) | Voto: ●●●●●

"Oh Mercy" è uno di quei dischi che non ti aspetti, che pensi non sarebbero mai potuti arrivare e poi, tutto d'un tratto, te li trovi tra capo e collo senza nemmeno capire il perchè e il per come, però ti piacciono, e questo ti basta. Frasetta un pò troppo romanzata? Può darsi, ma assolutamente corrispondente a verità. Perchè non è opinione isolata sentire molti vecchi fans di Dylan affermare: "Dopo "Infidels", Bob non ha più imbroccato mezzo disco", e un po', per chi conosce "Oh Mercy", vengono istantaneamente i brividi.

Dall'incontro tra David Lanois (storico co-produttore degli U2, artefice del grande successo di "The Joshua Tree") e Bob Dylan, in pratica la leggenda del folk cantautoriale, non poteva che nascere un capolavoro, come puntualmente è avvenuto. In effetti, gli umori e le armonie musicali inseguite da Lanois Dylan le conosce bene: pochi lo sanno, ma fra Dylan e gli U2 videro la luce alcune interessanti collaborazioni musicali (per la band di Bono Dylan si improvviserà anche provetto suonatore d'organo). E così, quando ormai gli anni Ottanta stanno volgendo inesorabilmente al termine, la zampata leonina di Dylan appare, se possibile, ancora più vigorosa e incisiva. E mentre in Italia ci si chiedeva "Cosa resterà di questi anni Ottanta?" (poco, in verità), Bob Dylan cantava "Where Teardrop Falls". Capite la differenza?

"Oh Mercy" è un disco doppio, nel senso che presenta due condizioni musicali: ritmico e classicheggiante nella prima parte, più lento e intimista nella seconda. Dylan si rifà a vecchi amori di gioventù: dalle atmosfere alla Creedence Clearwater Revival, ai vecchi miti come Guthrie o Hank Williams. I brani sono tutti impeccabili e sontuosi, spesso addirittura spiazzanti: "Political World" è un blues distorto e affascinante, "Everything Is Broken" dovrebbe, e sottolineo dovrebbe, essere il brano cardine dell'intero album, ma, sebbene stupendo, non è nè migliore nè peggiore di altri, forse solo un pò più ritmato e incalzante. Ma sarebbe un errore ignorare ballate come "Ring Them Bells", tenera e stringata, veloce ed essenziale. Le emozioni ritornano prepotentemente in primo piano con la bellissima "Man In The Long Black Coat", e questa volta, come in una sorta di miracolosa trasformazione vocale, Dylan canta persino in maniera pulita e poco traballante. La voce è roca, ma chiara e puntuale, precisa nel tratteggiare suoni e odori di una storia umida e bagnaticcia, come lo è l'America cantata, sempre con partecipazione e mai con distacco, da un Dylan in effervescente stato di grazia.

La seconda parte, appunto. Pezzi lenti dicevamo, eppure ancora una volta stupendi. Si potrebbe accusarlo di inconcludenza e si potrebbe persino dire che tutti i brani di questa seconda parte un pò si assomigliano (ed in parte è vero), ma la freschezza compositiva e la ritrovata serenità musicale, impediscono qualsiasi critica negativa. "What Was It You Wanted" è bellissima, ma ad eccellere è la mestissima "Shooting Star", uno dei più bei brani firmati Bob Dylan da molti anni in qua. La mano di Lanois è presente, ma non è un peso: sotto la guida esperta di un produttore furbo e astuto, Dylan riesce finalmente a ritrovare la propria vena cantautoriale, seppur dolente e invecchiata (ma è prevedibile), rispetto ai tempi in cui sobillava le folle con "The times they are a changin". Si può dunque tranquillamente gridare al miracolo, peccato però che il successivo album, "Under The Red Sky", sia vacuo e a tratti persino pietoso. "Oh Mercy" è l'ultimo grande acuto di un Dylan che, per qualche attimo, sembra aver ritrovato la sua forma migliore. Che sciuperà, come spesso in questi ultimi anni gli è accaduto, in quattro e quattr'otto.

(fonte: debaser.it)

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Springsteen , quei maledetti 22 minuti -  di Paolo Vites                          clicca qui

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Video : Bob Dylan Man In The Long Black Coat                                     clicca qui

 

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Martedi 16 Dicembre 2008

Nel Mississippi un giorno di troppo

di Paolo Vites

“È la canzone più triste, ma anche la più coraggiosa, che abbia mai sentito”. Così mi scriveva qualche giorno fa un amico inglese, raccontandomi di aver ascoltato, saputa la notizia della grave malattia di un suo conoscente, a lungo la nuova versione di Mississippi (incisa originariamente durante le session del disco Time Out Of Mind, nei primi mesi del 1997)che uscirà sul BS 8 il prossimo 3 ottobre.
Quello di “canzone coraggiosa” è un sentimento che Mississippi, già nella splendida versione che apparve su Love & Theft, aveva sempre ispirato anche a me. Non so bene perché. C’è un senso di stoicità, quello di un uomo che guarda facendosi forza in faccia le avversità che lo colpiscono, che ho sempre percepito uscire da quel brano, forse per il modo veemente con cui Dylan la esegue appunto nella versione di L&T. È un urlo strozzato in gola quello che si sente durante momenti come “Got nothing for you, I had nothing before, don’t even have anything for myseeeeelf anymore” oppure “Last night I knew you, tonight I doooon’t!”.
L’immagine che affiora alla mente è quella di un uomo abbandonato da tutti, pure da Dio, e che non ha più nulla da offrire. Un uomo sulle cui tracce potrebbe esserci un demonio, per citare Robert Johnson.
E non dimentichiamoci un verso che Nostradamus avrebbe pagato per scrivere lui, in una canzone messa nei negozi l’11 settembre 2001: “Sky full of fire, pain pourin’ down”. Come non pensare alle Torri Gemelle in fiamme e a quei corpi disgraziati che da esse volavano giù, carichi di straziante dolore?

La versione che si ascolta grazie a questa outtake cambia – apparentemente – le carte in tavola. Non c’è più la banda di fieri accompagnatori che tracimano note furiose cercando di incalzare il cantante: l’immagine che Greil Marcus diede dei musicisti di The Band intenti a eseguire il brano Baby Please Don’t Do It è quanto mai calzante anche questa volta: ascolti Charlie Sexton, Larry Campbell e soci e ti sembra di vedere un gruppo di soldati ribelli malconci che vanno coraggiosamente verso il nemico, consapevoli che hanno a disposizione una sola opzione: la morte sicura.
Ci sono solo Dylan e Daniel Lanois seduti uno di fronte all’altro, questa volta. Il primo imbraccia una chitarra acustica, il secondo una elettrica. Si sente distintamente il piede di Dylan battere sul pavimento per tenere il tempo. Stanno suonando un tempo di blues, deciso e inquietante. L’immagine, adesso, è quella di Robert Johnson seduto che guarda il muro mentre incide le sue canzoni. I soldati sono andati via, o devono ancora arrivare. La guerra non è ancora scoppiata.
Se il tempo è quello di un blues (e ben si adatta a un demonio che si fa pressante, sulle tracce del protagonista), la melodia che il cantante esegue è la medesima della versione che inciderà quattro anni dopo, anche le parole sono le stesse. Dagli evidenti errori nelle parti di chitarra si desume che questa registrazione è una prova, delle tante che si fanno in studio, per immaginare poi come suonarla con la band. Da come la canta Dylan, magnificamente, senza esitazione alcuna, è invece evidente che per il cantante il pezzo è già definitivo: a differenza della sua incurabile mania di riscrivere le sue canzoni registrazione dopo registrazione, Dylan non toccherà la melodia, il tempo, neanche un verso, nei successivi quattro anni. Lui sa che va bene così.
E di cosa canta, in queste session del 1997, Bob Dylan, in quello che è definitivamente uno dei suoi capolavori assoluti di tutti i tempi, uno di quei “masterpiece” che sembrava avesse dipinto solo negli anni 60 e in qualche sparuta occasione nei 70? Ascoltatelo come modella le parole durante i versi conclusivi, “nothing you can sell me, I’ll see you arOOound”, con l’intonazione da consumato esecutore di Appalachian ballads, la stessa passionalità che aveva messo qualche anno prima nelle incisioni dei due dischi di vecchi traditional Good as I been to you e World gone Wrog. Solo che questa volta la canzone è sua, ma non fa differenza. “Se non hai quel tipo di fondamenta, se non sei ancorato nella tradizione, non andrai da nessuna parte” aveva detto una volta. Ed è così. Questa Mississippi è antica come i canti della Carter Family, ancora di più. Questa Mississippi è di una tristezza infinita, ma anche di una commozione insostenibile. Per chi sta cantando Bob Dylan?
Lui ha detto che il pezzo ha a che fare con la Carta costituzionale degli Stati Uniti, con la dichiarazione di indipendenza e con i diritti civili (nel Mississippi, negli anni 60, si svolsero le più accese battaglie per i diritti dei neri, vedi anche il bel film Mississippi Burning); Lanois probabilmente la sentiva una dichiarazione a una donna, visto che gli chiese di inciderne una versione “più sexy”, al che Dylan lo mandò a cagare decidendo di tenere fuori questo capolavoro dal disco finito. Su Internet una volta ho letto che il protagonista del brano potrebbe essere uno schiavo di metà dell’800 che sta scappando verso la libertà, il nord, e in effetti se letto da questo punto di vista, il testo di Mississppi sembra adattarsi quasi a perfezione, inclusa l’immagine dei compagni che erano salpati sul mare insieme al protagonista, che potrebbero essere schiavi strappati via dall’Africa. E il nero che si racconta, che sogna Rosie, che vorrebbe essere nel letto di Rosie, magari è uno schiavo che ha avuto l’ardire di flirtare con un donna bianca e, condannato a morte e liberato magari da lei stessa, sta cercando di scappare al “diavolo che è nel cortile”. Immagini calzanti, se ci pensate bene. La desolazione che emerge da questa versione del 1997 può essere solo la voce di un condannato a morte.
Ma poi chi può dirlo veramente?

“Ciascuno dei dischi che ho fatto è emanato dal panorama complessivo di ciò che rappresenta l’America per me” ha detto Dylan in una intervista relativa proprio al disco L&T. “L’America per me è una marea montante che solleva tutte le navi, e non ho mai davvero cercato ispirazione in altri tipi di musica”. Mississippi è la conferma che Bob Dylan è stato la più grande voce del suo Paese, almeno dai tempi di Walt Whitman, e ancora non si vede un erede adeguato. In migliaia ci hanno provato, ma nessuno ha raggiunto le vette su cui Dylan si è seduto per scrivere un brano come questo.
Non resta che mettere questa versione del brano in repeat e ascoltarla fino allo sfinimento. Prima o poi, magari, ci svelerà il suo segreto.

(fonte: gamblin-ramblin.blogspot.com)

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Audio : 15 grandi cover da ascoltare                   clicca qui

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Bob Dylan in Italia per una breve tournèe         clicca qui

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Dionne Warwick al Concerto di Assisi

(ANSA) - ASSISI (PERUGIA), 13 DIC - La cantante Dionne Warwick e' la protagonista del Concerto di Natale nella Basilica di S.Francesco ad Assisi. Il concerto, che sara' trasmesso il 25 dicembre su RaiUno, e' stato registrato oggi. Dopo l'apertura con il tradizionale 'Stille Nacht' sono in programma musiche di Morricone, Galante, Hendel, Berliotz, oltre a 'Withe Christmas' di Irving   Berlin e 'Blowin' in the wind' di Bob Dylan. A dirigere l'orchestra sinfonica nazionale della Rai e' Wayne Marshall.

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Battisti, Dylan, prosecco e cous-cous. Veltroni con i suoi amici di Facebook   clicca qui

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Video : The Who - The Seeker      clicca qui

il testo della 2° strofa:

I asked Bobby Dylan
I asked The Beatles
I asked Timothy Leary
But he couldn't help me either


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Bob Dylan : Red River Shore - di Dario Greco    clicca qui

 

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Lunedi 15 Dicembre 2008

Talking Bob Dylan Blues - Parte 436 -    clicca qui

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I FANTARACCONTI DYLANIANI

La curiosa vita di Numero 3     clicca qui

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Big screens at London O2 show: “slim chance”

Thanks to Matthew Zuckerman:

”Ma se gli schermi giganti non saranno usati lo show di Dylan potrebbero essere imbarazzante e povero”.
La possibilità che Dylan usi gli schermi al London 02 sono sottili. Come sottili ?
Ebbene lui ha sempre insistito in tutti questi anni che gli schermi giganti fossero spenti in tutti i festival ai quali ha partecipato . Così sarebbe un grande cambiamento. ( Non dimentichiamo che ha consentito l’uso di telecamere al Woodstock 2 , e quanti avrebbero scommesso --specie in questo clima economico—contro la possibilità che Dylan avrebbe scritto le sue memorie , che avrebbe partecipato ad un programma radiofonico o ad una pubblicità per intimo femminile....fino al momento che l’ ha fatto ?).
Questo potrebbe essre fastidioso per la gente più distante , particolarmente se Bob sta dietro la tastiera tutta la sera , come ha fatto la maggior parte delle volte negli show di questi ultimi anni, ma questo è il suo modo di lavorare. Questo è ciò che ha fatto sul palco , si è preso la libertà di agire nel modo che più gli piace. E il modo che gli piace è quello di avere tutto favorevole perchè possa avere la massima concentrazione nelle sue prestazioni.
Questo significa :

1) Niente macchine fotografiche che gli buttano flash negli occhi ( ci sono migliaia di telefonini puntati su di lui , ma non fanno flash e sono abbastanza lontani per essere ignorati).

2) Niente cameramen vestiti di nero che si muovono nelle sue vicinanze col le steady-cam sulla spalla che sembrano tanti Quasimodo ( ho sentito che gli piace avere meno persone possibile attorno al palco , come è successo con Willie Nelson e Merle Haggard quando è stato in tour con loro pochi anni fa , che aprivano il backstage dopo i concerti).

3) Niente scambio di parole col pubblico ( solo un “Grazie” ed i nomi dei membri della band , più una manciata di parole ogni morte di vescovo se c’è qualcosa che vuole davvero dire , come nella notte delle elezioni).

4) niente contatto visivo col pubblico ( questa penso sia una delle ragioni per le quali preferisce stare dietro la tastiera , a lato del palco e di profilo al pubblico. Poche le volte che è venuto al centro del palco o a guardato versodi noi , ma è lui a decidere se farlo o no).

Ora , se siete posizionati in fondo alla Earl’s Court , al NEC o alla 02 Arena , perderete la maggior parte del concerto se non sarete così fortunati di avere un posto nelle file in fronte , ma questo è il suo modo di stare sul palco.
Sarebbe meglio se suonasse nei posti più piccoli e lasciasse le Arene ai Rolling Stones , U2 e----finchè non sarà a suo agio con le telecamere e le grandi folle----Leonard Cohen ? Con lui sarebbe possibile avere un biglietto , ma se Bob Dylan smettesse di suonare nelle arene la richiesta di biglietti diventerebbe feroce e molti resterebbero senza ( bisognerebbe raddippiare il numero dei concerti per compensare !).
Io ho visto Dylan alla Guidehall di Portsmouth e all’Urawa Bunka Center appena fuori Tokio , entrambe piccole sale , e le performances sono state meravigliose. Ma non migliori di quella del 2005 al cavernoso NEC di Birmingham , quasi sicuramente la migliore degli oltre 50 concerti ai quali ho assistito.

P.S. So di essere un pò strano ( preferisco il vinile al digitale per esempio ) , ma quando ho visto i Rolling Syones allo stadio di Tokio nel 1994 avevo un posto eccellente circa in decima fila proprio in fronte , ed anche quella volta mi sono ritrovato a guardare le immagini sugli schermi giganti. Risultato ? Potrebbe essere atato un grande show cinematografico , ma non sarebbe il tipo di performance che mi aspetterei da un concerto di Dylan.
Al fine di raggiungere un aspetto standard attraente , nei supermarket sacrificano spesse volte il vero sapore della frutta , e corriamo lo stesso rischiamo di fare con la musica. Se guardate uno schermo gigante , qualcosa nella vostra mente vi suggerisce che state vedendo un film o un preogramma televisivo , e diverrete sempre meno presenti . Gradite il fatto di essere nella stessa stanza con Bob , anche se siete in fondo.

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An Argument for Dylan

From GypsyNester.com

Quali sono le possibilità ? Guidando lungo la strada si vede un grande cartello illuminato che dice : “Bob Dylan in concert”.
Dato che non l’ho mai visto e forse non avrò un’altra opportunità , ho pensato che sarei stato un idiota a non approfittare di quest’occasione , lui è , al di là di tutto , una vera leggenda vivente.
Veronica non era molto entusiasta perchè l’aveva visto già diverse volte ( suo papà è la quintessenza di un vecchio hippy cha va in pellegrinaggio tutti gli anni nei luoghi Dylaniani ).
Ho cercato di provocala in tutti i modi per vedere la sua la sua reazione sul fatto di spendere un centinaio di dollari e passare due ore della sua vita ad ascoltare i testi incomprensibili borbottati da un vecchio di 67 anni.
Ho provato con la leggenda vivente , ma lei l’aveva già vista ,così....parlando , sono incappato in quella che credo sia la vera ragione per chiunque sia interessato a vedere Dylan , anche se non particolarmente per la sua musica.

Poche persone , nella storia dell’arte , hanno portato cambiamenti significativi come Dylan , lui è una di queste poche . Fondamentalmente ha cambiato il modo di scrivere le canzoni , non musicalmente ma liricamente. C’è una notevole differenza fra le canzoni prima e quelle dopo la sua influenza. Prima di Dylan , i testi raccontavano storie in maniera chiara e semplice. L’uso delle immagini era riservato al potere della musica , con l’uso standard della struttura melodica e degli accordi. Lui ha cambiato tutto questo.
Ora è comune per i testi essere usati come veicolo per “dipingere un quadro” , tanto quanto l’atmosfera della struttura musicale. Bob Dylan ha messo una mano enorme per far sì che questo avvenisse.

Questo punto ha avuto un impatto notevole su Veronica e adesso lei aspetta con impazienza di vedere lo show (ho deciso di non far cenno al fatto che non sarebbe stata in grado di decifrare una parola di quello che avrebbe cantato , nonchè di perdere l’intero testo senza capire l’argomento della canzone).
Siamo arrivato poco tempo prima dell’inizio dello show , senza biglietti , ma siamo stati fortunati a troverne due in terza fila. Che posso dire , viviamo una vita affascinate. La prima cosa che ho notato prima di entrare nell’arena è stata la gente.
Era molto tempo che non andavo più in uno stadio per un concerto rock , ma mi ricordo ancora com’era , ma stavolta non era così. Mi sentivo come uno dei giovani che c’erano lì fuori . Probabilmente sarebbe stata una buona serata. Niente soliti casini , fumi strani dalle pentole , la sicurezza girava in bicicletta , c’era una vasta rappresentenza , per altro tranquilla , degli studenti del locale college disposti  ad aspettare tutto il tempo dello show pur di avere i biglietti ai prezzi più convenienti. Qualche piccolo fumo di erba , poca roba insomma.
Per lo show , è stato più o meno quello che mi aspettavo , salvo il fatto che Dylan si è reinventato il ruolo di tastierista in questo tour.  Ha usato la chitarra solo in un paio di canzoni , ed ha usato principalmente l’armonica per dare colore alle canzoni. La gente impazziva ogni volta che prendeva l’armonica , così andavano le cose.
E’ stata dura riconoscere i brani per tutto lo show , solo qualche hardcore-fan riusciva a farlo , così siamo stati felici quando ci ha graziato con “Highway 61 revisited” , “Like a rolling stone” e “All along the watchtower”.
La nostalgia ti rimanda certamente indietro nel tempo a certi momenti particolari della vita. Veronica ha trovato dei ricordi durante “Rainy day women # 13 & 35” (huh ? , oh yeah , “Everybody must get stoned”) , ricordando lo scock di sua madre quando aveva visto suo padre ascoltare quella canzone davanti a loro. Il padre spiegò in modo semplice che la canzone parlava di Gesù , cosa divertente perchè era più o meno vero. Un bel ricordo d’infanzia per Veronica , che l’ha fatta sorridere.
Può essere un pò fuori dagli schemi il modo col quale Dylan non apprezza il suo pubblico , lo ignorava come se lui stesse facendo una prova invece di uno show , questo può essere bello o no , dipende dai punti di vista , personalmente trovo la cosa sgradevole.
Le luci erano scarse , non abbiamo potuto vederlo bene contro il nero dello sfondo del palco.Sembrava quasi che la gente fosse solo una necessità.
Si poteva vedere come dopo anni di esecuzioni dal vivo , come Dylan usasse un fraseggio tale da far in modo in modo che non fosse possibile cantare assieme . Inoltre i giovani del college e qualche vecchio hippy avrebbero dovuto smettere di gridare le loro richieste , perchè ottenevano esattamente l’effetto contrario.
Dylan non è stato vibrante , inoltre non sembra più un “vecchio ragazzo” , come ha detto Veronica “ attempatamente giovane”. Lui è dopo tutto , come dice la sua presentazione , il poeta laureato del rock and roll , la voce della nascente controcultura degli anni 60’ , il ragazzo che ha costretto il folk a diventare rock , che si faceva il make-up negli anni 70’ , che è scomparso in una nuvola di fumo di sostanze stupefacenti ed è riemerso cercando Gesù.
E alla band calci nel culo.

David & Veronica, GypsyNester.com

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Guido Hatari : "De André ? Difficile incontrare uno così"

Il fotografo Harari , l 'autore degli scatti del tour con la Pfm intervistato da 4minuti

di Lara Ferrari

MILANO (9 dicembre 2008) - Tra gli artisti italiani che hanno lasciato alle cronache un ricordo indelebile c'è certamente Fabrizio De Andrè. Bohémien dall'aria distante, difficile, agli inizi rifuggiva il contatto con il pubblico, se non fosse stato per alcuni fidati amici, che sapevano avvicinarlo nel momento giusto. Tra questi, Guido Harari, suo fotografo personale per vent'anni, che ha raccontato con l'obbiettivo i più grandi: da Bob Dylan a Lou Reed, da Pavarotti a Vasco, tra l'altro grande fan di De Andrè. Harari ha pubblicato insieme a Franz Di Cioccio il libro "Fabrizio De André & Pfm. Evaporati in una nuvola rock". La storia e le foto di una tournée indimenticabile (1978 - '79)", edito dai tipi di Chiarelettere. Dopo la "prima" milanese, autori e volume sono salpati in un tour letterario che li porterà in alcune città italiane a cavallo tra 2008 e 2009.

Perché questo titolo? Nel libro Di Cioccio dice "Evaporato in una nuvola di malto", riferendosi al vizio alcolico del genovese. Evaporati in una nuvola rock, quindi?
Sì era puro malto, abbiamo parafrasato il primo verso da "Amico fragile" e via via, di parafrasi in parafrasi, sul concetto di evaporato ci abbiamo ricamato un po' e ci siamo allargati.

Che cosa legava lei e De Andrè?
Uno dei motivi che mi lega di più a lui, a quella tournée, è che ha segnato il mio incontro con il cantautore e l'uomo, che fino a quel momento non avevo mai fotografato: all'inizio condividevo con il pubblico quella percezione generale, secondo cui Fabrizio era "invisibile". Una percezione errata, naturalmente, e quando mi rimetto a sfogliare il volume "Una goccia di splendore" scopro che lui in quell'occasione si è fatto ampiamente intervistare. Grazie all'amicizia con Franz e Pfm mi ci buttai a capofitto, decisi di propormi io stesso alla casa discografica, cosa adesso impensabile per un fotografo giovane con la mia stessa passione. L'amicizia con De Andrè è stata sempre all'insegna della disponibilità e della leggerezza fin dall'inizio, cosa difficile da immaginare, a causa dell' ambiente musicale che pone dei limiti di accesso agli artisti. Entravo a far parte di una famiglia. Cercavo di fare il mio mestiere rendendomi invisibile. Questo mi dava accesso ad un punto di vista privilegiato.

I retroscena di quel viaggio. Ci racconta un episodio che non ha mai detto a nessuno?
Mi è rimasta impressa l'assoluta disponibilità di Fabrizio ad ascoltare le proteste di chiunque. Era un periodo critico, di contestazione alle autorità. A volte lui riusciva a condurre in porto i concerti, spesso era costretto ad interrompersi. Ci fu una volta in cui il concerto filava dritto senza intervalli. Lui allora si fermò dicendo che andava in pausa per una mezzora. Ci furono proteste dal pubblico, in realtà voleva scendere tra la folla per parlare con un ragazzo che "gli aveva detto qualcosa di brutto" - parole sue - Panico tra la Pfm perché questo non era mai successo prima... lui si è buttato nella mischia. E' tornato e ha detto: "Lui quante me ne ha date! Ma io gliene ho dette!"

Parliamo di Faber nel privato. Che cosa amava e che cosa lo faceva uscire dai gangheri?
Lui non era per nulla convinto del tour e voleva mollare tutto, si considerava in crisi creativa. Quando la Pfm andò a proporre la sua tournée, per tutta risposta Fabrizio rispose che voleva andare a fare l'agricoltore. Non aveva idee precostituite, non sapeva bene quale mossa fare per il futuro. Ciò lo sollevava da una responsabilità, quella di scrivere pezzi nuovi. Però doveva risolvere i suoi dubbi, ad esempio, la proverbiale paura del pubblico. Lui non si riteneva uomo di spettacolo. Ebbene, con quel tour lo divenne. Faber era una altalena di umori difficile da arginare. Sapeva fin da ragazzo di avere una voce in grado di ammaliare, capace di creare una sorta di ipnosi, come uno sciamano.

De Andrè "in sintesi"?
Difficile incontrare un artista di quella cultura e di quella statura intellettuale. Amava citare Sascia: "Un artista deve saper parlare con un linguaggio popolare". E' stato un uomo di pensiero nel Novecento e ha diritto di entare nel futuro.

Lei ha lavorato per Bob Dylan.
Ricordo che si circondava di persone che creavano una barriera tra lui e la gente. Li assumeva apposta, si divertiva a spiazzare le persone. Faceva prenotare quattro stanze e si divertiva a cambiare camera all'insaputa del suo staff. Erano le guardie del corpo, ma lui le chiamava "guardie della mente". Ho visto musicisti che lo accompagnavano, tipo Tom Petty e Roger McQuinn, che a un certo punto smettevano di parlare, si raggelavano al suo cospetto.

Lei ha firmato anche una copertina per Luciano Ligabue vero?
Sono autore di alcune immagini per il libretto di “Buon compleanno Elvis". Luciano lo vidi a una festa dell'Unità, covava il sogno di diventare cantante. In quell'angolo d'Italia che ci aveva dato Guccini, Nomadi, Equipe 84, ecco un rocker di razza che stava emergendo. Fu molto bello vedere un artista crescere.

Guido Harari è curatore insieme a Vittorio Bo, Vincenzo Mollica, Pepi Morgia della mostra multimediale che Palazzo Ducale sta preparando a Genova per ricordare dal 30.12 al 4.05 l’anniversario dei dieci anni della scomparsa di De André.

(fonte: 4minuti.it)

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La voce di Springsteen è il romanzo americano   clicca qui

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TTS : Can't Wait # 1 - la traduzione in italiano    clicca qui

 

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Domenica 14 Dicembre 2008

JAMES TAYLOR

clicca qui

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Sabato 13 Dicembre 2008

Annunciati i prezzi per i concerti di Dylan a Milano e Firenze

Sono stati resi noti i prezzi dei biglietti per i due concerti che Bob Dylan terrà a Milano e Firenze il 15 e 18 aprile 2009, mentre ancora nulla si sa sulla terza data prevista a Roma (PalaLottomatica) il 17 aprile.
A Milano (Forum di Assago) sono disponibili tre categorie di biglietti: anello numerato a 55 euro e parterre in piedi e II anello non numerato, entrambi a 36 euro. A Firenze (Mandela Forum) I settore a 50 euro, II settore a 40 euro e III settore a 35 euro.
A questi prezzi, naturalmente, vanno aggiunti gli eventuali diritti di prevendita.

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Bob Dylan e gli altri: i dischi del 2008 per Rolling Stone     clicca qui

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BOB DYLAN IN ITALIA

Il cantautore americano sarà ad aprile nel nostro paese per 3 concerti . Uno dei protagonisti assoluti della musica folk e rock mondiale ha annunciato un tour in Italia per il prossimo aprile.
Stiamo parlando niente poco di meno che di Bob Dylan, che sarà il 15 al Datchforum Forum di Assago, il 17 al PalaLottomatica di Roma e il 18 al MandelaForum di Firenze. I biglietti sono già disponibili in prevendita.
Dopo l'Italia, Dylan si sposterà in Francia, Spagna e Portogallo per poi concludere il tour estivo con il ritorno negli Stati Uniti dove, il 12 agosto, si esibirà a New York, al Prospect Park di Brooklyn per uno dei concerti più attesi della sua tournee.
Tre imperdibili concerti per l'indimenticabile autore di alcuni dei migliori classici della musica contemporanea.

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New York, la leggenda del Chelsea Hotel

Da Bob Dylan a Patty Smith, da Andy Warhol a Jack Kerouac: sono tante le celebrità che hanno trascorso notti più o meno insonni nelle sue stanze.

di SILVIA DEL MONTE

NEW YORK
Al Chelsea Hotel di New York si ama e si muore. Un edificio semplice di mattoni rossi ubicato sulla 23esima strada tra la settima e l’ottava avenue: nessuno potrebbe mai immaginare quante storie si celano dentro le sue mura. Eppure il Chelsea Hotel viene considerato l’unico albergo della Grande Mela dal passato illustre. Lì la storia si mescola con la leggenda. Musicisti, poeti, attori, girovaghi, le stanze del Chelsea Hotel sono state la residenza di famosi personaggi del mondo della letteratura, della musica, del cinema e del teatro. Per loro il Chelsea era una casa, per molti artisti lo è tuttora. Dylan, Hendrix, Patti Smith, Warhol, Kubrick, Basquiat, sono tante le celebrità che hanno trascorso notti, più o meno insonni, nelle sue stanze. Nel 1966 Andy Warhol girò “The Chelsea Girls”, un’opera composta da 12 brevi film girati nelle sue camere art decò dai soffitti altissimi. Sempre in quel periodo Bob Dylan compose la romantica “Sad eyed lady of the Lowlands”, dedicata alla moglie Sara.
In una delle sue stanze, nel febbraio del 1979, trovò la morte per overdose di eroina, Sid Vicious, il bassista dei Sex Pistols che pochi mesi prima, in un’altra stanza dell’albergo, uccise Nancy Spungen, la sua fidanzata. E come non ricordare, negli anni Sessanta, le notti d’amore tra Leonard Cohen e Janis Joplin, alla quale il cantautore canadese dedicò la sua “Chelsea Hotel n. 2” oppure quelle di alcuni anni dopo tra Patty Smith e Robert Mapplethorpe? L’elenco è infinito e scorrerlo tutto significa rivisitare uno spaccato della controcultura americana degli anni Sessanta e Settanta. Il Chelsea Hotel fu la casa di Milos Forman per tutto il tempo delle riprese del musical “Hair”, fu il rifugio di Janis Joplin e Stanley Kubrick. Arthur Clarke compose la sceneggiatura di “2001: odissea nello spazio”, mentre Jack Kerouac scrisse il best seller “Sulla strada”.
E ancora Hendrix organizzò festini trasgressivi, mentre Madonna vi ambientò numerosi scatti del suo libro-scandalo “Sex”. Le targhe commemorative appese sul portone ricordano, tra gli altri, Mark Twain, Thomas Wolfe, Dylan Thomas, Arthur Miller, Burroughs, che vi scrisse “Il pasto nudo”, e Bukowski.
(fonte : lastampa.it)

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Cohen, la leggenda di un anti-mito

Un’antologia, a cura di Gorjup e Valente, per entrare nel mondo dell’artista
 

di ALESSANDRO CARRERA

Come ha scritto il critico Mikal Gilmore in un recente saggio sugli anni sessanta (Stories Done: Writings on the 1960s, appena pubblicato dalla Free Press), è facile dimenticare che Leonard Cohen, nato nel 1934 a Montréal, esordiente come poeta nel 1956, come romanziere nel 1963, come cantautore nel 1967, e tuttora attivo oggi (ha dato concerti in Italia l’estate scorsa), suonava e cantava in un gruppo country & western ancora prima che Elvis Presley incidesse i suoi primi dischi. Cohen, che si è fatto le ossa prima dei Beatles e di Bob Dylan, prima di Ray Charles e di Johnny Cash, può vantare la carriera più lunga che si ricordi nel campo della popular music. E come poeta non è da meno: il suo primo libro, Paragoniamo mitologie (Let Us Compare Mythologies), è stato ristampato in facsimile nel 2006 per celebrarne il cinquantenario, proprio mentre il compositore Philip Glass metteva in musica una scelta di testi tratti dalla sua ultima raccolta, Il libro del desiderio (The Book of Longing). Cohen non è mai stato un mito pop, non ha mai venduto come i grandi ai quali ha fatto da battistrada.
Alla Columbia, che è sempre stata la sua etichetta, una volta un manager gli ha detto: «Leonard, che sei un grande lo sappiamo.Quello che non sappiamo è se vali qualcosa ».
Ma una leggenda lo è da sempre, fin da quando emerge come poeta su una scena canadese disperatamente in cerca di qualcuno che possa vantare la stessa mystique dei poeti beat che già spopolavano tra New York e San Francisco. E, contemporaneamente alla sua fama, nasce la leggenda dell’uomo romantico e depresso, cinico e innamorato, edonista e monastico, nonché dotato di una voce profonda che, come lui stesso ha detto in The Tower of Song, non gli ha lasciato scelta: ventisette angeli dall’alto dei cieli l’hanno legato a una tavola lassù, in quella “torre della canzone” dalla quale non ha mai potuto fuggire.
Toronto, anni Settanta: un’attrice che ha appena avuto un incontro romantico si sveglia e vede che Cohen si è messo il cappotto e sta uscendo. «Leonard, ma cosa fai? Sono le quattro di notte» dice lei. Viene la risposta: «Poeta. Vagabondo. Devo andare». L’aneddoto è talmente celebre che ormai è una leggenda urbana. Quando abitavo a Toronto nei primi anni Novanta una mia amica lo attribuiva a sua madre. A Montréal, a una cena di rispettabili docenti universitari, una giornalista e dottoranda in filosofia ci galvanizzò lasciando cadere casualmente di aver intervistato Cohen pochi giorni prima. Non si parlò più di nient’altro. Uomini e donne presenti volevano sapere tutti i particolari, e soprattutto se Cohen, con la dottoranda, ci aveva provato (lei fu bravissima: ci tenne sulla corda mezz’ora e non ce lo disse, ne andava della sua leggenda e lo sapeva). Cohen ha scherzato sulla sua fama di tombeur des femmes affermando che è l’unica cosa che gli ha fatto compagnia durante le diecimila notti che ha passato da solo, ma il coté mondano della sua parabola non deve far dimenticare il valore dell’opera. Che è meno grande e meno innovativa di quella di Dylan, ma ha il pregio di mettere a tacere le eterne disquisizioni sulla canzone, se può essere poesia oppure no. Cohen non abbassa mai lo stile nel passaggio dal verso libero alla rima e metrica, e quando i testi delle sue canzoni sono pubblicati fianco a fianco alle poesie nessuno può notare una differenza di qualità.
Le poesie e le canzoni di Cohen, nel loro andamento lineare, apparentemente facili da seguire, quasi demodé nel loro tono ostinatamente trovadorico e nel loro costante omaggio a una femminilità sessualizzata e insieme angelicata (sessualizzata perché angelicata, e viceversa), costituiscono in realtà un’esperienza poetica di altissimo rigore, e di notevole complessità culturale. Quanto misticismo ebraico agisce nelle canzoni di Cohen, quante riflessioni sulla presenza “femminile” del divino sulla terra (in accordo al simbolismo della Cabala) Cohen riesce a cantare come se si trattasse di semplici canzoni d’amore! «L’albero della conoscenza non è l’albero della vita», diceva Byron, e le canzoni di Cohen vengono prima di tutto dall’albero della conoscenza, e solo in seconda istanza dall’albero della vita.
In italiano esistono varie traduzioni di libri singoli o di antologie, ma questo recente La solitudine della forza, a cura di Branko Gorjup e Francesca Valente, impreziosito da calcolgrafie di Arnaldo Pomodoro (Longo, pp. 212, 18 euro, parte di una preziosa collana dedicata alla poesia canadese) si impone come un’opera di riferimento per chi voglia iniziare ad avvicinarsi al mondo di Cohen. Branko Gorjup ha insegnato letteratura canadese in varie università nordamericane ed europee. Francesca Valente, che attualmente dirige l’Istituto italiano di cultura a Los Angeles, ha una conoscenza approfondita del Canada, del quale ha tradotto in italiano gli autori più significativi. L’introduzione di Gorjup pone fermamente l’eredità di Cohen nella tradizione della poesia che oscilla tra il romanticismo e il suo superamento (utile far notare che Cohen è un moderno Heinrich Heine), mentre le traduzioni di Francesca Valente si distinguono per nettezza e precisione.
Mission, una delle composizioni più recenti, si conclude così: «Il corpo che ho rincorso / Mi ha rincorso a sua volta / Il mio desiderio è un luogo / La mia morte una vela» (The body I chased / It chased me as well/ My longing’s a place / My dying a sail). È una canzone o una poesia? Ha forse importanza?

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Seal ''La mia voce in difesa dei diritti civili''                clicca qui

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Video : Eric Clapton - Little Wing                                                                                 clicca qui

Video : Layla - Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, Charlie Watts, Bill Wyman, clicca qui

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Video :  All Along The Watchtower           

Neil Young

Eric Clapton & Lenny Kravitz

Bruce Springsteen

 

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Venerdi 12 Dicembre 2008

I BIGLIETTI PER BOB DYLAN

Partite le prevendite per i concerti di Milano (Assago) e Firenze , non ancora per Roma , il rivenditore ufficiale è Ticketone , sotto alcuni link per tutte le informazioni:

http://www.bobdylan.com/#/tour

http://www.ticketone.it/newsComplete.jsp?idCat=51&cdNews=185795&idCatPT=529

http://www.xtm.it/DettaglioUltimissime.aspx?IDUltimissima=3880

http://www.dalessandroegalli.com/dettaglievento.php?id=53

http://www.roma-citta.it/roma/news_17371-Bob-Dylan-al-PalaLottomatica-ad-aprile-da-domani-biglietti-in-vendita-cronaca.html

Segnalato da Gianluca Lambiase
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In vendita da domani i biglietti per Roma

Saranno in vendita da domani nei punti TicketOne, i biglietti per il concerto di Bob Dylan, il 17 aprile al PalaLottomatica. Questi i prezzi (cui va sommata la prevendita): tribuna centrale primo e secondo anello, 60 euro, tribuna laterale primo e secondo anello 50, terzo anello centrale 30, terzo anello laterale 35, posto unico 40.

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Bob Dylan - The Bootleg Series Vol. 8: Tell Tale Signs - Rare and Unreleased 1989 - 2006

by Andy Whitman

Questi sono gli avanzi , gli orfani , le tracce randage , dal vivo e brani da colonne sonore che sono state escluse dagli album degli ultimi vent’anni. E se qualcuno ci ha fatto caso , non ho mai inserito gli album di Bob Dylan fra i miei preferiti prima d’ora. Quindi , come hanno fatto gli scarti a raggiungere il Top ? Facendo il conto , Bob Dylan ha gettato via più capolavori che qualsiasi altro cantautore abbia mai scritto . Perchè Daniel Lanois , che quando produsse Dylan , fu l’uomo che con la sua soffocante garza sonica fece suonare Bob Dylan come gli U2 ed Emmylou Harris non c’è per niente in questi solchi ?
E’ perchè il “vecchiaccio” ha ritirato fuori il suo suono crudo , grezzo , spogliato dai dispositivi ausiliari dello studio , suoni straordinariamente interessanti , la sua svolta tipicamentea blues , il tirare fuori brani come “Red river shore” e “Cross the green mountain” , canzoni di una bellezza luminosa che stupiscono per la loro triste veridicità. Dylan non ha pari , e continua a far scuola     per i bambini !

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ROLLING STONE MAGAZINE :  Gli albums dell'anno - TTS al 2° posto

1 | TV on the Radio: Dear Science

2 | Bob Dylan: Tell Tale Signs — The Bootleg Series Vol. 8

3 | Lil Wayne: Tha Carter III

4 | My Morning Jacket: Evil Urges

5 | John Mellencamp: Life, Death, Love and Freedom

6 | Santogold: Santogold

7 | Coldplay: Viva la Vida or Death and All His Friends

8 | Beck: Modern Guilt

9 | Metallica: Death Magnetic

10 | Vampire Weekend: Vampire Weekend

11 | Fleet Foxes: Fleet Foxes

12 | Guns n' Roses: Chinese Democracy

13 | Blitzen Trapper: Furr

14 | Ryan Adams and the Cardinals: Cardinology

15 | The Black Keys: Attack & Release

16 | Randy Newman: Harps and Angels

17 | B.B. King: One Kind Favor

18 | Lucinda Williams: Little Honey

19 | Erykah Badu: New Amerykah: Part 1 (4th World War)

20 | Kings of Leon: Only by the Night

21 | Kaiser Chiefs: Off With Their Heads

22 | Jackson Browne: Time the Conquerer

23 | Conor Oberst: Conor Oberst

24 | Girl Talk: Feed the Animals

25 | The Magnetic Fields: Distortion

26 | Mudcrutch: Mudcrutch

27 | Brian Wilson: That Lucky Old Sun

28 | The Knux: Remind Me in Three Days...

29 | Bon Iver: For Emma, Forever Ago

30 | Duffy: Rockferry

31 | MGMT: Oracular Spectacular

32 | Jamey Johnson: The Lonesome Song

33 | Ne-Yo: Year of the Gentleman

34 | Stephen Malkmus: Real Emotional Trash

35 | Nick Cave and the Bad Seeds: Dig, Lazarus, Dig!!!

36 | The Hold Steady: Stay Positive

37 | Nine Inch Nails: The Slip

38 | Ra Ra Riot: The Rhumb Line

39 | Taylor Swift: Fearless

40 | Jonas Brothers: A Little Bit Longer

41 | AC/DC: Black Ice

42 | David Byrne and Brian Eno: Everything That Happens Will Happen Today

43 | Nas: Untitled

44 | The Raconteurs: Consolers of the Lonely

45 | Be Your Own Pet: Get Awkward

46 | The Academy Is...: Fast Times at Barrington High

47 | Of Montreal: Skeletal Lamping

48 | Raphael Saadiq: The Way I See It

49 | Hot Chip: Made in the Dark

50 | No Age: Nouns

Contributors: David Fricke, Will Hermes, Christian Hoard, Melissa Maerz, Jody Rosen

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The worst of John Lennon                                                 clicca qui

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Il Vaticano perdona John Lennon                                    clicca qui

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Video : Bob Dylan with Eric Clapton

Born In Time                    clicca qui

It's Not Dark Yet             clicca qui

Bright Lights Big City    clicca qui

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Video : Tom Petty And The Heartbreakers - Into The Great Wide Open    clicca qui

 

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Giovedi 11 Dicembre 2008

Libri di Dylan scontati del 50%      clicca qui

segnalato da Gianluca Lambiase

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Tell Tale Signs: The Bootleg Series Vol. 8: Rare and Unreleased 1989-2006

by Tom Useted

Da quando nel 1997 “Time out of mind” vinse il Grammy , Bob Dylan ha beneficiato di una grande esposizione mediatica. Nel 2001 “Love and Theft” e nel 2006 “Modern Times” hanno venduto moltissimo. Ora c’è questo nuovo capitolo della innovativa Bootleg Series , che esce ogni paio d’anni , dove Dylan ha mischiato nuove registrazioni con pezzi dal vivo , takes scartate da altri album e pezzi di colonne sonore (“Thing’s have changed” , dal film Wonder’s Boys , che vinse un Academy Award).
Le cifre relative alle vendite e la qualità del lavoro degli ultimi dieci hanno chiaramente portato la critica a dichiarare giustamente che Dylan sta attraversando un periodo tardo-rinascimentale della sua carriera. Nel frattempo è stato sempre in tour e qualche volta è stato splendido anche sul palco. E ancora , la Bootleg Series , diversa dalla serie originale , ha riconosciuto il fatto che , sì , la carriera di quest’uomo si è estesa dopo il 1975 , fino ad oggi.
Dylan ( o il suo staff , o la Columbia ) decidono che adesso è il momento buono per un salto indietro nella sua più recente produzione ,  e , giusto o sbagliato , Tell Tale Signs è quello che è stato tirato fuori.
E’ una collezzione di 27 pezzi di studio e di materiale dal vivo che parte dal 1989 , con la maggior parte delle tracce in studio provenienti dalle sessioni di Oh Mercy e Time out of mind. C’è anche una versione a tre CD , 12 canzoni-bonus ed un libretto divertente. Molti fans di Dylan sono rimasti piuttosto arrabbiati con la Sony per questo , ed a buona ragione , perchè il suo costo è cinque volte maggiore di quello della confezione a due CD. Una mossa senza senso da parte della Sony , specialmente col clima economico di questi tempi . Il set di due Cd esce con un booklet di 64 pagine con le liner-notes di Larry “Ratso” Sloman , autore di “On the road with Bob Dylan” , la cronaca della prima Rolling Thunder Revue. Come nelle passate Series , le note contenute nella confezione entrano nel contesto della carriera di Dylan , descrivendo dettagliatamente anche la musica e le circostanze nella quali è stata scritta.

Tell Tale Signs funziona perchè non è una retata di cani randagi , sono tracce mai pubblicate ufficialmente senza un ordine cronoligico , ma che sottilinea la saggezza ed i temi che Dylan immette nel suo lavoro. Musicalmente sono le radici della musica americana a cui lui ha sempre avuto attenzione e che ha perfezionato nel corso dell’ ultima decade.
Le canzoni pre-Time out of mind dimostrano in questa raccolta che era su quella strada , anche se a volte sembra essere incerto. Liricamente , per citare un nome come esempio , c’è un interessante richiamo alle città sul fiume , le donne che le abitano , e le esperienze del corpo e dello spirito che animanole persone che abitano in quei posti. Due versioni di “Mississippi” , “Red River shore” , “Huck’s tune” ( nome di un personaggio del film “Lucky you” per il quale è stata scritta , tuttavia il titolo ricorda Mark Twain) , “High water” , “The Girl on the greenbriar shore” , “Miss the Mississippi” e “The lonesome river” sembrano formare una narrativa non lineare.

Come in Faulkner’s Yoknapatawpha County or Twain’s Hannibal, nelle città fluviali di Dylan la narrativa si allontana dai punti di vista , i personaggi entrano ed escono senza essere mai a fuoco , ma il linguaggio ha molto da offire :“When I kiss your lips / The honey drips / I’m gonna have to put you down for awhile”, or “I’ll ramble and gamble for the one I love / And the hills will give me a song”.
Ona delle cose che le Bootleg Series hanno sempre avuto è la loro capacità di trovare un equilibrio di documentazione che si è rivelata interessante sia per i collezzionisti sia per i fans occasionali , e questo le rende simili ad un album. Tell Tale Signs è un grande album , forse colpisce immediatamente più di Moder Times , il trionfo delle fonti più disparate che si adattano bene ad essere messe assieme. Ma è anche una festa per i “duri” appassionati di Dylan.

Forse a causa della creazione delle Bootleg Series , sembra esserci un notevole calo di interesse verso i bootleg non ufficiali , le sessioni post Oh Mercy sono state appena toccate dai bootleggers.
Oh Mercy , al contrario , è stata oggetto di così tante edizioni pirata che sembrano lavori pasticciati , come qualsiasi lavoro che esclude “Series of Dreams” , Dignity” e “Born in time” è destinato ad essere.
In apparente riconoscimento del cattivo trattamento subito nei bootlegs , sette outtakes di Oh Mercy sono state incluse in Tell Tale Signs. “Born in time” in particolare , ha sofferto quando fu riscritta e riregistrata per “Under the red sky”. Le originali , più belle cantate e suonate , senza tagli o rimaneggiamenti da parte del produttore , e che vantano i testi migliori , evidenziano il perchè le Bootleg Series esistono , giustizia rimandata ma finalmente giustizia fatta. (“God Knows” , un’altra canzone scartata da Oh Mercy e ripresa e rifatta per Under the red sky è un brano minore , ma suona molto più dura nella sua prima traccia originale) .
Le session di Time out of mind sono la fonte per altre sei tracce , da sottolineare perchè “Red river shore” , “Dreamin’ of you” e “Marchin’ to the city” sono titoli nuovi ( nessuna delle outtakes di Oh Mercy sono realmente nuove canzoni , a dispetto delle alterazioni dei testi). Inevitabilmente , questo aprirà la questione di quanto “Time out of mind” , come “Oh Mercy” , avrebbe potuto essere persino migliore. Era un progetto , come “Series of dreams” e “Marchin’ to the city” che hanno prestato una parte del loro testo ad altre canzoni posteriori. Quelle canzoni erano “Standing in the doorway” , un capolavoro , e “Till i fell in love with you” , esercizi di blues più che altro.
Qualche parola di “Marchin’to the city” è stata inserita in “Not dark yet” , una delle più belle recenti composizioni di Dylan. Come una finestra sul processo creativo di Dylan , ascoltare queste nascenti canzoni è affascinante , e le canzoni si difendono molto bene da sole. Ma il vero piacere di TTS è “Red river shore” , una meditativa riflessione , accompagnata dalla fisarmonica , sull’amore perso che pian piano ti annichilisce nel corso dei suoi otti minuti. Ancora , questo è il modo nel quale le Bootleg Series prendono il primo posto.
Qualche volta Dylan , per ragioni sue personali , prende la decisione di scartare dei pezzi , decisioni che per noi non hanno alcun senso , ed è interessante sentire quello che è stato scartato e sapere il perchè.

In ogni caso , il resto delle tracce vengono da diverse fonti , incluse registrazioni dal vivo in concerto. E’ sorprendente come i pezzi dal vivo si integrano bene , non tematicamente ma a livello di suono , il girare e l’inquietudine sono i temi e lo stile di vita che caratterizzano il marchio-Dylan di questi ultimi anni.
La differenza più evidente tra il Dylan di studio e quello in concerto è la sua voce. Dove la sua voce è capace di una vasta gamma di suggestive espressioni è nello studio , sul palco la voce ha la tendenza a sembrare strangolata , sofferente e spaventosamente poco chiara.
La prima strofa di “High water” dimostra questa mancanza , sembra quasi che lotti per ricordarsi l’inizio della frase. Nella seconda strofa però , sembra ritrovare il bandolo della matassa e ricorda perfettamente il testo con un gancio destro , e la sua band esegue una prestazione mirabile , piena di varietà e di movimento , il che rende il pezzo originale , la magistrale “High water” di Love and theft , suona monotona al confronto con questa. Ma l’unico vero passo falso di Tell Tale Signs sembra essere la ripetitività , la lamentosa “Cocaine blues” che non ha un senso drammatico o un “momentum”, niente per richiamare l’attenzione , e mette dolorosamente in evidenza la voce deteriorata del Dylan da concerto. Solo una traccia su 27 , non ci si può lamentare. La ragione per la quale Tell Tale Signs funziona così bene dall’ inizio alla fine è che le canzoni , perfino quelle che sono di per se stesse deboli (“God knows” , “Miss the Mississsippi”) , sono illuminate dal fatto di stare in compagnia di Dylan. Le cover danno luce nuova agli originali , specialmente le canzoni del fiume , la linea che le separa dalle composizioni originali di Dylan si assottiglia dopo il trattamento di Dylan.
E’ tutto una canzone , un musical , e “pluribus unum” ( dal latino : da molti uno ). Tell Tale Signs è buono come il suo predecessore in ogni punto , ogni battuta , e se non c’è un possibile accostamento di Dylan con l’America attuale e la musica popolare contemporanea pazienza . Possiamo , come sempre , dirci fortunati di averlo intorno.

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Bob Dylan, al via la caccia ai biglietti                clicca qui

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I cd musicali da regalare a Natale                      clicca qui

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Shapiro, storia e canzoni dai ’60 a oggi              clicca qui

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Video : The Blackstones - I shall be released    clicca qui

 

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Mercoledi 10 Dicembre 2008

Stravolta la stanza di Bob Dylan al Chelsea Hotel, New York insorge 

New York, 5 dic. (Apcom) - La stanza numero 211 dell' Hotel Chelsea di New York presto avrà un bagno e un cucinino nuovi di zecca, ma in cambio rischierà di perdere gran parte del suo fascino. Non è una questione di poco conto: in quella stanza ha vissuto per anni Bob Dylan e nei lavori di ristrutturazione della pensione, un luogo di culto dove hanno vissuto vere e proprie leggende, da Allen Ginsberg a Sid Vicious dei Sex Pistols, da Arthur Miller a Willem de Kooning. Arthur Clarke vi ha scritto "2001: Odissea nello spazio" ma il Chelsea Hotel è particolarmente famoso per la lunga permanenza di Bob Dylan, che ha nella sua stanza ha composto ballate memorabili: erano i tempi di "Blonde on Blonde".
I nuovi proprietari Marlene Krauss e David Elder tuttavia mostrano poca sensibilità per i cimeli che ancora restano della presenza del cantante e badano soprattutto a aumentare gli affitti in maniera vertiginosa.
Il comune di New York, che ha concesso il permesso di rinnovare i mini appartamenti al numero 203 e 211, ora è sommerso di reclami per lo scempio culturale. Tanto più che i lavori non starebbero rispettando gli accordi presi in precedenza, e l'ex stanza del cantante sarebbe stata interamente stravolta.
L' Hotel Chelsea ha 125 anni di storia e ha sempre rappresentato un centro culturale e un punto di riferimento per artisti. L'Hotel è stato il primo ad essere annoverato nella città di New York come un palazzo storico. Lo charme del luogo è tale che persino l'attrice Uma Thurman ci ha vissuto. Dopo le proteste della cittadinanaza le Autorità hanno ordinato il blocco totale dei lavori.


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BOB DYLAN – Tell Tale Signs The Bootleg Series vol. 8 (Columbia 2008)

di Marina Montesano

Tell Tale Signs è l'ottavo volume nell'antologia che ha offerto sinora esibizioni live, alternate takes, inediti accumulati da Dylan in decenni di esibizioni e incisioni; questo nuovo episodio ci porta al periodo 1989-2006, ossia tra Oh Mercy e Modern Times. La Sony-Columbia ha pubblicato l'antologia in due differenti versioni, una doppia e una tripla: è a quest'ultima che faremo riferimento in quanto il terzo disco è essenziale non meno dei primi due. Cominciamo col dire che Tell Tale Signs contiene alcune composizioni inedite, che sono ovviamente il primo motivo di interesse: in un caso almeno, Red River Shore, siamo di fronte a un brano di altissimo livello, inciso al tempo di Time Out Of Mind e inspiegabilmente escluso dalla tracklist definitiva. Fanno parte delle stesse sessions anche Dreamin' Of You e Marchin' To The City, pure molto interessanti. Ci sono poi le alternate takes, che in alcuni casi ci propongono pezzi radicalmente diversi rispetto agli originali; la preferenza in questo caso è ovviamente soggettiva, ma quel che colpisce (e che quanti seguono Dylan in concerto sanno bene) è che con Dylan non esistono 'versioni definitive': quelle in studio sono fotografie di un momento particolare, ma i brani sono lì per essere continuamente riscritti e reinterpretati, come nella tradizione musicale blues e folk da cui Dylan proviene.

Fra queste versioni alternative mi paiono da segnalare, perché davvero eccezionali, una Ring Them Bells con accompagnamento di solo piano e una notturna Can't Wait, entrambe dal terzo disco. Ci sono poi alcuni brani pubblicati in colonne sonore e dunque poco conosciuti, fra cui spicca l'epica 'Cross The Green Mountain. I brani dal vivo sono belli, anche se tutti già usciti su bootleg, e fanno solo auspicare un live completo con uno dei concerti di questi ultimi anni: c'è solo l'imbarazzo della scelta. Infine una curiosità a proposito dei pezzi con la dicitura Unreleased 1992, Miss The Mississippi e l'eccellente Duncan & Brady: sono tratti dalle cosiddette Bromberg sessions, un progetto discografico finito e poi accantonato da Dylan che, non contento del mixaggio, preferì far uscire l'acustico Good  As I Been To You; speriamo che la pubblicazione nell' antologia non precluda la possibilità di averle, un giorno, nella loro interezza.

(fonte: discoclub65.it)

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Tell Tale Signs - The Bootleg Series Vol.8 / Columbia

di Riccardo Bertoncelli

Il caro Bob rimette le mani sui suoi materiali “di scarto” e scopre altri tesori nascosti.
Ha preparato un’altra antologie delle sue, il Geniale Pasticcione, non cronologica, non lineare, con allegra confusione tra live, studio e cameretta. Questa volta però almeno ha delimitato il campo, raccogliendo solo pezzi degli ultimi vent’anni; alla faccia di chi ritiene che la vena si sia esaurita dalle parti di Blood On The Tracks (pochi, a dire il vero), si comincia con Oh Mercy e si arriva a Modern Times, attraversando i controversi affascinanti anni della maturità e della vecchiaia. Due dischi per i comuni acquirenti, tre nella tiratura limitata per eletti; con molte scoperte preziose che neanche i bootleggers conoscevano e la conferma che il signor D si esprime meglio in solitudine o poca compagnia, senza troppi addobbi. Si parte con una meraviglia, Mississippi, una outtake di Time Out Of Mind proposta in tre versioni che ribadisce l’inclinazione dylaniana a essere cattivo giudice di sé; c’è altro di buono in quel cestino (Red River Shore, Dreamin’ Of You), a conferma della grande stagione di metà 90. Notevole anche una 32-20 del periodo World Gone Wrong, rarissima cover dall’amato Robert Johnson; e interessanti alcune alternate, da una Ain’t Talkin’ troppo in carne per valere quella già nota a una Most Of The Time cui ancora manca l’aura luminosa che la renderà irresistibile.
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Like a Rolling Stone -  No Direction Home: Bob Dylan (2005)

a cura di Francesca Druidi

207 minuti suddivisi in due DVD, della durata rispettiva di 2 ore e di un'ora e mezza. Questo è No direction Home: più di un semplice documentario o del rockumentary già sperimentato con L'ultimo valzer, un'opera musical-cinematografica travolgente e intensa che racconta - negli anni compresi tra il 1961 e il 1966 - la nascita, l'apice ma anche la svolta dolorosa di uno dei musicisti maggiormente influenti e innovatori del XX secolo, Robert Allen Zimmerman universalmente conosciuto come Bob Dylan.

Selezionando momenti salienti dell'intervista-fiume di dieci ore che Jeff Rosen - manager e amico di Dylan - ha realizzato nell'arco di cinque giorni all'artista, e alternandoli a racconti dei protagonisti dell'epoca (Joan Baez, Allen Ginsberg, Dave Van Rank che dichiara "se esiste un inconscio collettivo americano, Bob ci ha messo le mani dentro") e a preziosi filmati inediti di repertorio (tra cui gli outtakes girati alle edizioni del Newport Folk Festival e Don't Look Backd i D.A. Pennebaker), Martin Scorsese dimostra ancora una volta di essere uno straordinario regista, capace di fondere in modo potente colonna sonora e colonna visiva, ma soprattutto un appassionato narratore dell'America e delle sue figure cardine più emblematiche e rappresentative. Senza però mai scadere nell'agiografia, come avevano dimostrato le anomale e controverse biografie realizzate con Kundun e The Aviator.
Se la prima parte di No direction Home: Bob Dylan si concentra sugli esordi della carriera del cantautore, dalle origini in Minnesota al viaggio iniziatico compiuto alla fine degli anni Cinquanta nel Greenwich Village, quartiere bohémien newyorchese per eccellenza, giungendo fino alla consacrazione a icona del folk, il secondo atto vira invece sulla tormentata tournèe inglese di Dylan nel 1966, che segnò in maniera decisiva la sua vita professionale e umana.

Scorsese suggerisce nell'impianto audiovisivo, confermandolo poi di persona in occasione della presentazione di Bologna, che una delle due chiavi di lettura del documentario è racchiusa negli occhi di Dylan, piantati in primo piano verso lo spettatore, piuttosto che nelle sue parole, altrettanto importanti ma spesso contraddittorie. Occhi malinconici che non sembrano guardare l'interlocutore Jeff Rosen, ma che fuggono altrove, lontano. Abile è il raccordo di sguardo che ci riporta al Dylan ventenne, assurto in pochi anni a simbolo della musica folk, musica che all'inizio degli anni Sessanta diventa negli Stati Uniti sinonimo di protesta giovanile e di movimento dei diritti civili contro la segregazione razziale e la guerra in Vietnam. No direction Home non è solo l'odissea privata di Bob Dylan, ma rappresenta anche lo spaccato nitido e illuminante di quella stagione irripetibile nella storia americana e mondiale. La seconda linea narrativa fondamentale è data, infatti, dalla restituzione dell'impatto emotivo e sociale di eventi nevralgici: il fermento culturale, musicale e artistico portato da Andy Warhol e dai Beatles; la marcia della pace di Washington alla quale Dylan partecipò esibendosi; l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy nel 1963 a Dallas e l'esecuzione del suo presento carnefice Lee Harvey Oswald. Intanto Bob Dylan cantava A Hard Rain is gonna Fall e si faceva portavoce di quella generazione, che riconosceva nelle parole delle sue canzoni i sentimenti che l'agitavano e le idee che la muovevano. Adottato, esaltato e coccolato dalla sinistra liberale americana, Dylan non esitò però a scrollarsi di dosso l'etichetta politica che l'intera opinione pubblica gli aveva attribuito. E lo fece abbandonando la melodia folk per il rock di Like a Rolling Stone e per la musica elettrica eseguita con gli Hawks (gruppo che divenne poi The Band, il cui addio alle scene è immortalato ne L'ultimo valzer).
La reazione del pubblico e degli altri artisti alla virata operata dal folksinger fu incontrollabile e violenta: si gridò al tradimento non solo dei suoni folk ma soprattutto di quegli ideali democratici che venivano veicolati dalle liriche del cantautore. Per questo la tournèe inglese costituisce il contraltare simbolico al quale va ricondotto tutto il discorso filmico: i fischi, i boati di disapprovazione, le ingiurie del pubblico (che pure osannava la parte folk del concerto) che scandirono le sue esibizioni danno la misura del rapporto di amore-odio che univa in maniera viscerale Dylan e i suoi fan. Pur uscendo profondamente turbato dall'esperienza britannica che, complice un misterioso incidente in moto, lo condurrà a evitare esibizioni live per otto anni ("voglio soltanto tornare a casa", confessa a un funzionario inglese), Dylan continuerà imperterrito nel suo percorso artistico individuale, non scendendo mai a compromessi con il proprio pubblico. "Non sono mai stato quel tipo di cantante che vuole essere uno di loro, voglio dire uno del pubblico. Non cerco di piacere." Ed è in virtù di questa parabola politica di ascesa, trionfo, declino e sopravvivenza che Bob Dylan rientra pienamente nella galleria degli eroi scorsesiani, così come viene definito dal critico dei "Cahiers du cinéma" Antoine Thirion. C'è molto Bob Dylan in No Direction Home, ma c'è anche molto Martin Scorsese.

(fonte: movieplayer.it)

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I RICORDI DI LENNON

The Rolling Stone Interviews- by Jann Wenner

Qual è la natura della tua relazione con Bob?
Era come se fossimo dei conoscenti, perché eravamo così nervosi ogni volta che ci incontravamo. Era sempre in circostanze snervanti, so che ero sempre teso e so che anche Bobby lo era. Abbiamo passato un po’ di tempo insieme ma ero sempre troppo paranoico oppure ero aggressivo o vice versa e non abbiamo mai veramente parlato. Ma abbiamo passato molto tempo insieme.Venne a casa mia, che era Kenwood, ti immagini? E non sapevo dove metterlo nella sorte di vita borghese che stavo vivendo. Non sapevo cosa fare e cose di questo genere. Di solito andavo al suo hotel e mi piaceva, sai, perché scriveva delle belle cose, amavo quelle cose, le sue canzoni definite “di protesta”. Ascoltavo le sue parole, usava arrivare con la sua demo dicendo “Ascolta questo, John, e hai compreso le parole” Dissi che non importava, il suono è ciò che conta – la cosa più importante. Avevo troppe figure paterne e mi piacevano anche le parole, così mi piacevano molte delle cose che fece. Non devi ascoltare cosa sta dicendo Bob Dylan, devi solo ascoltare il modo in cui lo dice.

Quando è stata l’ultima volta che hai visto Bob?
Arrivò a casa nostra con George dopo l’Isola di Wight e quando avevo scritto “Cold Turkey”.Yoko: E sua moglie.
John: Stavo cercando di farlo registrare. Lo avevamo appena messo al piano per fare una demo per “Cold Turkey” ma sua moglie era incinta o qualcosa del genere e se ne andarono. Ora si è calmato molto. Mi ricordo solo che portavamo entrambi gli occhiali scuri ed eravamo entrambi fuori di testa con quello schifo di droga e c’erano tutte queste strane persone intorno a noi e Ginsberg e tutti gli altri.  A quel tempo ero molto ansioso.

Apparivi in quel film con lui, che non è ancora stato proiettato al pubblico (n.d.r. Don’t look back)?
Non l’ho mai visto ma mi piacerebbe molto vederlo. Ero così paranoico e quando Bob disse “Voglio che tu appaia in questo film”. Voleva solo che io apparissi nel film.
Pensai perché? Cosa? Vedrai che mi vuol far fare una brutta figura: tutte queste cose terribili mi passavano per la testa. Nel film blateravo e commentavo tutto il tempo, come si fa quando sei fatto o fuori di testa. Ero stato in piedi tutta la notte. Facevamo i saccenti sapientoni, è terribile. Ma era la sua scena, questo era il problema per me. Era il suo film. Ero sul suo territorio, ecco perché ero così nervoso. Ero nella sua sessione.
 

ENGLISH VERSION

Lennon Remembers

The Rolling Stone Interviews- by Jann Wenner

What is the nature of your relationship with Bob?
It's sort of an acquaintance, because we were so nervous whenever we used to meet. It was always under the most nerve-wracking circumstances, and I know I was always uptight and I know Bobby was. We were together and we spent some time, but I would always be too paranoid or I would be aggressive or vice versa and we didn't really speak. But we spent a lot of time together.
He came to my house, which was Kenwood, can you imagine it, and I didn't know where to put him in this sort of bourgeois home life I was living. I didn't know what to do and things like that. I used to go to his hotel rather and I loved him, you know, because he wrote some beautiful staff, I used to love that, his so called protest things. I listened to his words, he used to come with his acetate and say "Listen to this, John, and did you hear the words?" I said that doesn't matter, the sound is what counts-the overall thing. I had too many father figures and I liked words, too, so I liked a lot of the staff he did. You don't have to hear what Bob Dylan's saying, you just have to hear the way he says it.
When was the last time you saw Bob?
He came to our house with George after the Isle of Wight and when I had written "Cold Turkey".
Yoko: And his wife.
John: I was just trying to get him to record. We had just put him on piano for "Cold Turkey" to make a rough tape but his wife was pregnant or something and they left. He's calmed down a lot now.
I just remember before that we were both in shades and both on fucking junk, and all these freaks around us and Ginsberg and all those people. I was anxious a shit.
You were in that movie with him, that hasn't been released?
I've never seen it but I love to see it. I was always so paranoid and Bob said "I want you to be in this film". He just wanted me to be in the film.
I thought why? What? He's going to put me down: I went all through this terrible thing.
In the film, I'm just blabbing off and commenting all the time, like you do when you're very high or stoned. I had been up all night. We were being smart alecks, it's terrible. But it was his scene, that was the problem for me. It was his movie. I was on his territory, that's why I was so nervous. I was on his session.

(Dean Spencer news)

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Una sera con Bob Dylan (in versione jazz)                                     clicca qui

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Video : You belong to me  - Bob Dylan & Sarah Dylan video      clicca qui

 

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Martedi 9 Dicembre 2008

“Miss the Mississippi and you”

Nella sua ricerca puntigliosa delle radici della musica popolare americana , Bob Dylan si è imbattuto in questo stupendo country valzer lento “Miss The Mississippi and you” , scitta nel 1932 da Bill Halley . Certamente la voglia di approfondire lo ha portato ad ascoltare molti dischi of old , trovando queste due stupende versioni incise dai grandi countrymen Jimmie Rodgers e David Ball , alle quali Bob si è ispirato per la sua versione di TTS , incidendola 65 anni dopo. La versione di Bob è quasi integralmente uguale a quelle di Jimmie e David , quasi Bob avesse voluto fotocopiare la canzone per il suo album dei ricordi. La ballata è suggestiva, ricca di pathos e di una struggente nostalgia , di pesante tristezza , e la voce di Dylan riesce perfettamente a ricreare quella straordinaria atmosfera.

Bob Dylan : Miss The Mississippi And You                                  clicca qui

Jimmie Rogers / David Ball : Miss the mississippi and you         clicca qui

Bellissima anche la versione di Merle Haggard , ma in sostanza la Dylan-version imbattibile , la più bella , la più spontanea , la più sentita e la più vissuta.

Merle Haggard : Miss the Mississippi and you                            clicca qui

La versione di Jimmie Skinner rientra negli standard della musica country ma è certamente molto lontana dalle suggestioni di Rodgers , Ball , Haggard e Dylan.

Jimmie Skinner : Miss the mississippi and you                             clicca qui

Il testo ( Bill Halley - ascap 1932)

Sono stanco delle notti di questa grande città
Stanco del fascino e delle viste
Sto vagando ancora una volta con tutti i miei sogni
Per ritornare alla mia casa sulla riva del vecchio fiume


La città con le sue false luci e il suo trambusto stancano l’umile uomo di origine contadina , abituato al silenzio del grande fiume , al dolce rumore del suo lento scorrere , a camminare sulle rive fangose tanto familiari , dove la vita scorre senza le pressioni e le esigenze del mondo esterno , dove la cosa che conta di più è il sentimento per la natura incontaminata dalla mano dell’uomo e l’affetto per una ragazza.

Sono triste e stanco , lontano da casa
Mi manchi tu , cara , ed il Mississippi
Le notti sono scure e tristi , in ogni posto dove vado
Mi manchi tu , ed il Mississippi , cara


La città opprime , stanca , la nostalgia prende il cuore dell’uomo , la sua ragazza , il suo fiume , perchè non sono lì con lui a renderlo felice ? Non bastano i sogni per superare lo sconforto ed illuminare le notti come possono fare l’amore e le stelle , in ogni posto dove va sente la mancanza di lei e del mormorio del fiume.

Girando dappertutto in questo mondo così vasto
Sempre solo e triste , triste ,
niente sembra sorridermi sotto la volta del cielo
Mi manchi tu , ed il Mississippi , cara


La triste riflessione continua , vai dove vuoi , ma le cose che ti sono care sono sempre lontane e ti mancano , lo fanno sentire abbandonato , non un sorriso , nemmeno le stelle della città possono mitigare la mancanza della ragazza e del suo fiume.

Le memorie mi riportano ai vecchi tempi dei giorni felici
mi manchi tu ed il Mississippi
I tordi cantano intorno alla porta della mia baracca
Mi manchi tu ed il Mississippi


E la mente parte , trascinata dal vortice dei dolci ricordi , ai tempi felici quando lui e la ragazza camminavano felici sulle rive fangose , quando gli uccelli cinguettavano contenti davanti alla porta della vecchia baracca . Gli mancano quei rumori , quelle sensazioni , quella pace che la grande città non può e non sa dare.

Girando dappertutto in questo mondo così vasto
Sempre solo e triste , così triste ,
desiderando la mia casa e le rive fangose del fiume ,
mi manchi tu ed il Mississippi

Sta girando il mondo dappertutto , ma sempre solo e triste , troppo triste , desidera tornare da lei , al fiume , per non perdere la sua anima nella vastità dell’ignoto , le cose semplici sono quelle che gli danno il giusto equilibrio , la voce della natura , del fiume , la voce e la presenza di lei. Si può anche morire di nostalgia e di rimpianti , non sempre i sogni riescono a colmare questi vuoti. Per una mente semplice ci vogliono cose semplici , il rumore di un fiume , il canto degli uccelli , l’affetto della persona amata e la pace della campagna. La città è un grande tritacarne che distrugge tutto , sogni e realtà , che distrugge gli uomini , li trasforma in forme peggiori con false esigenze non indispensabili alla tranquillità dell’animo e alla felicità , basta poco per esserlo , una baracca , un fiume , una ragazza alla quale voler bene e che stia al tuo fianco fino alla fine dei giorni..

Quanta poesia in queste semplici parole , quanto amore , quanta umanità....forse per questo Dylan ha voluto ripescare e cantare questa canzone , forse ripensando ai momenti felici che non torneranno più , quando al suo fianco c’erano gli occhi tristi della Signora delle vallate , chissà......

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TTS : Dylan, alive, sounds human

By Ben Barasch

“Tell Tale Signs” , l’ultima rata delle “Bootleg Series”, mette a nudo la tormentata visione nel processo di scrittura delle canzoni del più elusivo dei musicisti. Il set a due dischi 8 ( o a tre con un sovrapprezzo di 100 dollari ) comprende canzoni mai pubblicate , versioni alternative e registrazioni dal vivo dagli anni 1989 al 2006 , un periodo di grandi critiche e successo popolare per Bob Dylan.
Così Dylan diventa di volta in volta sempre più imperscrutabile , brizzolata leggenda di oggi , con il desiderio di rendere reali le sue canzoni , di vederle come facenti parte della natura. Le immagianiamo balzare fuori dal suo cervello già completamente formate. Indipendentemente dal fatto che questo sia accaduto ad un certo punto della sua carriera , “Tell Tale Signs” ci mostra un altro lato , questa volta molto diverso di Bob Dylan.

Da uomo anziano dimostra di essere un infaticabile sperimentatore di studio , esplorando le risonanti emozioni che le sue liriche offrono in diversi assetti musicali. É affascinante sentire canzoni in embrione che avete già sentito da anni . La triste ironia ( o vacillante ) di “Most of the time” può sembrarci assolutamente inevitabile. Ma “Tell Tale Signs” ci da due nuove prime-versioni nelle quali vediamo come la canzone vada incrementando il suo significato. Le tre versioni della canzone “Mississippi” hanno una finezza e una stranezza che sull’album non appare. Non che siano necesariamente migliori , ma ora il nostro concetto di quella canzone è tre volte più grande.
Il senso che generalmente si ricava è che le canzoni non sono ne morte ne statiche. Questo è il senso che si ricava da molta della musica popolare. Quando sentite alla radio una canzone di Bob Jovi è sempre la stessa , è morta , datata. Non c’è niente di reale in questo, vi garantisco che è identica a come viene suonata in concerto. I suoi fans sono soddisfatti da questo tipo di ripetibilità. Hanno avuto quello per cui hanno pagato. Possono tornare a casa soddisfatti. Una canzone di Dylan non è così. É solo il senso che assomiglia. Succede in studio di registrare qualcosa di particolare in un determinato giorno. Le sue canzoni sono sempre in continua evoluzione. Se ascoltate “Tell Tale Signs” abbastanza , la vostra concezione della musica popolare comincerà a cambiare. Comincerete a sentire le canzoni come brutte copie , come lavori in corso. Cominciano ad avere qualche legame con gli alti e i bassi della vita , con la mente di un autunnale essere umano.
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Addio alla voce di Luther King                 clicca qui

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I grandi concerti: l’Isola di Wight            clicca qui

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Il pensiero personale di Lennon

Rolling Stone interview - by Jann Wenner

Quali sono i tuoi gusti personali?
Wop bop a loo bop. Mi piace il rock and roll, man, Non mi piace molto altro.

Perché Rock and roll?
E’ la musica che mi ha ispirato per iniziare a suonare. Concettualmente non c’è nulla di migliore del rock and roll. Secondo me, nessun gruppo, che siano i Beatles, Dylan o gli Stones, ha mai fatto canzoni migliori di “A Whole Lot A Shakin”. O magari siamo come i nostri genitori, sai, quello è il mio tempo e lo apprezzo, non lo lascerò mai.

Cosa ne pensavi dell’album di George (All Things Must Pass)?
Non lo so …penso che vada bene. Personalmente, a casa, non suonerei quel tipo di musica ma non voglio ferire i sentimenti di George. Non so cosa dire di questo album. Penso che sia migliore di quello di Paul.

Cosa ne pensavi di quello di Paul?
Pensai che quello di Paul facesse schifo. Penso che ne farà uno migliore quando sarà forzato a farlo. Ma pensai che quel primo album fosse solo un sacco di … Quando ascolto la radio e sento le canzoni di George, beh, sono molto buone.

Cosa ne pensavi dell’album di Dylan, New Morning?
Pensai che non fosse un gran che. Perché mi aspetto di meglio. Forse pretendo troppo dalla gente, sai, ma mi aspetto di piu … Ma non sono più un seguace di Dylan da quando ha smesso di fare rock. Mi piaceva “Rolling Stone” e alcune cose che faceva allora. Mi piacevano alcune cose che fece all’inizio ma il resto è come Lennon-McCartney o qualcosa del genere. Non è diverso, è un mito.

Allora non pensi che sia veramente una nuova mattina per Dylan?
No, penso che siano un sacco di balle. Potrebbe anche essere una nuova mattina per lui perché ha smesso di cantare al top della sua voce lassù e sta cantando quaggiù. Voglio dire è OK ma preferisco ascoltare “I Hear You Knocking” di Dave Edmonds.


ENGLISH VERSION

Lennon’s Personal Views

Rolling Stone interview - by Jann Wenner

What are your personal tastes?
Wop bop a loo bop. I like rock and roll, man, I don’t like much else.

Why Rock and roll?
That’s the music that inspired me to play music. There is nothing conceptually better than rock an roll. No group, be it Beatles, Dylan or the Stones has ever improved on “A Whole Lot A Shakin” for my money. Or maybe I’m like our parents, you know, that’s my period and I dig it, and I’ll never leave it.

What did you think of George’s album (All Things Must Pass)?
I don’t know... I think it’s all right. Personally, at home, I wouldn’t play that kind of music but I don’t want to hurt George’s feelings. I don’t know what to say about it. I think it’s better than Paul’s.

What did you think of Paul’s?
I thought Paul’s was rubbish. I think he’ll make a better one when he’s frightened into it. But I thought that first one was just a lot of ... When I listen to the radio and I hear George’s stuff coming over, well then it’s pretty bloody good.

What did you think of Dylan’s album, New Morning?
I thought it wasn’t much. Because I expect more. Maybe I expect too much from people, you know, but I expect more... But I haven’t been a Dylan follower since he stopped rocking. I liked “Rolling Stone” and a few things he did then. I liked a few things he did in the early days but the rest of it is just like Lennon-McCartney or something. It’s no different, it’s a myth.

You don’t think then it’s a legitimate new morning?
No, that’s a lot of bullshit. It might be a new morning for him because he stopped singing on top of his voice up there and he’s singing down there. I mean it’s all right, but I’d sooner hear “I Hear You Knocking” by Dave Edmonds.

(Dean Spencer News)
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TTS : Tell ol' Bill - La traduzione in italiano                       clicca qui

 

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Lunedi 8 Dicembre 2008

Talking Bob Dylan Blues - Parte 435 -    clicca qui

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E' in via di definizione il Summer West Coast USA tour 2009 con Willie Nelson in Califorinia , Oregon e Washington .

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TTS : Appunti di Peter Stone Brown - 2008

Era la tarda estate del 1989 , e nella cassetta della posta c’era un pacchetto con una cassetta . La cassetta era una copia preview del nuovo , non ancora uscito , album di Bob Dylan “Oh Mercy”. Tutto quello che sapevo era che era stato registrato a New Orleans con il produttore Daniel Lanois , che sapevo aveva lavorato al primo album di Robbie Robertson.
Era il secondo anno di quello che sarebbe diventato famoso come il “Never Ending Tour” , un tour dove tutto poteva succedere ed è successo , un tour che in qualche modo ridefiniva l’intera carriera di musicista di Bob Dylan. I precedenti tours di pochi anni prima erano stati fatti con la band dei Greatful Dead e con Tom Petty & The Heartbreakers. Entrambi i tours hanno avuto i loro momenti , ma avevano lasciato in tutti noi la sensazione che mancasse qualcosa , che Dylan avesse bisogno di una band propria. Lo show con i Dead in Filadelfia era stato molto contestato , e un sacco di persone avevano giurato di non andare più a vederlo. Poi c’erano stati disk-jockey e stazioni radio i cui commenti andavano da una certa compresnsione a “ Che cos’è questo ?”.
Per me , aveva suonato due brani che non avevo pensato di sentire, “The ballad of Frankie Lee and Judas Priest” , e ancora più sorprendente, “John Brown” , una canzone di protesta contro la guerra che era su un album che avevo , chiamato Broadside Volume 1, che era un esempio della tipica scrittura del Greenwich Village all’inizio degli anni 60’. Su quell’album Dylan appariva con lo pseudonimo di Blind Boy Grunt , che è stato il primo di tanti altri nickname. “John Brown” era basata sul tradinional “Reuben’s train”, con la chitarra che la copiava , e Jerry Garcia , non estraneo alla musica tradizionale , aveva usato quel modo di suonare nel suo arrangiamento. Lo show riservò altre due sorprese , “Chimes of freedom” e “Queen Jane approximately” , e anche se quest’ultimo tipo di canzone nel frattempo era passata di moda , non mi ero preoccupato. Era il mio compleanno , avevo visto Bob e sentito canzoni che non avevo mai pensato di sentire. Era un accenno alle cose future.

Quando Dylan andò in tour l’estate seguente , lo fece accompagnato da una band ridotta , e sono stati , a dir poco , davvero rock. In quei giorni non c’era Internet che dava istantaneamente la set-list ogni sera. Se volevi sapere quello che succedeva nel tour , dovevi andare alla libreria e trovare il giornale di un’altra città con la speranza che avesse recensito il concerto.
Così , quando vidi il mio primo show del Never Ending Tour al Garden State Arts Center , a Holmdel - New Jersey, e Dylan inizio con “Subterranean homesick blues” , un’altra canzone che non mi aspettavo di sentire, la mia mente era più esaltata che durante il breve set acustico nel quale aveva tirato fuori “Trail of Buffalo” di Woody Guthrie. La stessa cosa ha fatto nelle due notti successive al Tower Theatre , poco fuori Filadelfia. Ero più che convinto quando si è lanciato in “Bob Dylan’s 115th Dream” , e di nuovo , due canzoni dopo , quando inserì due nuove strofe sul Viet Nam in “With God on our side” , una strofa che doveva apparire pochi mesi dopo nell’album “Yellow Moon” dei Neville Brothers che era stato prodotto da Daniel Lanois.
Il mattino seguente , fui invitato ad assistere ad una session di registrazione con il bassista di Bob Dylan Kenny Aaronson. Quando arrivai allo studio , il mio amico che era il produttore della session mi avvisò , dicendomi che Dylan era stato come folle con la band la notte prima , quindi di strarmene buono e tranquillo. Finalmente , alla fine della session , quando tutti si erano rilassati , ho avuto il coraggio di chiedere ad Aaronson “ Sapevi la notte scorsa che Dylan avrebbe fatto “ 115th last dream ?”. “Sembrava prenderci in giro con quella canzone nel sound check” mi rispose.
L’estate seguente , le canzoni tradizionali furono sostituite con covers di altri artisti come Gordon Lightfoot , Van Morrison ed il cantante country Don Gibson. Sapendo che un nuovo album era in lavorazione , speravo in nuove canzoni , ma non fu così.
Così ho aperto il pacchetto ed ho messo il nastro di Oh Mercy sul mio registratore. Dalla prima nota ho capito che era un album serio. I precedenti due album erano in misto di covers e di canzoni originali , registrate in diverse sessioni ed erano lontane da avere un senso di coerenza. Un sacco di gente pensa che i suoi migliori lavori più recenti erano quelli con i Traveling Wilburys. “Oh Mercy” non era R&B di New Orleans , era musica di Dylan. Il sound era pieno di chitarre , la produzione fluente. Le canzoni erano profonde. , oscure e misteriose , alcune divertenti ed altre con tanta amarezza che veniva in superficie. In altre parole , tutto quello che si voleva in un album di Bob Dylan. Appariva subito evidente che il meglio di tutto era che Lanois sapeva a quel tempo come registrare la voce di Dylan. Durante la sua carriera , Bob Dylan aveva avuto alti momenti di intensità che ti prendevano e ti tagliavano in due. É una cosa magica che non può essere definita e nemmeno avere un nome. Qualche volta non succedeva , ma quando avveniva , lo capivi , e in quest’album ce n’era in abbondanza. Dopo aver sentito l’album , ho telefonato ad un amico molto esperto di Bob Dylan , e gli ho detto “ Devi sentire quest’album”. Naturalmente , dopo gli ultimi due album , non voleva credermi. Quella notte incontrai alcuni amici che suonavano nei bar locali. Al Bar mi si avvicinò uno di loro e gli dissi “ Vieni subito nella mia macchina” , Misi sù “Ring them bells", ”Most of the time” e “Man in the long black coat” , e vidi il suo scetticismo cambiare in un sorriso.
Quando Dylan ritornò quell’autunno al Towe r Theatre , poche canzoni di “OH Mercy” erano in scaletta , ma come al solito suonavano diverse da come erano state registrate , appena sbozzate , grezze , più rock . “Most of the time” sembrava fondersi in “All along the watchtower”. Non c’erano sorprese nella scatola , ma non erano necessariamente musicali. Alla fine della seconda serata , Dylan fece qualcosa che non avrei mai pensato di vedergli fare. Un membro del suo staff di palco gli passò un microfono diverso per l’armonica e la band si butto in “Leopard skin pill-box hat”. Durante l’assolo di armonica , Dylan si avvicinò piano piano al bordo del palco , poi improvvisamente saltò in mezzo alla gente continuando a suonare l’armonica , e uscì dalla porta posteriere terminando lo show.
Quando ritornò nel 1990 , per tre spettacoli in New Haven-Connecticut al Toad’s Place , suonò per la prima volta una canzone dei primi tempi del 1981. Quella canzone era “ Wiggle Wiggle”. E’ stata l’ultima volta che una canzone originale debuttò in concerto. Lo show , una prova in provincia per il prossimo tour , includeva anche numerose covers che spaziavano da “Pretty Peggy-O” , in una versione completamente diversa da quella del primo album , a varie canzoni country , dal blues a “ Dancing in the dark” di Springseen. Nessuno lo capì a quel tempo , ma quello show era un anticipazione della decade a venire.
Sul finire di quell’estate , un’altro album apparve , “Under the red sky”. Io scrivevo per un settimanale locale , e la cosa che dava molto fastidio al mio redattore era che recensivo tutti i concerti di Dylan vicini o lontani da Filadelfia.

Alla fine dell’estate mi misi in contatto con un giornale dove lavorava l’agente pubblicitario di Dylan Elliot Mintz. Sfortunatamente , ero in ospedale con un sacco di ossa rotte , essendo stato vittima di una rapina la notte precedente. Il giorno che fui rilasciato dall’ospedale , un nastro arrivo per posta da Mintz. Era “Under the red sky”, prodotto da Don Was , aveva un suono diverso ed un diverso feeling rispetto ad “Oh Mercy”. Aveva avuto una produzione diversa dallo stile di Lanois , con in sacco di facilitazioni fornite a Dylan , inclusi gli stessi musicisti. Tra l’altro , c’erano molte tracce , e questo permetteva ai musicisti di trovere quella giusta , quindi le sessioni cominciarono a scorrere. Mentre mantenavano la stessa sezione ritmica , vi furono diversi chitarristi e tastieristi in ogni sessione.
Molte delle canzoni sembravano filastrocche apocalittiche , e un un certo senso lo erano. Va sottolineato che molte filastrocche sono come delle bordate , cantate e urlate per strada e su temi di attualità . Più o meno nello stesso periodo Dylan stava lavorando al secondo album dei Traveling Wilburys ed era in tour.Dopo quei due album , Dylan si concentrò nelle tournèe e ci vollero sette lunghi anni prima che ci fosse un’altro album di canzoni originali.
Nel 1992 , con poco preavviso o fanfare , un nuovo album , “Good as i been to You” , era sul mercato. Era Dylan da solo che faceva ballate , blues , pop songs, e si chiudeva con una canzone per bambini, “Froggy went a courtin’”. La produzione era minimale , il cantato ed il suonato , spesso grezzi. Poco più tardi di un anno , un album similare, “World gone wrong”, fu fatto uscire. Sembrava un pò più pensato e realizzato con maggior cura , dalla scelta delle canzoni alla copertina dell’album , non naturalmente le performances. Per la prima volta da “Desire” , l’album conteneva le liner notes scritte da Bob Dylan stesso , scritte in maniera diversa , più lineare , anche se seguivano lo stile fluido che aveva usato in precedenza , descriveva la fonte di ogni canzone riuscendo a collegarle ai tempi attuali.
Abbastanza curiosamente , ha affrontato per la prima volta i suoi fans , dicendo che il Never Ending Tour era finito con la partenza del chitarrista G.E. Smith nel 1991 , ed in modo umoristico dava i nomi dei tour seguenti , ma , non ostante questo , i fans hanno continuato a chiamarlo Never Ending Tour. A quel punto , essere un fan di Dylan era come far parte di una setta segreta . Avevo i miei amici che una volta ascoltavano Bob Dylan che si erano fermati lungo la strada , e avevo gli amici con i quali condividevo Dylan , che voleva dire andare agli show o scambiarsi i bootleg. Quando andai in Inghilterra pochi anni più tardi per partecipare ad una conferenza di Dylan a Liverpool , venni a conoscenza di altre attività collegate a Dylan , un amico che soggiornava con me mi ha chiesto seriamente “ Fai parte del movimento underground di Dylan? Questo mi stortò.

Nella metà degli anni 90’ , tutto cambiò con l’avvento di Internet. Un amico mi disse , devi buttarti in Internet , ci sono gruppi di discussione di Dylan , cose da matti! Lo feci e scoprii che non c’erano solamente gruppi di discussione (Rec-Music:Dylan) , ma anche una Dylan mailing list , Hgw 61 che dava le news su Bob Dylan ( principoalmente dal gruppo) direttamente nella tua casella di Outlook, diverse volte al giorno , e tonnellete di siti Web che coprivano ogni aspetto di Dylan , dalle radici e le fonti delle canzoni , alla religione , all’interpretazione dei testi , le rarità ufficiali , i siti statistici che dicevano dove le canzoni erano state suonate e quante volte , ed anche un sito ufficiale che offriva rarità , novità e versioni live delle canzoni.
Sembrava che Internet fosse stato creato per i fans di Bob Dylan. Potevo contattare persone di tutte le parti del mondo e discutere con loro di Bob Dylan.
All’inizio dell’inverno del 97’ , girò parola che Dylan stesse registrando un nuovo album a Miami con Daniel Lanois di nuovo come produttore. C’erano poche informazioni al riguardo. Ogni momento , personaggi misteriosi , seminavano quà e là notizie sulla nuova band , con piccoli accenni , poteva essere nominando un musicista o due , poi improvvisamente sparivano. Allora nella primavera di quell’anno , il venerdi del week-end del Memorial day , lasciai il lavoro e cominciai a girare la radio della mia auto , e fui colpito da un nuovo bollettino che diceva che Dylan era in ospedale per un’infezione al cuore. Mi venne immediatamente in mente il giorno di 31 anni prima , quando mio fratello , correndo attraverso il campo , mi disse che Bob aveva avuto un incidente motociclistico.
Rimasi bloccato per un momento , poi voltai l’auto e andai a cercare qualcosa che potesse darmi una risposta , magari il mio e-mail-box.
Bob Dylan riprese il tour in Agosto. Negli anni passati , era solito aprire i concerti con canzoni mai suonate o suonate raramente , aumentando la quantità di folk , blues e bluegrass songs.
Una canzone che non aveva mai suonato era “Blind Willie McTell” , ed io sono andato ai concerti finchè finalmente riuscii a sentirla al Wolf Trap.
Un giorno , ai primi di settembre , trovai un’altro pacchetto nella mia cassetta della posta contenete una copia come anticipazione di “Time out of mind”. L’album era dominato dal blues , solo 4 delle 11 canzoni erano ballate. Nelle canzoni c’era il tema costante della irrequietezza e della disperazione
Molta gente , non sapendo che l’album era stato registrato prima del ricovero in ospedale , associò il ricovero con l’album. Il blues è sempre stato un caposaldo di Dylan fin dal primo album , e molti ne aveva scritti per conto suo senza copiare le prestazioni vocali di molti dei suoi contemporanei.

In “Time out of mind” c’era una differenza , perchè contrariamente alle registrazioni blues precedenti , qui c’era un un consapevole sforzo per ottenere non solo il suono , ma anche il grande feeling dei blues degli anni 50’.
A seguito della pubblicazione dell’album , ci furono molti articoli ed interviste , con Dylan e Lanois. Ma uno degli articoli che catturò l’attenzione dei fans era l’intervista con il tastierista Jim Dickinson , che citò due pezzi non inderito nell’album , “Mississippi” e “Girl from the red river shore”. Cominciò la consueta lagna dei fans e dei collezzionisti “ Lasciano sempre le canzoni migliori fuori dall’album”. Entrambe le canzoni sarebbero state le migliori se inserite in quell’album. I Siti dei fans furono immediatamente incuriositi anche se avevano solo i titoli delle canzoni da citare. “Mississippi” fu di sicuro riregistrata per “Love and Theft” , lasciando “Red river shore” come qualcosa da mettere nel Santo Gral dei collezzionisti. La mia reazione , ascoltando “Red river shore” fu la stessa di quando ascoltai per la prima volta “Blind Willie McTell” , questa è la miglior canzone di Bob Dylan di sempre.
Da parte sua , Bob disse al New York Times , “ Molte delle mie canzoni sono progetti per altre , questa volta non ho voluto cianografiche delle canzoni , volevo le cose vere. Quando le canzoni sono giuste e vengono incise giuste , e il gioco è fatto. Se son fatte bene rimarranno incise nella pietra”.
Con gli anni , gli arrangiamenti dal vivo di tante di queste canzoni sono cambiati considerevolmente. Due di quelle che sono cambiate in questo senso sono incluse in questo TTS.
Naturalmente Dylan ritornò on the road e in aggiunta alle canzoni di “Time out of mind” , altre canzoni furono continuamente inserite nella set-list . le canzoni blues , le country , le bluegrass , e canzoni che non aveva mai suonato.
Molta gente , me incluso , stavano attenti finchè le set-list non apparivano su Internet. Le musiche che erano entrate profondamente nel suo animo , specialmente quella degli Stanley Brothers ed il duo country Johnny and Jack. E’ impossibile prevedere quando e dove Bob inserirà una nuova canzone. Può succedere in Portogallo , oppure a Wilmington. Quello che è certo è che Dylan non sta suonando per esibirsi , lui sta sperimentando , e facendo questo , espone il suo pubblico a tutte i tipi di musica , anche quelli mai sentiti prima da lui. E come al solito , ce n’è sempre uno fra i tanti siti Internet a lui dedicati che vorrebbe sapere la risposta. Come recentemente mi ha detto un amico , “ Non avrei mai conosciuto gli Stanley Brothers se non fosse stato per Bob Dylan”.
Semplicemente facendo una canzone, Dylan ha fatto quello che i collezzionisti del “revival” folk avrebbero sempre voluto realizzare , e , grazie ad Internet , i risultati sono stati a livello mondiale.
Lui era , come ha detto nel film “No direction home” , “uno spedizioniere musicale”.

Nell’autunno del 2000 , Dylan si muoveva in un’area che solo di striscio aveva toccato prima , il jazz. A Dublino , stupì il pubblico con un drammatico riarrangiamento di “Tryin’ to get to heaven”. Questo ebbe il seguito a Munster davanti ad una gran folla stupita , quando tirò fuori “If dogs run free” , e un mese dopo con una canzone dallo swing western “Blue bonnet girl”.
Fu chiaro che Dylan stava cercando qualcosa. Quel qualcosa si trasformò nel suo prossimo album “Love and Theft” , un album che , tra le altre cose , era l’esplorazione specifica delle radici della musica americana , esplorazione seguita cinque anni dopo da “Modern Times”.
Questo ottavo album delle Bootleg Series non è solo una raccolta di outtakes , o takes alternative e canzoni mai sentite. E’ la realizzazione di una connessione musicale , connessione che copre tutta la vasta gamma della musica popolare americana. Questo è qualcosa che Bob ha fatto , non solo negli anni che quest’album copre , ma in tutta la sua carriera.
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“Chi è Bob Dylan?“

Di Jonathan Cott

Concepito lungo un periodo di dieci anni e montato da Howard Alk e Dylan da 400 ore di sequenze filmate, Renaldo e Clara fu girato durante il Rolling Thunder Revue del 1975-76. Gli attori del cast comprendono Bob Dylan (Renaldo), Sara Dylan (Clara), Joan Baez (la Donna in Bianco), Ronnie Hawkins (Bob Dylan), Ronee Blakley (sig.ra Dylan), Jack Elliot (Longheno de Castro), Bob Neuwirth (la Tortilla Mascherata), Allen Ginsberg (il Padre), David Blue (David Blue) and Roger McGuinn (Roger McGuinn).
“Chi sei tu, Bob Dylan?” titolava il giornale francese letto da Jean-Pierre Leaud in Jean-Luc Godard’s Maschile-Femminile. E il mistero di Renaldo e Clara è: “Chi è Bob Dylan?” “Chi è Renaldo?” e “Qual è la relazione tra di loro?”
Decisi di chiederlo allo stesso Bob Dylan.
“C’è Renaldo,” mi disse, “c’è questo tipo con una faccia bianca che canta sul palco e poi c’è Ronnie Hawkins che interpreta Bob Dylan. Bob Dylan è elencato nei titoli di coda quale interprete di Renaldo, ma Ronnie Hawkins interpreta la parte Bob Dylan.”
“Così Bob Dylan,” presumo, “potrebbe o non potrebbe essere nel film.”
“Esattamente”
“Ma Bob Dylan ha fatto il film.”
“Non lo ha fatto Bob Dylan. L’ho fatto io”
“Io sono un altro,” scrisse Arthur Rimbaud e questa affermazione è sicuramente dimostrata da Renaldo e Clara, nel quale i caratteri con maschera e cappello - spesso intercambiabile - siedono nei ristoranti e parlano, scompaiono, riappaiono, si scambiano fiori, litigano, visitano cimiteri, suonano, viaggiano in treni e furgoni e ritmano cori in un indiano d’America/Indu somigliante a bop-shoo-op-doo-wah-ditty –una riunione religiosa e di rock and roll.


ENGLISH VERSION

Conceived over a period of ten years, and edited down by Howard Alk and Dylan from 400 hours of footage, Renaldo and Clara was shot during the 1975-76 Rolling Thunder Revue, whose participants make up a cast that includes Bob Dylan (Renaldo), Sara Dylan (Clara), Joan Baez (the Woman in White), Ronnie Hawkins (Bob Dylan), Ronee Blakley (Mrs Dylan), Jack Elliot (Longheno de Castro), Bob Neuwirth (the Masked Tortilla), Allen Ginsberg (the Father), David Blue (David Blue) and Roger McGuinn (Roger McGuinn).
“Who Are You, Bob Dylan?” was the headline in the French newspaper read by Jean-Pierre Leaud in Jean-Luc Godard’s Masculin-Feminin. And the mystery of Renaldo and Clara is: “Who is Bob Dylan?” “Who is Renaldo?” and “What is the relationship between them?”

I decided to ask Bob Dylan himself.
“There’s Renaldo,” he told me, “there’s a guy in a whiteface singing on the stage and then there’s Ronnie Hawkins playing Bob Dylan. Bob Dylan is listed in the credits as playing Renaldo, yet Ronnie Hawkins is listed as playing Bob Dylan.”
“So Bob Dylan,” I surmise, “may or may not be in the film.”
“Exactly”
“But Bob Dylan made the film.”
“Bob Dylan didn’t make it. I made it.”
“I is another,” wrote Arthur Rimbaud, and this statement is certainly demonstrated by Renaldo and Clara, in which characters in masks and hats -often interchangeable- sit in restaurants and talk, disappear, reappear, exchange flowers, argue, visit cemeteries, play music, travel around in trains and vans and chant in an American Indian/Hindu sounding bop-shoo-op-doo-wah-ditty chorus—a religion and rock and roll reunion.

(Dean Spencer News)
 

Video : Bob Dylan - Romance In Durango (From Renaldo And Clara)          clicca qui

Video : Bob Dylan- Renaldo and Clara - When I paint my masyerpiece         clicca qui

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Il 22 novembre 1968 i Beatles pubblicavano il loro "White Album"

La rivoluzione bianca della banda dei quattro

di Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini

"I Beatles sono più famosi di Gesù Cristo": la frase pronunciata da John Lennon, che suscitò profonda indignazione soprattutto negli Stati Uniti, dopo tanti anni suona solo come la "spacconata" di un giovanottone della working class inglese alle prese con un inatteso successo, dopo essere cresciuto nel mito di Elvis e del rock'n'roll. Eppure al talento di Lennon e degli altri tre Beatles si devono alcune delle migliori pagine della musica leggera moderna. Solo canzonette, diranno i detrattori non senza una punta di snobismo. Tutto vero. Nessuno può pensare ai Beatles come a dei geni assoluti della composizione e neppure, in fondo, come a dei virtuosi dei rispettivi strumenti. Ma resta il fatto che dopo 38 anni dallo scioglimento, le canzoni con il marchio Lennon-McCartney, hanno mostrato una straordinaria resistenza all'usura del tempo, divenendo fonte di ispirazione per più di una generazione di musicisti pop.
Esattamente 40 anni fa, il 22 novembre 1968, i Beatles pubblicavano una pietra miliare e non solo della loro discografia. Un doppio lp, senza titolo, conosciuto come The White Album, "album bianco", dal colore della copertina che aveva inciso in rilievo solo il nome del gruppo. Nel 1968 i Beatles erano all'apice del successo, nonostante il fallimento del progetto Magical Mistery Tour. L'album Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band, con le sue musicalità psichedeliche, la ricercatezza dei suoni, aveva portato una vera e propria rivoluzione musicale e li aveva consegnati al mito. Tuttavia non sarebbe stato quello il loro vertice creativo; un vertice che avrebbero toccato paradossalmente nel momento in cui stava già divenendo insanabile la crisi interna del gruppo, che vedeva contrapposti in particolare Paul McCartney e John Lennon, con George Harrison e Ringo Starr impotenti spettatori. Di fatto i "Fab four" non esistevano più; esistevano entità separate, musicisti di talento che si presentarono in ordine sparso negli studi di Abbey Road, ognuno con i propri musicisti a supporto. Eppure fu in un tale scenario che il White Album si concretizzò.
Fu una vera e propria cesura con il passato. Chi si aspettava un seguito alle escursioni visionarie di Sgt Pepper's e in parte di Magical Mistery Tour rimase deluso. I Beatles, lo si intuisce fin dal minimalismo della copertina, scelsero in qualche modo di tornare alle radici. Ma a modo loro, dando libero sfogo alla creatività e continuando a curare particolarmente le liriche, in alcuni casi ricreando atmosfere e nuclei narrativi. Musicalmente nell'album coesistono canzoni ispirate al rock più puro e duro, come Back In The U.S.S.R. e Helter Skelter, ballate acustiche come Blackbird o Julia, il country di Rocky Raccoon, "canzonette" come Obladi Oblada, pretenziose incursioni nello sperimentalismo come Revolution 9. Un disco di suggestive contaminazioni, cross over si direbbe oggi, un'utopia musicale dove si trova tutto e il contrario di tutto, in un assemblaggio forse discutibile ma rivelatore dello spirito di un'epoca: gli anni della contestazione giovanile, in cui - tra contraddizioni, eccessi e fughe in avanti - tutto sembrava possibile e lecito; in cui i giovani si avventuravano in terreni anche artistici fino ad allora inesplorati e ricchi di prospettive.
I Beatles in questo erano privilegiati. Osannati dai fan anche se non sempre dalla critica, attenti alle trasformazioni in atto, veri e propri investigatori della scena artistica, potevano permettersi di comporre liberamente, senza i lacci imposti dall'industria discografica. Per questo avevano fondato una loro etichetta, la Apple Records, che veniva inaugurata proprio con il White Album. Opera ambiziosissima, come detto, in cui coesistevano tutte le anime del gruppo e in cui trovarono pari dignità anche le canzoni di George Harrison, in particolare While My Guitar Gently Weeps (in cui cedette l'"a solo" all'amico Eric "slowhand" Clapton) e persino di Ringo Starr. George Martin, il loro produttore e arrangiatore, aveva consigliato di pubblicare solo la metà dei brani; ma pur nella loro incompiutezza musicale, anche quelli considerati meno riusciti sono serviti a confezionare un'opera unica nel suo genere.
A quarant'anni di distanza l'ascolto di questo disco rende evidenti i cambiamenti verificatisi nella musica leggera. E non si tratta di cambiamenti sempre migliorativi. Quale disco potrebbe oggi contenere un brano onirico come Dear Prudence insieme con una canzone in stile anni Trenta come Honey Pie? Quale gruppo sarebbe oggi talmente libero da poter inserire in un cd un brano come Revolution 9? Attualmente i prodotti discografici appaiono per lo più standardizzati, stereotipati, ben lontani dalla creatività dei Beatles, che peraltro incidevano con apparecchiature tecniche rudimentali se rapportate a quelle odierne. E sebbene la tecnologia oggi venga in soccorso - anche troppo - del talento, esperienze d'ascolto come quelle offerte dai Beatles sono davvero rare.
Più orientata a sfornare modelli consumistici musicali, soprattutto a livello d'immagine, che a produrre musica vera e propria, l'industria discografica sacrifica troppo spesso fantasia e creatività. I Beatles agli inizi degli anni Sessanta si proposero come modello attraverso la loro musica, diventando solo con l'arrivo del successo personaggi da emulare. La loro rivoluzione passò prima di tutto attraverso le canzoni. Era la loro musica a essere originale ancor prima del loro abbigliamento o del loro taglio di capelli. Rappresentarono certo anche un fenomeno di costume, ma sostenuto soprattutto dal valore creativo della loro produzione musicale.
Se ancora oggi, su scala planetaria, ci sono ragazzi - oltre che nostalgici ultraquarantenni - che acquistano e ascoltano i dischi dei Beatles vuol dire che, al di là delle mode del momento, resta il fascino delle loro canzoni. Di quella strana alchimia di suoni e parole che probabilmente non si è più realizzata nella storia della musica leggera, nemmeno nei suoi episodi più felici.
Non che all'epoca, nel 1968 e giù di lì, i Beatles fossero amati da tutti. Molti, soprattutto negli ambienti più duri della contestazione giovanile, li consideravano troppo sdolcinati e intimistici, preferendo espressioni più ruvide o ritenute più "impegnate" del rock. Ma il tempo ha dato ragione ai quattro ragazzi di Liverpool. E mentre di molti gruppi di allora si è persa traccia, la stella dei Beatles appare ancora intramontabile. Malgrado permanga nella pubblicistica una grande sproporzione tra agiografia e analisi, è indubbio che il loro vero talento risiedeva nell'ineguagliata capacità di comporre canzoni popolari (pop) con quella sorta di euforica leggerezza che costituisce un autentico marchio di fabbrica. E il White Album, pur nella sua eclettica unicità, non sfugge a questa regola. Quarant'anni dopo resta una sorta di magico florilegio musicale: trenta canzoni da sfogliare e ascoltare a piacimento, certi di trovarvi delle perle a tutt'oggi inarrivate.

(©L'Osservatore Romano - 22 novembre 2008)

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Cher: nel 2009 un disco di cover anni Sessanta     clicca qui

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Video : Sarah Dylan at the Reverb                         clicca qui

 

 
Domenica 7 Dicembre 2008

NEIL YOUNG

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a
Sabato 6 Dicembre 2008

Concerti, Bob Dylan: tre date in Italia ad aprile 2009    clicca qui

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EUROPEAN SPRING TOUR 2009

29 le date già confermate , delle quali tre in Italia , Milano , Roma e Firenze :

3/23 Stockholm, Sweden - Globen
3/25 Oslo, Norway - Spektrum
3/27 Jönköping, Sweden - Kinnarps Arena
3/28 Malmö, Sweden - Malmö Arena
3/29 Copenhagen, Denmark - Forum
3/31 Hannover, Germany - AWD Arena
4/1 Berlin, Germany - Max Schmeling Halle
4/2 Erfurt, Germany - Messehalle
4/4 München, Germany - Zenith
4/5 Saarbrücken, Germany - Saarlandhalle
4/10 Amsterdam, The Netherlands - Heineken Music Hall
4/11 Amsterdam, The Netherlands - Heineken Music Hall
4/12 Amsterdam, The Netherlands - Heineken Music Hall
4/14 Basel, Switzerland - St. Jakobshalle
4/15 Milano, Italy - Mediolanum Forum ? ( probabilmente Datchforum di Assago )
4/17 Rome, Italy - PalaLottomatica
4/18 Florence, Italy - Mandela Forum

4/20 Geneva, Switzerland - Geneva Arena
4/21 Strasbourg, France - Zenith
4/22 Brussels, Belgium - Forest National
4/24 Sheffield, England (UK) - Sheffield Arena
4/25 London, England (UK) - O2 Arena
4/28 Cardiff, Wales (UK) - Cardiff International Arena
4/29 Birmingham, England (UK) - National Indoor Arena
5/1 Liverpool, England (UK) - Echo Arena
5/2 Glasgow, Scotland (UK) - SECC - Clyde Auditorium
5/3 Edinburgh, Scotland (UK) - Edinburgh Playhouse
5/5 Dublin, Ireland - O2                                                                                                                         5/6 Dublin, Ireland - O2

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COMO - LIGHT OF DAY EUROPE BENEFIT 2008

Tutto in una sera, tutti su un palco. Un palco piccolo, per grande
musica.
Ci sono sedie, microfoni con calze della befana appese, luci
sapienti, a guidare il feeling fra palco e pubblico, una tastiera e
tante, tante chitarre.
Corde suonate nei modi più strani: la pennata nervosa di Malin,
quella folk di D'Urso, il tocco newyorkese di Nile, il chitarreto di
David Bielanko, la chitarra generosa di Lorenzo Semprini, quella
blues di Fecchio e quella folk di Parodi. Ma, anche, la tastiera,
sfiorata con grazia decisa e personalità da Christine Smith, o resa
viva da Nile in Streets of New York.
Ancora, le voci: vibranti di impegno, sporche di strada, ironiche,
fra rock e punk, e liriche nei riflessi delle mille esperienze di
tante vite. Un amalgama perfetto, che si impreziosisce ancor più,
quando una voce entra nella canzone di un altro, con rispetto e
affetto.
Ognuno ha a disposizione cinque pezzi, rigorosamente seguendo un
ordine; eppure troviamo un filo conduttore fra Semprini, D'Urso,
Nile, Malin e i Marah. Le voci e le corde e i suoni al servizio della
Musica, il passato dei grandi vecchi, il futuro di giovani che sanno
imparare. E il pubblico che canta in coro The River dimostra di aver
capito tutto...

E, sul tutto, il calore di artisti che sono prima di tutto persone,
che prima del concerto non si sottraggono a firme e foto con tutti,
che dopo il concerto distribuiscono ancora sorrisi, nonostante il
viaggio di dieci ore, la stanchezza per la serata precedente, il
traffico e la nebbia.
Ma, anche, l'affetto ammirato di un pubblico attento, partecipe,
quasi incredulo di trovarsi davanti a tanta qualità tutta insieme, in
un'epoca in cui la qualità è merce rara e preziosa. E felice di poter
contribuire ad aiutare chi soffre.
Uscire nel freddo della notte di dicembre sembra più facile... La
vita sembra più facile, dopo una sera così. Come se la light of day
non si fosse mai spenta.

ciao
lalab

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Expecting Rain chiede soldi :

If you are a regular visitor, you have seen this before. Twice a year, I ask for your help in keeping this site alive. Many send links, many help make the discussion forums a fine place to be (special thanks to the moderators!), and now is your chance to help me cover the expenses. If you like to see the site continue, please indicate it by clicking the PayPal button and sending what you feel is right for you, if you can.
My thanks to: Janet Kafka, John Foyle, Svein Iversen, Pedro Garmendia, Bert Fehlow, Greg Windwick, David Seal, Hanns Peter Bushoff, Andreas Volkert, Dave Holmes, Henk Soeten, Cees van der Werf, Noreen Barney, Brian Steedman, Chris Barnard, Mieko Zuckerman, Asger Schnack, Luis Quevedo, kevin stone, kim tjellesen, Antonio Iriarte, manor folsom, Mads Grubbe Hansen, Justin Maxwell, Sean McArdle, Sergio Arturo Zurita Chávez, Liamy Mac Nally, stefano moroni, brian strait, edward grazda, David Haywood, david winans, Daniel Svensson, Manfred Schwarz, Kevin Jackson, William T Vogt Jr, Renaud Depierreux, cornelia grosch, Ligia Kussama, Haldun Erol, Stephen Bailey, Lynne Gray, Jon Olson, Betty Bidelman, Patrick Bauer, Daniel Kortmann, Reinier Vanderpot, Susan Jacque, Linda Povey, Felix Epper, Arie de Reus.

Questo è l'annuncio di richiesta fondi apparso oggi su Expecting Rain , permettetemi di garantirvi che questo non succederà mai su Maggie's Farm.

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Morta Odetta, la regina del folk impegnato                                                         clicca qui

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"STREET FIGHTING MAN proteste, rivoluzioni e novità nel rock del '68"   clicca qui

 

a
Venerdi 5 Dicembre 2008

European tour 2009

March 23, Stockholm, Sweden-- (Monday)
Globen
Capacity: 13,850

March 27, Jönköping, Sweden-- (Friday)
Kinnarps Arena
Capacity: 8138

March 28, Malmö, Sweden-- (Saturday)
Malmö Arena
Capacity: 15,000

March 29, Copenhagen, Denmark-- (Sunday)
Forum - Capacity for this show: 8000
Showtime: 8:00 PM
Ticket prices: DKK 550,00 - standing on floor, DKK 55,00 - side balcony seated reserved, DKK 495,00 - North balcony seated reserved
Tickets will go on sale to the general public through www.billetlugen.dk on Tuesday, December 9

April 24, Sheffield, England (UK)-- (Friday)
Sheffield Arena
Showtime: 7:30 PM
Reserved seating
Ticket prices: £42 and £37
Tickets will go on sale to the general public through Ents24.com on Friday, December 5 at 9:00 AM
Ents24.com phone sales: 0844 248 5050
VIP ticket package is available through the Sheffield Arena's commercial Department
The VIP ticket package includes a ticket in a prime location, dinner before the show and complimentary parking
VIP ticket price £130

April 25, London, England (UK)-- (Saturday)
London Dockland Arena
Reserved seating
Ticket prices: £47.50, £42.50, £37.50
Tickets will go on sale to the general public on Friday, December 5 at 9:00 AM

April 28, Cardiff, Wales (UK)-- (Tuesday)
Cardiff International Arena
Location: Mary Ann Street
Showtime: 7:30 PM
Ticket prices: £42.50 (reserved on sides and rear) and £40 (GA standing on floor)
Tickets will go on sale to the general public through Ents24.com on Friday, December 5 at 9:00 AM
Ents24.com phone sales: 0844 248 5050

April 29, Birmingham, England (UK)-- (Wednesday)
National Indoor Arena (NIA)
Location: Mary Ann Street
Showtime: 7:30 PM
Reserved seating
Ticket prices: £42 and £37
Tickets will go on sale to the general public through Ents24.com on Friday, December 5 at 9:00 AM
Ents24.com phone sales: 0844 248 5050
Tickets will also be available through The Ticket Factory on Friday, December 5 at 9:00 AM
The Ticket Factory phone sales: 0844 33 88 000

May 1, Liverpool, England (UK)-- (Friday)
Echo Arena
Capacity: 11,000
Showtime: 7:30 PM
Reserved seating
Ticket prices: £42 and £37
Tickets will go on sale to the general public through Ents24.com on Friday, December 5 at 9:00 AM
Ents24.com phone sales: 0844 248 5050


May 2, Glasgow, Scotland (UK)-- (Saturday)
SECC - Clyde Auditorium (The Armadillo)
Location: Finnieston Street
Showtime: 7:30 PM
Reserved seating
Ticket prices: £42 and £37
Tickets will go on sale to the general public through Ents24.com on Friday, December 5 at 9:00 AM
Ents24.com phone sales: 0844 248 5050

May 5, Dublin, Ireland-- (Tuesday)
The O2
Showtime: 8:00 PM
There will be an internet presale on Saturday, December 6 at 9:00 AM
Tickets will go on sale to the general public through Ticketmaster Ireland on Monday, December 8 at 9:00 AM

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La Mafia Dylaniana e quei 100 euro maledetti

Collezionisti e dylaniani di tutto il mondo, unitevi. C’è una mafia da abbattere, e la purezza di un culto da proteggere. Anche se la musica è diventata un bene liquido e immediatamente disponibile, c’è ancora un manipolo di feticisti dell’oggetto fisico, disposti a tutto pur di possedere ogni registrazione sul mercato del proprio artista preferito. O quasi. L’industria discografica, con una flessibilità da sistema fiscale, fa infatti pagare a chi è dentro il sistema anche i costi persi a causa di chi ne è uscito a favore del jukebox celestiale, garantito da Emule, Bitorrent ed altri. Non solo per il costo del cd a 20 euro, ma anche per le edizioni deluxe che ormai hanno sfondato quota 100 euro. Gli ultimi ad esserci rimasti molto male, sono i fan di Bob Dylan, per Tell Tale Signs: Rare and Unreleased 1986 - 2006, antologia di outtake, b-side e rare performance live del periodo che va da Oh Mercy fino a Modern Times. Un Dylan ultima maniera insomma, senza molto da aggiungere alla sua immensa, ma con alcune gemme, tra cui la bellissima Mississippi, tra l’altro messa per varie settimane in ascolto in streaming. L’ira dei collezionisti è scattata per la doppia distribuzione che ha avuto questa raccolta: un’edizione due dischi, a 29 euro in Europa, e una a 3 dischi, a 139 euro. Un salto di più di cento euro, per un pugno di canzoni in più, e per l’aggiunta di qualche mini benefit come un singolo in vinile, un poster e un ricco booklet. Troppo poco, secondo loro, per giustificare una differenza di prezzo così esorbitante. Nella psicologia del completista, si tratta di un ricatto: se devo avere tutto, devo necessariamente comprare l’edizione tre dischi. «Le case discografiche stanno tirando la corda», c’è scritto sui forum dei fan, «hanno rotto il patto sociale tra gli artisti e il pubblico», invocando anche il sommo sacrilegio: «Tanto vale scaricare le canzoni da internet, a questo punto». Nessuno però ha avuto parole dure contro Dylan, tutti sanno che His Bobbiness delega tutta la gestione dei suoi affari a un clan di cui si fida ciecamente, preferendo concentrarsi soltanto sulla musica e sulle scalette del suo never ending tour. Un clan che alcuni hanno paragonato alla famosa Mafia di Memphis che controllava, e forse mandava in malora, affari e immagine di Elvis. Quella dylaniana è stata prontamente ribattezza la mafia di Malibu, dove il menestrello di Duluth vive quando non è in giro per il mondo. Il Padrino di questa congrega, accusato se non altro di non avere abbastanza a cuore i fan più fedeli di Bob Dylan, è il suo onnipresente manager, Jeff Rosen, descritto da chi ha avuto modo di incontrarlo (è una figura schiva e invisibile) come un Bill Bob Thorthon più alto e scuro. A lui si sono dovuti rivolgere, ad esempio, Martin Scorsese e Todd Haynes per i due film realizzati su Dylan, Rosen ne ha letto e approvato le sceneggiature, ed è stato sempre lui a porre fisicamente le domande a cui Dylan ha risposto in No Direction Home. Rosen non è però soltanto un sacerdote della chiesa dylaniana, ne cura infatti anche gli affari, fin nella più piccola minuzia, per farsi sì che Bob debba solo mettere una firma. Forse, proprio una di queste firme, messe nella cieca fiducia per il suo collaboratore, rischia di aver spezzato il prezioso filo che lega Dylan a chi lo ha seguito sempre e comunque. Solo per un pugno di dollari.

(fonte: ifgonline.it:)

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Arte/ A Londra i mostra i dipinti di Bob Dylan                        clicca qui

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SCRIVEVANO....

Il nuovo disco si chiama Modern Times Dylan riscopre la classe operaia . Album «innamorato» del vecchio menestrello cesellato di suoni «all’antica» dopo le recenti polemiche scatenate su Rolling Stones.
A cinque anni da «Love and Theft» (uscì nella tragica data dell’ 11 settembre 2001) Bob Dylan torna con dieci nuove canzoni in «Modern Times» che nel titolo e in alcuni dei temi trattati allude chiaramente a Tempi moderni di Chaplin (1936), capolavoro del cinema sulla grande depressione. Di classe operaia Bob parla direttamente in «Workingman’s Blues #2» (Il blues del lavoratore) che attacca così: «C’è la nebbia della sera che cala sulla città / mentre la luce stellare si riverbera sullo specchio del fiume / Il potere d’acquisto del proletariato è andato a fondo / Il denaro sta diventando sempre più debole ed inconsistente / I luoghi che amavo sono ormai un dolce ricordo...».
Per trovare una canzone così fortemente «sociale » di Dylan bisogna risalire a «Infidel » (1983) dove in «Union Sundown » cantava i guasti della globalizzazione: «Le mie scarpe sono fatte a Singapore, la lampada a Taiwan, la tovaglia in Malaysia, la fibbia della cintura in Amazzonia, la camicia che ho indosso nelle Filippine... e sui mobili è scritto "fabbricato in Brasile" dove una donna, sicuramente una schiava, guadagna 30 centesimi». Un ritorno esplicitamente «politico », dunque, ma in un disco che fa anche gridare al miracolo perché è divertente, vario, cristallino, con saggi di bel canto in perfetto stile crooner in cui a dominare è soprattutto il tema dell’amore.
A giudicare dalle canzoni (e dai pettegolezzi) c’è una musa, ovvero una nuova intensa storia sentimentale personale. «Modern Times», che esce oggi in tutto il mondo, è cesellato di suoni «all’antica» e arriva all’indomani di una rovente polemica scatenata dallo stesso Dylan con un’intervista a Rolling Stone, in cui ha accusato la tecnologia di aver distrutto la musica: «Non conosco nessuno che negli ultimi vent’anni abbia inciso un album dal suono decente. Questi dischi moderni sono atroci, la tecnologia appiattisce i suoni, rende tutto statico». E ha aggiunto: «Anche i brani del mio nuovo album sicuramente erano dieci volte migliori quando sono stati suonati in studio rispetto a quello che si potrà ascoltare sul cd . Noi dobbiamo fare ciò che possiamo per difendere i suoni veri combattendo la tecnologia in tutti i modi possibili».
E concludeva con la consueta durezza: «Non mi piace fare dischi, lo faccio malvolentieri, ma ho scritto queste canzoni in stato quasi ipnotico, in una specie di trance. E poi ho la miglior band di sempre, gente che sa cosa voglio». Il nuovo viaggio di Bob Dylan si apre con «Thunder on the Mountain », veloce, epica e sentimentale: «Me ne son stato seduto a studiare l’arte dell’amore / penso che mi calzerà come un guanto / Voglio una qualche donna vera per fare quel che dico» in cui viene evocata in maniera entusiastica, ma anche criptica, Alicia Keys. L’afflato amoroso esplode in «Spirit on the water» romantica, blues, sognante: «Mi ero dimenticato di te ma mi sei apparsa di nuovo... L’ho sempre saputo che eravamo destinati ad essere più che semplici amici...». E l’amore torna in brani come «Beyond the Horizon» .
I fan, fin dai tempi del «tradimento elettrico» di Newport del 1964 sono molto abituati ai suoi cambiamenti di umore e stile. «Modern Times » conferma che Dylan è in perenne movimento fisico, artistico e mentale: da una parte il «Neverending tour», cioè la serie di spettacoli che non si arresta mai, dall’altra un perfetto camaleonte perfezionista. La canzone più emozionante sul piano sonoro e dei testi è forse «Rollin’ and Tumblin’», rock fiorito dai colori sgargianti, che propone versi come « L’amore di una giovane signora ha gettato un incantesimo sulla mia mente...». Insomma il vecchio menestrello confessa in modo rutilante il suo essere innamorato.
Mario Luzzatto Fegiz

(fonte: corriere.it)

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Libri : “Imagine This. Io e mio fratello John Lennon”

 

Julia Baird è nata a Liverpool nel 1947. È la figlia di Julia, madre anche di John Lennon, e del suo compagno Bobby. Laureata in Scienze della Formazione, ha iniziato a lavorare come insegnante di francese e inglese e poi, per quindici anni, si è dedicata all’insegnamento di sostegno per adolescenti emarginati. Julia vive con il suo compagno Roger, ha tre figli grandi ed è appena diventata nonna. Attualmente dirige i tour della città organizzati dal Cavern.

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Non l’ho mai visto come un’icona mondiale. Per me John era semplicemente mio fratello e faceva parte del nostro mondo, mio e di Jackie, un mondo intriso di una profonda nostalgia per nostra madre.
Questa storia ha inizio a Liverpool. È la storia di una famiglia e dei suoi segreti, e di un destino, il più delle volte beffardo. John è ancora un bambino. A soli cinque anni la zia Mimi lo strappa dalle braccia della madre e cerca di tenerlo lontano da quella donna che reputa immorale e inadatta.
Imagine this è la storia di un amore, tra madre e figlio, tenero e struggente che nessuno riesce ad ostacolare. John correrà dalla madre appena potrà. Con lei suonerà i primi accordi, scoprirà nella musica una passione assoluta. Avrà in quella donna e nelle sorelline, nate da una successiva relazione, il suo primo e appassionato pubblico. E quando tutti sembravano convinti che di lì a poco sarebbero diventati finalmente una vera famiglia, la morte della madre scompaginerà quei progetti. L’impatto che avrà su John, diciassettenne, e sulle sorelle sarà devastante. È Julia Baird, la sorella di John, a raccontarcelo. Nelle sue pagine appassionate e toccanti rivivono i primi amori del fratello, la passione per la musica che lo divora, il piccolo gruppo messo insieme già ai tempi della scuola, quando si suonava in bagno, in cucina, ovunque fosse possibile. Ne viene fuori un ritratto affettuoso e inedito, una mappa emozionale puntellata dai primi amori di John, dal matrimonio con Cynthia, dalla scoperta della paternità. E poi arrivano gli anni dei Beatles, il successo planetario. John è di nuovo lontano. Julia può ascoltare la sua voce in radio, vederlo dallo schermo del televisore. Lo cerca affannosamente, spesso senza risultati. Intanto, la fine dei Beatles. Il matrimonio con Yoko Ono che lo allontana ancora di più dalla famiglia, dalle radici. Costruisce una nuova distanza. Non appena i fratelli avranno deciso di ritrovarsi, il destino di nuovo imprimerà una direzione diversa. L’8 dicembre 1980 la morte violenta di John. Un lungo racconto biografico, la storia di un rapporto complicato e tenace. Tutte le emozioni, le scoperte, i traumi, il dolore e la forza necessari per diventare un genio. Un mito. Per diventare John Lennon.


(fonte: giulioperroneditore.it)

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La quotidianità, la musica, le passioni di un adolescente, i primi passi con i Beatles. In “Imagine This. Io e mio fratello John Lennon” Julia Baird racconta tutto questo e ancora di più. L’abbiamo incontrata a Milano durante la presentazione del volume

“Scrivere significa dar senso alla propria vita, tentando di attribuirle una forma e un significato. Far scorrere la penna sulla carta, consegnare pensieri impalpabili a parole concrete, ci permette da una parte di delineare distintamente il nostro mondo e dall’altra di chiarire a noi stessi il posto che abbiamo all’interno di quel mondo. Questo libro presenta il mio tentativo di dar senso alla mia vita e quella del mio fratellastro John” cosi esordisce Julia Baird in “Imagine This. Io e mio fratello John Lennon”. Il racconto di una vita nel tentativo di “correggere i numerosi errori fatti da chiunque abbia tentato di far luce sulla vita e la carriera di John”. Questa l’intenzione dichiarata dalla Baird che con John ha condiviso una madre e alcuni momenti della sua infanzia e adolescenza.

Il libro è una biografia dell’ex Beatles ma anche un’autobiografia di Julia che oggi vive a Liverpool e dirige i tour organizzati dal Cavern, dove i Beatles suonarono per la prima volta nel 1957, anno della sua apertura. Julia parte dal racconto della storia d’amore tra i genitori di John, Julia e Alf, per passare al momento in cui la zia Mimi, sorella della madre, decide che John debba vivere con lei. Alf stava via per lavoro mesi interi e Julia si era costruita una nuova famiglia con Bobby da cui sono nate Julia ( stesso nome della madre) e Jackie. Prima di loro Julia aveva avuto una bimba da una storia extra coniugale con un soldato gallese. La piccola fu data immediatamente in affidamento ma ovviamente incrinò la “reputazione” di Julia in famiglia. Per questo, e per la sua relazione con Bobby iniziata senza che finisse il matrimonio con Alf, la zia Mimi decise che John non dovesse vivere nel peccato e lo portò a casa propria. Questo influì molto sulla vita dell’uomo e dell’artista. Pagina dopo pagina Julia racconta dei primi incontri con John, di quando frequentava casa loro di nascosto dalla zia Mimi e di quando invece ,ormai ragazzo, si trasferiva giorni interi a casa di Julia e Bobby.

Si scoprono i primi rapporti con la musica grazie agli insegnamenti della madre, l’esordio nei Quarry Men e l’incontro tra John Lennon e Paul McCartney. “Il loro incontro ha determinato la nascita di quello che io chiamo il Dream Team” sottolinea Baird “avevano molte cose in comune: scrivevano entrambi le loro canzoni, cosa che ha reso grandi i Beatles, e amavano entrambi stare sul palco. Sono stati una grande coppia fino a che il rapporto non si è incrinato”. Racconta la Baird che nel libro descrive nei dettagli quel primo incontro tra i due giovani di Liverpool. Era il 6 giugno 1957 e i Quarry Men erano ospiti al Festival di Woolton. Paul era li con un amico. Da li è partito tutto anche se, come racconta la Baird, John all’inizio “provava dei sentimenti contrastanti nei confronti di Paul. Si rendeva conto che era più intraprendente di lui nonostante fosse più piccolo. Probabilmente si sentiva minacciato dal carattere socievole di Paul e temeva che potesse interferire nella sua indiscussa leadership all’interno dei Quarry Men. Paul aveva talento e John lo riconosceva ma gli ci volle del tempo prima di accettare il nuovo arrivato“. Questo il video del concerto di quel giorno.

Questa sottile competizione tra i due è forse quello che ha reso grandi i Beatles ma è anche l’aspetto su cui i media hanno sempre spinto, soprattutto dopo la rottura. La stessa Julia Baird durante la presentazione del suo libro si lascia andare ad un commento a mio avviso evitabile: “Qualche sera fa Paul McCartney è stato nominato Leggenda vivente agli Mtv Europe Music Awards 2008 di Liverpool. Sono assolutamente contenta per lui, ma credo che non avrebbe vinto se John fosse stato ancora vivo”. E come si fa a dirlo, mi chiedo. Chi può sapere quale sarebbe stato il percorso di John, quali i rapporti tra i due. Insomma, che senso ha affermare ciò? Questo è il presente: Paul è qui e ha vinto, John resta un grande mito del rock ma purtroppo non è tra noi.

A parte questo commento, il libro è molto interessante perchè ripercorre la vita di John ma anche di un’epoca. Si capisce abbastanza di come funzionava la famiglia in quegli anni, di come vivevano i giovani, delle proteste, degli ideali, del ruolo della musica. Se letto nel modo giusto è un grande arricchimento. Julia infatti da uno spaccato molto affascinante del periodo e della vita di John anche se a volte si lascia andare ad aneddoti banali che sembrano avere un unico obiettivo: sottolineare che lei è la sorella di John Lennon. Sembra voler dimostrare che hanno vissuto momenti quotidiani insieme, che hanno giocato, hanno riso, hanno pianto. Insomma spesso si legge una sorta di giustificazione a tratti comprensibile e a tratti no. Tolto questo leggetelo perchè è ben scritto e molto interessante, soprattutto se amate i Beatles.

(fonte: musicroom.it)

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“Imagine This”: il libro su John Lennon

di Rosy Romano

11 Novembre 2008 -  Julia Baird presenta “Imagine This”
Feltrinelli, Piazza Colonna - Roma

Presenti anche:
Ugo Ricciarelli (scrittore)
Giulio Perrone (editore)
Paolo di Paola (scrittore, presentatore)
Giorgia D’Urso (attrice)

La presentazione di “Imagine This”, scritto da Julia Baird ed edito da Giulio Perrone Editore, ha inizio con la lettura da parte di Giorgia D’Urso di un brano tratto dal libro. E subito siamo catapultati in una situazione familiare piuttosto difficile, in cui Julia e soprattutto John (Lennon), hanno vissuto.

Ugo Ricciarelli, vincitore nel 2004 del premio Strega per il suo romanzo “Il dolore perfetto”, introduce “Imagine This” di Julia Baird.

“Non è facile parlare di questo libro, perchè sono cresciuto proprio in quel periodo in cui i Beatles sono nati e hanno segnato la storia della musica. C’è ovviamente una curiosità mia personale su questo libro che propone un punto di vista particolare sulla vita di John Lennon, e cioè quello della sua famiglia. Devo ammettere che Julia ha avuto un grande coraggio nello scrivere questo libro e regalarcelo, perchè è un libro che ci trasmette allegria, ma anche dolore: il dolore della perdita della madre tra tutti.
Ci sono situazioni parallele nella vita di fratelli che sono il vivere di situazioni con laceranti mancanze.
La vita di John Lennon è stata una vita costellata di questi momenti di profondo dolore. E attraverso le righe di questo libro scopriamo una persona, John, che ha fatto quel che ha fatto attraversando momenti di grande sofferenza. Forse non è un caso che uno dei gruppi musicali, i Beatles, che maggiormente ha segnato una svolta nel mondo della musica, sia costituito da due principali rappresentanti, John e Paul, entrambi orfani di madre.
Son convinto che la sofferenza sia una grande scuola che ti obbliga a farti delle domande. E John, con la sua intelligenza, ha saputo trarre molto da situazioni che avrebbero devastato molti.”

La stessa canzone “Julia” (White Album, 1968), dopo aver letto questo libro, assume un significato particolare.

Half of what I say is meaningless / metà delle cose che dico non hanno senso
But I say it just to reach you, Julia / ma le dico solo per raggiungerti Julia
Julia, Julia, oceanchild, calls me / Julia, figlia dell’oceano mi chiama
So I sing a song of love, Julia / così canto una canzone d’amore Julia
Julia, seashell eyes, windy smile, / Julia occhi di conchiglia, sorriso di vento
calls me / mi chiama
So I sing a song of love, Julia / così canto una canzone d’amore Julia
Her hair of floating sky / i suoi capelli di cielo fluttuante
is shimmering, glimmering, / luccinano, scintillano
In the sun / nel sole
Julia, Julia, morning moon, touch me / Julia, luna del mattino, toccami
So I sing a song of love, Julia / così canto una canzone d’amore Julia
When I cannot sing my heart / quando non posso cantare il mio cuore
I can only speak my mind, Julia / posso solo far parlare i miei pensieri
Julia, sleeping sand, silent cloud, / Julia sabbia sepolta nuvola silenziosa
touch me / toccami

“Il brano è dedicato alla madre Julia” commenta Ricciarelli. Rileggendo il testo della canzone si percepisce un affetto mancato e la malinconia di qualcuno che vuole esser chiamato e toccato.
‘Imagine This’ è un libro interiormente molto difficile. Potrebbe essere visto come un romanzo di una saga particolare: un esempio ne è la zia Mimi, che in punto di morte confessa a Julia, la sorella di John, “ho paura di essere stata troppo cattiva”.
Una famiglia dove succedono cose, ma nessuno ne parla, tanto che gli stessi figli non sanno della morte della madre.
‘Imagine This’ è un libro imperdibile: è una vista sulla dimensione meno nota di John Lennon, necessaria a comprenderne il mito soprattutto per chi ha vissuto direttamente l’epoca dei Beatles. Ma anche per i più giovani è un ottima occasione di conoscere un personaggio che ha preso su di sè il senso di un periodo ed ha scritto canzoni indimenticabili, come appunto ‘Imagine’.”

Julia Baird ringrazia Ugo per la bellissima introduzione che l’ha commossa, ringrazia il suo editore, ringrazia noi per essere accorsi alla presentazione del suo secondo libro, ringrazia la sua traduttrice e tutti coloro che le sono stati accanti in questa settimana trascorsa a Roma.

“Non è stato facile scrivere questo libro”, confessa Julia. “E’ il mio secondo libro. Il primo l’ho scritto nel 1986. Questo è un’espansione di quel libro ed il motivo che mi ha spinto a scriverlo è stato uno solo: raccontare la verità.
Cinque anni dopo la morte di John, nel 1985 fu trasmesso in TV un documentario su di lui, pieno di inesattezze, ma soprattutto falsità. Mi son detta ‘Se sbagliano dopo soli cinque anni dalla sua morte, cosa diranno dopo?’. E così, in risposta a quel documentario, ho deciso di scrivere questo secondo libro.
Tutto quello che racconto qui è stato frutto di conversazioni con mia zia Mimi“, sorella di mezzo della madre Julia. “In famiglia c’è sempre una persona che sa tutto di tutti. Nel mio caso era lei.
Io ho sempre fatto molte domande, ma non ho mai ricevuto risposte da lei se non ‘Riguarda tua madre’, oppure ‘No questo è troppo doloroso’ oppure ‘ Non ho voglia di parlarne’. Ma 18 mesi prima della sua morte, avvenuta nel 1997, quando fisicamente stava già cedendo, ma mentalmente era lucidissima, mia zia Mimi ha finalmente deciso di parlare. E così mi ha raccontato la stessa identica storia fino al giorno della sua morte. Io le ho chiesto se aveva raccontato ad altri quelle cose, ma lei disse di no. Non potevo registrare quello che diceva. L’unica cosa che potevo fare era quella di ascoltare e cercare di ricordare il più possibile.”

Ma la zia Mimi non è stata l’unica fonte di questo libro.

“Quando dico che ho osato, intendo dire che ho ricercato le persone più vicine a John. Una di queste era David Ashton, il suo amico d’infanzia. Non è stato difficile trovarlo grazie ad Internet e lui è stato contentissimo di parlare con me di John.
Ha trascorso qualche tempo a casa mia, raccontandomi di quanto John fosse affezionato alla sua famiglia.” e aggiunge “L’unico modo per scrivere la storia di una persona che non c’è più, è quella di parlare con le persone che gli sono state più vicine. E’ così che ho compreso John come fratello minore. Ho scoperto di quanto fosse ’scapestrato’ a scuola, cosa che in famiglia non si sapeva. Queste persone hanno dato un grande contributo a questo libro.”

Dal pubblico giunge la domanda successiva: “A 30 anni dalla morte di John, quanto pensa che il mondo si sia avvicinato o allontanato dalla sua visione?”

“I francesi hanno un modo di dire molto particolare a riguardo e cioè, più le cose cambiano, più rimangono uguali. Mi guardo in giro e vedo ragazzi che vanno per negozi a fare shopping, mentre il mondo è devastato da guerre e povertà. Io vi dico “smettete di fare shopping! scendete in piazza! protestate!”.
Noi scendevamo in strada quando qualcosa non andava, protestavamo contro il governo. Perciò svegliatevi! Se John fosse qui sarebbe sicuramente in prima linea, a lottare per i diritti dei più deboli”.

Ma giunge anche una domanda poco gradita alla Baird, ovvero “Yoko Ono è stata una buona moglie?”. Lei, stizzita, piuttosto contrariata, risponde “dopo la domanda sulle proteste non è una buona domanda”. No comment.
E questo la dice lunga sul rapporto tra la coppia John/Yoko e la sua famiglia. Sposando Yoko, John infatti si allontanò dai suoi cari, dalle sue radici, costruendo una nuova distanza.

“Ripensando al repertorio di John come solista e a quello dei Beatles come gruppo, viene da pensare ad un testo come quello di ‘Mother’ (John Lennon/Plastic Ono Band, 1970) in cui John affronta il tema materno per la prima volta“, commentano dal pubblico.

“Sicuramente è vero. I Beatles come gruppo di 4 erano molto legati, nel senso che difficilmente riuscivano ad esprimersi come singoli. Quando nel 1966 hanno smesso di esibirsi e successivamente si sono sciolti, ognuno ha tentato strade diverse.
John si è dato al cinema, Paul ha composto un album da solista, George se n’è andato in India. Poi John ha sposato Yoko e”, indicando la persona che le aveva fatto la domanda precendente “qui ritorno a lei. Yoko era una persona molto eccentrica di cui John aveva bisogno per poter esplodere ed esprimersi.”

“John è stato una guida per molti. Noi giovani, come ha detto lei, sembriamo addormentati, ma ultimamente ci siamo svegliati e scendiamo in piazza, visti gli ultimi eventi politici del nostro paese”, commenta una giovane dal pubblico “Cosa possiamo fare oltre a protestare in piazza per farci sentire?”

“Vorrei tanto avere la risposta”, sospira Julia. “E’ difficile riuscire a cambiare le cose perchè ciascuno di noi è in grado di fare solo piccole cose. In giro c’è molta corruzione, ma possiamo vedere oltreoceano una luce di speranza, Obama, come ai tempi di John fu Kennedy.
Obama è tornato a parlare di diritti razziali (come già fecero Kennedy e Martin Luther King, nda). Ma cosa possiamo fare o dire sulla guerra in Afghanistan, in Iraq.
John cantava “Give Peace a Chance”. Insieme a Bob Geldof, John si è mosso contro la fame nel mondo, ma 20 anni dopo Bob Geldof è tornato in Africa e ha trovato tutto come prima. Che fine avevano fatto i miliardi e miliardi che avevano raccolto?
Per cui tutto diventa una situazione politica e questo va cambiato. Dobbiamo guardare indietro nel tempo, alla Filosofia Greca, a Platone e chiederci ‘Ma come facevano loro’? Io non ho le risposte, ma sicuramente ci sono tante bugie in giro. Ad esempio, quando in Inghilterra ci fu lo sciopero di oltre 3 milioni di persone che paralizzò completamente il paese, le tv ne riportarono solo 1 milione. Abbiamo bisogno di un leader. Abbiamo bisogno tutti, negli Stati Uniti, in Inghilterra, ovunque, di fermarci e smettere di lavorare. A nessuno piace scioperare. Ma guardiamo quello che è successo ieri”, riferendosi allo sciopero dei trasporti, “Bisogna fare in modo che le cose cambino.”

Lasciandoci alle spalle proteste e diritti, arriva una nuova domanda, più personale: “Ha voglia di condividere con noi il suo ricordo più bello di John?”

“Sicuramente il periodo della nostra infanzia, con io, John, mia sorella, nostra madre e nostro padre in giardino, in cucina, nel parco.
Ricordo poi, nel 1974, una telefonata da mia zia che mi diceva che John stava cercando le ragazze (the gals), ovvero me e mia sorella Jackie. Aspettai fino a mezzanotte per potergli telefonare e parlammo ininterrottamente per 4 ore. Parlammo di molte cose, della famiglia, delle figlie di mia sorella Jackie, ma mai dei Beatles. Abbiamo avuto il tempo di sorridere e di piangere. Se penso a John, penso ai periodi trascorsi in famiglia. Per voi è John Lennon, per me era solamente John, mio fratello.”

Sulla quarta di copertina leggiamo:

“Non l’ho mai visto come un’icona mondiale. Per me John era semplicemente mio fratello e faceva parte del nostro mondo, mio e di Jackie, un mondo intriso di una profonda nostalgia per nostra madre. Era un genio traumatizzato. Traumatizzato esattamente per la stessa ragione per cui lo eravamo noi, le sue sorelle: la perdita di nostra madre”.

“John di fatto è stato una guida spirituale per molti. Prima di fare una scelta o prendere una decisione si confrontava preventivamente con la sua famiglia?” chiedono dal pubblico.

“Nelle nostre conversazioni”, risponde Julia, “abbiamo parlato di Dio, di nostra madre e della nostra guida spirituale. Penso che John fosse una persona molto pratica. Con la sua musica ha spinto intere generazioni ad uscire in strada: lui ne era capace. La sua guida spirituale è stata Gandhi e la sua ‘non violent protest’ in cui lui ha sempre creduto”.

Non c’è altro da aggiungere se non quello di consigliarvi la lettura di questo libro che vi darà modo di affacciarvi sulla finestra del lato meno noto della vita di uno dei più grandi personaggi dello scorso secolo.

Grazie Julia per questo regalo.

(Fonte: musiczone.it)
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McCartney: ‘ I reality sono come un incidente stradale’.        clicca qui

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I GRUPPI MITICI.....

Spencer Davis Group - Gimme Some Lovin    clicca qui

 

a
Giovedi 4 Dicembre 2008

European tour 2009

Dylan conferma lo show del 5 Maggio 2009 a Dublino                  clicca qui

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5 Aprile 2009  - annunciato show di Dylan a Saarbruecker          clicca qui

15 Aprile: Milano Datch Forum

17 Aprile: Roma Palalottomatica

18 Aprile: Firenze Mandela Forum

Show in Israele nel giugno 2009 ?                                                    clicca qui    

N.B. non ci sono ancora conferme ufficiali per questi show

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TTS - The Dylan Watch

by Lawrence Epstein

Il nuovo album di Bob Dylan “Tell Tale Signs” è l’ottavo della serie “Bootleg” , ed è composto da takes di studio scartate da “Oh Mercy” , “Time out of mind” e “Modern Times”, canzoni non pubblicate , contributi a colonne sonore e qualche performance dal vivo. Il materiale è disponibile in un set supercostoso di tre CD + libro o nell’opziome a due CD per gli ascoltatori non ossessionati.
A dispetto delle diverse fonti delle canzoni , il tono dell’album da un senso di unità. Lo semplicità delle canzoni è inesorabile. Il palpabile senso di apocalisse che ne esce a ricorda i tempi di profonda confusione della crisi economica nazionale che trasforma “Tell Tale signs” in un altro argomento sul talento profetico di Dylan.
Se c’è qualche rilievo da fare , viene dall’immersione di Dylan nel blues e nella musica folkloristica americana. In questo album esegue  le cover di “30-20 blues” di Robert Johnson , “Miss the Mississippi” scritta da Bill Halley nella versione country di Jimmy Rodgers ed in duetto con Ralph Stanley “The lonesone river”.
Alcuni pezzi potevano essere evitati perchè il materiale che appariva sui precedenti album era già liricamente definito e completo , ma avere la possibilità di ascoltare gli sviluppi di Dylan è una vera opportunità di seguire l’evoluzione delle canzoni. C’è anche qualche puzzle. Non so immaginare perchè “Red river shore” è stata esclusa da “Time out of mind”, la canzone è la migliore di questo album , anche le tre versioni di Mississippi sono davvero buone. Una versione di questa canzone appare su “Love and Theft” , ma le tre versioni proposte qui non erano mai state pubblicate , mi piace la semplice prima versione che apre l’album.

Il Bob Dylan che ha registrato questo materiale non è il Bob Dylan degli anni 60’. Le liriche sublimi se ne sono andate da molto tempo , rimpiazzate da testi che molto raramente necessitano di una interpretazione. Sono il pianto diretto del cuore. Dylan sembra aver paura che tutto il suo talento sia sparito , che il suo mondo non abbia più senso , quell’amore è finito e non tornerà più , e che sicuramente  quel mondo spirituale che ha in mente sta diventando la sua casa e che di certo sarà meglio del solitario paesaggio nel quale si muove in questo album.
Su tutto questo , il feroce e triste lamento delle canzoni che costituiscono un richiamo al coraggio per se stesso e per tutti gli altri che hanno sperimentato abbondantemente la loro vita come un mistero continuo , con punti tragici e felici , un mistero decisamente al di là  di ogni umana soluzione.
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Libri : Like a rolling stone, Bob Dylan, una canzone, l'America

Il sottotitolo del libro Like a rolling stone, "Bob Dylan, una canzone, l'America", ne spiega esattamente l'argomento: una monografia sulla canzone che la rivista Rolling Stone ha giudicato la più bella di tutti i tempi, su come è nata e sulla storia dei musicisti che l'hanno incisa. Più in generale il libro intreccia la storia di Dylan, con quella dell'America che ascoltava le sue canzoni. Quella generazione che secondo quanto afferma Greil Marcus "ora sta vivendo sulle ceneri degli anni '60, noi tutti siamo sommersi di anniversari nostalgici, quasi come per far sentire in colpa, ad esempio, non solo chi non andò a Woodstock, ma persino chi non era neanche nato. Se leggendo il libro vi sentite in colpa anche voi, vuol dire che ho fallito."
Invece Marcus ha vinto la sua sfida, il libro è una macchina del tempo, capace di trasportare il lettore in un'altra epoca, riuscendo a farci ascoltare in sottofondo le canzoni che l'hanno ispirata e quelle presenti nella Top 40 dell'anno 1965.
Nonostante Like a rolling stone contenga l'esperienza della musica precedente (il folk, il blues, il delta blues) e preannunci la musica futura (il rock, il punk), le "istituzioni" del folk e molti fan non hanno perdonato a Dylan il passaggio dal folk al rock. Ne è riprova il grido "Judas!" ("Giuda", nel senso di traditore) durante il suo primo concerto elettronico.
Eppure Dylan ha sempre adorato i suoi fan, gli piace sentire che il pubblico apprezza la sua esecuzione e questa può essere una delle cause che lo sta portando a proseguire il Never Ending Tour, ma Marcus ci spiega anche che "Dylan è uno sperimentatore, sempre alla ricerca dell'esecuzione perfetta, della canzone che sta dentro alla canzone".
Dylan è un artista vero e completo. Ecco in che termini Marcus parla del primo volume dell'autobiografia di Dylan (Chronicles in uscita per Feltrinelli) : "Mi ha impressionato la sua prosa, non ha niente da invidiare a Mark Twain o a Wilbur Smith. È crudele che una sola persona abbia così tanto talento in diverse arti."
Like a rolling stone è un singolo che dura 6 minuti, negli anni '60 lo standard era 3 minuti - durata perfetta per la radio e per i dischi (i 45 giri) - conseguentemente nel primo disco la canzone era divisa a metà fra i due lati ed in radio venne tagliata a 3 minuti, almeno fin quando qualcuno non scoprì che dopo la dissolvenza forzata la canzone continuava, a quel punto le radio vennero assalite da telefonate di ascoltatori desiderosi di ascoltare cosa avvenisse dopo quei 3 minuti. Insomma il successo della canzone è anche derivato da una curiosa e fortunosa operazione di marketing.
Secondo Marcus una delle caratteristiche che rende grande questa canzone è "il suo movimento che si unisce alla storia dell'America, attraversata da una pietra rotolante, da Boston in giù, composta da pionieri e disperati, immigrati che hanno una speranza, quella che deriva dal detto Ogni uomo può diventare il Presidente. Da qui nasce il sogno Americano."
A queste parole aggiungerei che Like a rolling stone cerca di incrinare questo sogno, porta alla luce alcune incongruenze della società americana, anche per questo rimane una canzone di protesta. Infatti essa sembra narrare, in maniera allegorica, la storia di una donna ricca ormai in completo declino ed alcuni hanno voluto vedere nella donna la personificazione della società americana di quegli anni, combattuta fra la guerra in Vietnam e il problema dell'integrazione razziale, la guerra fredda e l'assassinio dei due Kennedy, di Luther King e Malcom X.
Greil Marcus analizza il testo parola per parola, la musica nota per nota così scopriamo che la canzone inizia come una favola (C'era una volta) e si conclude come un dramma (Sei invisibile ora, non hai segreti/da nascondere) e che "la una canzone non sembra costruita, non c'è un movimento verso un crescendo, è lì ora, completa, immediatamente percepibile".
Il libro non parla solamente del passato ma anche dei giorni nostri, di tutti quei musicisti che hanno suonato, utilizzato, citato nuovamente Like a rolling stone. Fra tutti questi artisti Marcus dedica ampio spazio alla canzone Come una pietra scagliata degli Articolo 31. La spiegazione di questa citazione è stata data direttamente da Marcus: "Una parte della canzone italiana è usato, nel film scritto da Dylan Masked and Anonymus, come sottofondo della scena nella quale si mostra Los Angeles desolata e distrutta. Come una pietra scagliata è anche inserita nella colonna sonora del film, perchè è una canzone che a Dylan piace molto".
Probabilmente Dylan si sente come noi quando ascoltiamo l'originale inglese: non riusciamo a comprendere completamente il senso del testo, esso ci viene trasmesso dalla musica, dal ritmo e dalla melodia. Uno dei grandi poteri della Musica...

di pavese78

(fonte: ciao.it)

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Like A Rolling Stone: I tempi di una canzone

La corsa non era solo tra i Beatles, Bob Dylan e i Rolling Stones e chiunque altro. Il mondo del pop era in gara con un mondo più vasto, il mondo delle guerre e delle elezioni, il lavoro e lo svago, i poveri e i ricchi, i bianchi e i neri, le donne e gli uomini: nel 1965 potevi sentire che il mondo del pop stava vincendo.

I crocevia di sui si parla nel titolo originale di Like A Rolling Stone, oltre a richiamare un altro personaggio leggendario della storia del blues e del rock'n'roll, Robert Johnson, illustrano decisamente meglio le svolte affrontate da Bob Dylan nel 1965. E' attorno a quell'anno che maturano alcune delle scelte, molti imprevisti e altrettante decisioni che cambieranno la storia della sua vita, ma anche quella del rock'n'roll. Like A Rolling Stone, fedele al concetto espresso da Greil Marcus nella parte centrale del libro ("La canzone è un suono, ma prima di questo è una storia. Ma non è un'unica storia") diventa allora il cardine attorno a cui ruota tutto l'immaginario pubblico e giovanile (ma non solo) di un'intera epoca. La ricostruzione è minuziosa ed estremamente articolata perché gli snodi di Like A Rolling Stone, proprio come nella canzone, sono tanti e importanti. Tra gli antefatti vanno elencati la crisi dei missili di Cuba nel 1962 (il mondo sull'orlo dell'apocalisse e Bob Dylan che canta A Hard Rain's A-Gonna Fall), la bellissima epigrafe di Allen Ginsberg (tratta da Western Ballad) e l'assassinio di JFK. Nelle conclusioni c'è una dettagliatissima rivisitazione delle session che portarono a Like A Rolling Stone, giorno per giorno, take dopo take. Tra questi due estremi, Greil Marcus, più divulgativo e meno intricato che nei suoi precedenti studi, riesce ad illustrare con chiarezza perché, in quel preciso momento storico "nessuno ascoltava la musica alla radio come se facesse parte di una realtà separata", e dove hanno portato quei crossroads che, proprio con Like A Rolling Stone, Bob Dylan, e con lui tutto un mondo, si trovò davanti.

Marco Denti

(fonte : lettera.com)

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da La Stampa

Dylan, sei minuti che fermarono il mondo
di Giovanni De Luna
Le canzoni che raccontano la storia? Facile, tutte quelle che mettono in musica gli eventi del passato (Stalingrado degli Stormy Six, tanto per fare un esempio). Le canzoni che ci aiutano a conoscere la storia, che possiamo usare come documenti storici? Facile anche questo: tutte quelle (da Casetta in Canadà a Azzurro) che ci restituiscono lo spirito della loro epoca. E le canzoni che fanno la storia? Questo è più difficile. Non sono molte, infatti, quelle che sono riuscite a costruire identità e appartenenze, a determinare scelte e comportamenti collettivi, ad essere insomma ricordate come «agenti di storia». Ora un libro anomalo e affascinante ce ne consegna finalmente una, l'incredibile, perfetta, unica Like a Rolling Stone di Bob Dylan, ripercorrendone l'itinerario musicale, le sue varie edizioni (citando in particolare quella degli Articolo 31 del 1998), ma investigando anche sulla sua ricezione, sull'impatto che ebbe sul pubblico, sulla sua capacità di «cambiare il tempo». I sei minuti e sei secondi della canzone risuonarono per la prima volta a New York, il 16 giugno 1965, un anno prodigioso in cui i Beatles (Eight Days a Week, Yesterday), i Rolling Stones ((I Can’t Get No) Satisfaction), e lo stesso Bob Dylan si superavano a vicenda mese dopo mese, in cui «nessuno ascoltava la musica alla radio come se facesse parte di una realtà separata», in cui «ogni nuovo successo sembrava pieno di novità, come se la sua meta non fosse soltanto la vetta delle classifiche, ma fermare il mondo nei suoi solchi e poi rimetterlo in moto». Come scrisse il compositore Michael Pisaro nel 2004, «quell'epoca sembra essere stata l'ultimo momento nella storia americana in cui il paese avrebbe potuto cambiare, fondamentalmente, in meglio». C'erano 27 mila soldati americani in Vietnam nel marzo 1965: alla fine dell'anno sarebbero diventati 170 mila. A Selma (Alabama), in gennaio la polizia fu particolarmente dura contro le marce per il diritto di voto; la questione razziale esplose con fragore, alimentando le rivolte dei ghetti neri culminate nell'eccidio di Watts, un sobborgo di Los Angels, in cui l'intervento della polizia provocò 34 morti. Nei confronti di questo tumultuoso affiorare di una nuova America, segnata da quella struggente speranza di cambiamento che accese il grande falò del movimento dei diritti civili, la canzone di Bob Dylan si presenta oggi come una sorta di contatore Geiger che sviluppa una volontà tutta sua, «oscillando tra il tentativo di registrare il terremoto che sta per arrivare e il tentativo di farlo accadere. Questo è il punto in cui la canzone rivendica l'eternità». Like a Rolling Stone fu un testo, fu una musica, un sound in cui Bob Dylan riuscì ad appropriarsi di un sincretismo di linguaggi musicali, «legando Robert Johnson al rap, Woody Guthrie al punk» (come scrive Andrea Mecacci nell'efficace postfazione). Ma quella canzone fu soprattutto la voce di Bob Dylan, il cui suono, secondo le parole del critico Robert Ray, «ha cambiato molto più le idee politiche delle persone sul mondo di quanto abbia fatto il suo messaggio politico». Poco importa quello che è successo, dopo, nella vita del cantante; poco importa se quest' estate, davanti al ranch di Bush, a protestare contro la guerra in Iraq c'era ancora e sempre Joan Baez e lui non c'era. Quella canzone resta e ci inchioda tutti a quei versi che allora risuonarono profetici, oggi le stimmate di un'attualità velata di irresistibile mestizia: «...How does it feel?........ No direction home/Like a complete unknown/Like a rolling stone».

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da Il Manifesto

"Like a rolling stone" l'eterno ritornello di una strana canzone

Un incontro con Greil Marcus che ha scritto la «biografia» del brano più noto dell'artista che domani apre a Bologna il tour italiano. Registrato oltre 40 anni fa, è anche un modo per ripensare alle menzogne e alle promesse tradite del sogno americano.
di Andrea Colombo

Con il saggio Mistery Train, nel 1975, ha rivoluzionato tutti i criteri della critica rock. Negli '80, in Lipstick Traces, ha tracciato una genealogia del punk ritrovandone le origini nei grandi e quasi segreti movimenti culturali antagonisti del XX secolo. Con La repubblica invisibile ha percorso in lungo e in largo un paese senza confini e senza tempo, forse la vera America, adoperando come mappa i Basement Tapes registrati da Bob Dylan e dalla Band nella cantina di casa, a Woodstock, nel 1967. L'argomento dell'ultimo libro di Greil Marcus è all'apparenza infinitamente più circoscritto: una canzone sola, scritta e registrata quarant'anni fa da Bob Dylan: Like a Rolling Stone. Marcus, come le è venuta l'idea di scrivere un intero libro su «Like a Rolling Stone»? Non è venuta in mente a me. Un editore mi ha proposto di scrivere il libro, e io ho risposto di no, perché ne stavo già scrivendo un altro e perché non mi sembrava una buona idea. Poi però ho iniziato a buttare giù qualche appunto e parlarne un po' in giro, e ho scoperto che tutti la trovavano invece un'ottima idea. Il bello è che quell'editore non sapeva che Like a Rolling Stone è la mia canzone preferita. Per me non si tratta di una vecchia canzone. Ogni volta che la sento la trovo diversa. E proprio questo è diventato il soggetto del libro: perché è una canzone sempre diversa, che non invecchia. La risposta a questa domanda è ovviamente nel suo libro. Può provare comunque a riassumerla? È come se né Dylan né i musicisti sapessero quello che sta per succedere nella canzone. Nella maggior parte dei dischi, la registrazione è semplicemente la copia di qualcosa: di come la canzone è stata scritta, o di un arrangiamento. Ognuno sa già tutto quello che deve fare. I musicisti si possono riferire a qualcosa. Like a Rolling Stone, invece, suona sempre come un evento: una battaglia in guerra, o un incidente stradale. Quando ti trovi nel mezzo di un evento, non sai mai cosa succederà. Non sai come andrà a finire. E un evento non può essere ripetuto. Non lo puoi suonare di nuovo, e quando lo ascolti suona sempre come se stesse succedendo in quel momento. È lo stesso elemento che l'ha affascinata nei «Basement Tapes», su cui ha scritto un libro? Forse. Nei Basement Tapes Dylan e la Band suonano per divertirsi. Non cercano di fare nulla di speciale. Ascoltarli è come spiare e origliare gente che non sa che la stai ascoltando. Detto questo, non direi che Like a Rolling Stone e i Basement Tapes siano la stessa cosa. Qual è la differenza? Nei Basement Tapes ogni canzone è parte di un insieme creato dal complesso di tutte le canzoni. Like a Rolling Stone è di per sé come un viaggio, o una ricerca. In parte perché è così lunga, in parte perché il suono è così grande che questa canzone da sola può essere un intero mondo. Stiamo parlando del Bob Dylan di 40 anni fa. Ma Dylan continua a suonare, a scrivere canzoni bellissime e a eseguire i classici in modo sempre diverso. Cosa pensa della versione lenta e triste di «Like a Rolling Stone» che Dylan propone spesso negli ultimi anni? Dylan chiude quasi tutti i suoi concerti con Like a Rolling Stone. È come se la canzone fosse un cavallo morto e Dylan e i musicisti le girassero attorno prendendola a calci per cercare di farla rialzare. Ma di solito non ci riescono. Nel libro lei parla con grande entusiasmo del penultimo cd di Dylan, «Time Out of Mind» mentre sorvola completamente sull'ultimo, «Love and Theft». Non le è piaciuto? Time out of Mind è un cd così grande che nessuno avrebbe potuto fare due dischi altrettanto belli di seguito. Ma anche Love and Theft è molto bello. Le racconto una cosa poco nota: avevo sentito dire che l'ultima e a mio parere miglior canzone, Sugar Baby, è identica a una vecchia canzone di un cantante della Louisiana, Gene Austin. Così ho comprato un suo album e l'ho ascoltata. Non ricordo il nome, ma la si può facilmente trovare su Internet, cercando su Google Dylan e Gene Austin insieme. Non solo è davvero identica a Sugar Baby, a parte le parole, ma è anche una delle canzoni più belle che ho sentito in tutta la mia vita. L'ho fatta ascoltare a mio padre, che ha 88 anni, e a mia figlia, che ne ha 35, ed entrambi sono rimasti choccati dalla sua bellezza. Questo dimostra che il titolo del cd (Amore e furto) va preso alla lettera: Dylan ama quel che ruba e ruba quel che ama. Del resto il titolo esatto è con le virgolette, «Love and Theft», perché è stato a sua volta rubato dal titolo di un libro sui Black Minstrels scritto da un mio amico. Ha visto il film di Martin Scorsese su Dylan, «No Direction Home»? Sì. L'ho presentato in occasione della prima mondiale, al Film Festival di Telluride, in Colorado. È pieno di suspence ed è davvero un film. Dovrebbe essere visto in un cinema, con molte persone, non in tv o in dvd. Perché parla di suspence? La prima metà racconta l'affascinante storia di un ragazzo che scopre chi è e cosa può fare. Nella seconda parte è come se lo stesso musicista, dopo averlo scoperto, non lo sapesse più. La musica diventa così forte e potente che, mentre guardi le performances, pensi che così non può continuare, che qualcuno finirà per farsi male. E questa è suspence. Alla fine di «Lipstick Traces», pubblicato negli anni '80, scriveva, più o meno: «Quando si sentirà qualcosa di così potente come fu `Anarchy in Uk', dei Sex Pistols nel '76, significherà che il mondo ha fatto un altro giro». Ha poi sentito una musica di tale potenza? No. Di soliti senti una canzone che ti piace, poi però ne senti un'altra che ti fa sembrare quella precedente un po' più piccola. Ma in Anarchy in Uk è come se qualcuno stesse chiedendo che tutto il mondo cambi, non importa se in meglio o in peggio, e che cambi in quello stesso istante. E io non ho mai sentito una canzone che faccia sembrare quella canzone dei Sex Pistols e quella domanda meno potenti, meno grandi. A cosa sta lavorando adesso? Ho appena finito un libro: The Shape of Things to Come: Prophecy and the American Voice. Parla dell'idea del patto con Dio e della sua rottura, come parte fondamentale dell'identità americana. L'America comincia con i Puritani, che si ritengono i nuovi figli di Israele, legati a Dio da una reciproca promessa. Un secolo e mezzo più tardi, gli Usa divennero un paese fondato sulle promesse di libertà, fraternità e uguaglianza fatte dai suoi cittadini a se stessi. Ma erano promesse così grandi che dovevano inevitabilmente essere violate e disattese. Gli Usa sono diventati così un paese la cui identità è basata sulla rottura delle sue promesse originarie. Il libro affronta questo argomento parlando di alcune figure storiche, come Lincoln e Martin Luther King, ma soprattutto tratta di come si è confrontata con questo tema l'arte contemporanea: Philip Roth, David Lynch, Allen Ginsberg, David Thomas dei Pere Ubu... A proposito di promesse tradite, come giudica la presidenza Bush e la guerra in Iraq? È un governo terribile. L'idea di un paese che tradisce se stesso è oggi il nostro dramma nazionale quotidiano. Non era così anche ieri, con la guerra nel Vietnam ad esempio? La guerra nel Vietnam e quella in Iraq non sono la stessa cosa. Quella del Vietnam è stata una guerra orribile e criminale, tuttavia è stata una guerra portata avanti da almeno tre presidenti: credevano che fosse necessaria. Era davvero un tipo di politica nazionale. Quella in Iraq, invece, è una faccenda privata del presidente Bush, fatta apposta per aumentare il potere di un gruppo molto ristretto. Sembra che sia anche questa una politica nazionale, invece è molto vicina a essere la guerra personale di George Bush. E penso sinceramente che non abbia proprio nulla a che fare con gli attacchi dell'11 settembre 2001 su New York e Washington.

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Un libro su una sola canzone

Un libro su una sola canzone, non su un cantautore o su un disco (cosa che lo stesso Greil Marcus fece per i "Basement Tapes") ma su una sola canzone.
Un libro che si è voluto scrivere da solo, a detta dell'autore che sostiene di aver risposto, dapprima, subito di no all'editore che gli aveva proposto di scriverlo. Ma è un libro che ti convince di essersi scritto da solo, con "Like a rolling stone" nelle orecchie, semmai un libro può possedere delle orecchie, non appena cominci a leggerlo.
Come avviene, un po', con tutti i libri di Greil Marcus. Perlomeno con tutti i suoi libri che mi è capitato di leggere.
Dichiara – dicevo – di aver risposto, di primo acchito, di no. Poi, invece, comincia a buttar giù qualche appunto. E, soprattutto, comincia a parlarne in giro, di "Like a rolling stone", e scopre che l'idea e il libro sembrano interessare molti. "Like a rolling stone", nel libro, nella mente dell'autore del libro e in quella di molti di noi – sembrerebbe – è una canzone che non invecchia. Sempre diversa da un originale che non sembra esistere davvero, se non idealmente, e che cerca inutilmente di riprodurre. Le versioni presenti sulla più parte dei dischi sono solo copia di qualcos'altro. Questa è la tesi del libro che si dipana come un romanzo per portarci, riuscendovi per quanto mi riguarda, a riconoscere questa semplice verità.
Solo "copie". E in quest'epoca in cui le copie sono sempre indistinguibili dagli originali, "Like a rolling stone" infonde, ascoltandola, la lancinante consapevolezza che l'originale esiste davvero, da qualche parte. Platonicamente! E' proprio per tale motivo che, la canzone, ogni volta che viene eseguita è un evento. Un evento, una battaglia, un incidente stradale, una sommossa, un'insurrezione. Niente di tutto questo e tutte queste cose assieme. E' un evento, e un evento non può essere ripetuto.
Perché non sai mai cosa succederà un istante dopo, durante un evento.
Non sai mai come potrà andare a finire. E' un evento ogni volta che viene suonato e cantato, ma non è mai l'evento cui si ispira e che cerca di riprodurre! E cosa dice quel testo? Che cos'è? E' una canzone sui Rolling Stones, davvero? Come si vociferava quando, all'epoca, si seppe solo il titolo e non si era ancora ascoltato il pezzo? E' una canzone su una ragazza d'alto bordo che perde tutto e si ritrova in pezzi? Da un giorno all'altro?
Oppure la ragazza è l'America intera, e la similitudine con le pietre rotolanti è un nobile riferimento ai wobblies che coniarono lo slogan che diceva non crescere mai, il muschio sulle pietre che rotolano. Un po' come il muoversi veloci per non venire nelle foto!
Oppure è una delle tante canzoni rubate, senza senso, di un ladro orgoglioso dei suoi furti a tal punto da intitolare "Amore e furto" il suo ultimo disco; laddove l'ultima canzone – Sugar baby" - è la fottuta copia carbone, a parte le parole, di "The lonesome road" di Gene Austin. "Amore E' furto".
Chissà se De André avrebbe mai avuto il coraggio di intitolarlo così un suo disco, lui che era ladro quanto è più di Bob Dylan. Ma – a dispetto di quella rincoglionita, anche quando era giovane, della Pivano – non credo lo avrebbe mai fatto. Era grande, De andré. Sicuramente. Forse il più grande, almeno quaggiù nella periferia dell'impero chiamata italia, ma non era il rock. Non era Dylan!

di Franco Senia

(fonte: bielle.org)

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Macca contro la reunion dei Led Zeppelin senza Plant

London, Nov 29 (IANS)

Il leggendario Beatle Sir Paul McCartney ha espresso il proprio disappunto per la decisione dei Led Zeppelin di riunirsi senza il loro frontman Robert Plant.
The Kashmir hitmakers ha annunciate il mese scorso che I Led Zeppelin stanno progettando di rimettersi on the road nel 2009 senza Plant , che ha deciso di non far parte di un reunion-show.
Le rimanenti stars , Jymmy Page , John Paul Jones e per ultimo il figlio di John Bohnam , Jason , stanno al momento facendo audizioni per un nuovo cantante , ma i fans del gruppo non voglioni vedere gli Zeppelin con un altro frontman.
“ Non sarà la stessa cosa senza Plant “ ha detto indispettito il fondatore dei Beatles Sir Paul McCartney.
Ha detto “ Cos’è successo a Planty ? Era grande nel loro concerti. Sarà pietoso senza di lui”.

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L'uomo dimenticato dei Rolling Stones

Lui è l’uomo dimenticato della più grande rock band di tutti i tempi , che ha suonato davnti a migliaia di spettatori urlanti nei più prestigiosi posti di tutto il mondo.
E’ una domando che fanno sempre a Mick Taylor “ Perchè hai lasciato i Rolling Stones ?”.
Ai tempi del suo abbandono Gli Stones erano al culmine della loro fama , e senza di lui habbo girato gli stadi di tutto il mondo.
Lui ha dettodi essere uscito dal gruppo perchè vedeva che non andava da nessuna parte:
IL chitarrista , cge vive a Diss , raramente parla del suo passato con gli Stones , ma ieri ha sollevato il coperchio sul suo passato con gli Stones e ha derto di non aver rimpianti per averli lasciati.
“Nel periodo che me ne sono andato , la band era in uno dei suoi periodi più bassi “ ha dtto “ Sono stati tempi infelici per me , e probabilmente anche per gli altri della band”.
“ E’ stato prima della registrazione di “It’s only Rock n’ Roll” , il loro sesto album che sono entrato a far parte del gruppo. E’ probabilmente cosa nota che Keith Richards e Mick Jagger stavano scivolando sempre più in basso . Ne parlato con Bill Wyman , lui era veramente frustrato ma aveva deciso di rimanere”.
“In un certo senso , questa sorta di attriti e di caos potevano produrre una grande musica , ma era molto difficile , veramente dura”.
“ A quei tempi o stavamo in studio a registrare o passavamo il tempo nel sud della Francia”.
“ Essendo un comune musicista che guadagnava 50 sterline a settimana , non volevo per nessun motivo diventare un esiliato fiscale, io non avevo problemi di tasse . ma loro si”.
“Non ho alcun rimpianto di averli lasciati. Non mi lascio prendere dalla nostalgia. Ho un sacco di rimpianti per altre cose , ma alllora , quale musicista o chiunque altro non ha dei rimpianti avvicinandosi ai 60 anni ?”.
Taylor si unì ai Rolling Stones nel 1969 , rimpiazzando Brian Jones subito dopo che Brian fu trovato annegato nella sua piscina.
Ha lavorato in qualche album come “Sticky Fingers” ed “Exile on main street” , ed è stato descritto recentemente dal batterista Charlie Watts come “ Chiaramete il miglior chitarrista che gli Stones abbiano mai avuto”.
Ma dopo cinque anni se ne andò e fu rimpiazzato da Ronnie Wood dei Faces.
Ieri , ha descritto i suoi tempi con la band come un “Rollecoster” , e lodato Mich Jagger per aver mantenuto insieme il gruppo.
Ha detto “ Sono caduto nel loro mondo ed ho imparato un sacco di cattive abitudini . Pensavo realmente che erano una specie di pop-star imbarazzanti quando sono entrato nel gruppo. Mi ci è voluto un pò di tempo per recuperare , ma l’ho fatto”.
“Era più o meno come essere su un rollercoster, questi erani i tour nei grando stadi. Il più lungo è durato circa sei settimane , e la volta che abbbiamo suonato più a lungo è stata un’ora e mezza. Ora non c’è più storia da scivere esaminando il loro spettacolo di due ore. Hanno trovato un vasto mercato in termini di girare gli stadi e suonare per un grande numero di persone”.
Ha continuato “ Micj Jagger è molto bravo , mlto intelligente e molto divertente. Se non fosse per la sua capacità di organizzare le cose e farle marciare , la band non sarebbe mai rimasta insieme. Praticamente lui gestisce tutto e tutti e li trascina con se”.
Ancora amico con i suoi ex-compagni di band , ha detto “ Sono ancora amico con loro , specialmente con Bill Wyman. Non ho più visto Mick Jagger dal 1999. Non vi è alcuna cattiva volontà da parte mia , ci vuole solo buona volontà da parte loro , non vedo altri motivi che impediscano di vederci”.
Taylor ha anche sottilineato che il loro suono era molto aspro a quei tempi.
“Stare nei Rolling Stones è stato un lavoro duro e molto divertente “ ha detto ” Non erano migliori o peggiori di qualunque altra rock n’ roll band di quei tempi”.
Ha reso tributo al leggendario chitarrista Jimi Hendrix descrivendolo come “ un’ enorme influenza”.
“Jimi ha avuto un’enorme influenza su ognuno di noi , non solo per i chiotarristi. Lo conoscevo molto bene. Fuori dal palco era tranquillo e pacato , quasi timido , ma on stage era completamente l’ opposto”.
L’ex-Stones ha avuto il suo primo grande flash all’età di 16 anni nel giugno del 1965. “Eric Clapton mi ispirava e questo mi ha fatto avere il mio primo lavoro” ha detto “ Andai ad uno spettacolo di John Mayall & The Bluesbreakers a Welwin Garden city. Per qualche ragione Eric Clapron non partecipò a quel concerto. Ho guardato la prima metà dello spettacolo che loro hanno fatto come quartetto . Allora andai nel retro palco chiedendo loro se potevo salire con loro. Presi la chitarra di Eric Clapton , e così è cominciato il tutto”.
Aveva solo 10 anni quando cominciò a studiare la chitarra , ha detto “ La mamma di mio fratello più giovane era nell’esercito in Germania. Penso che a quel tempo i militari americani erano là , per questo sentiva in sacco di musica americana. Lui stesso ha comperato la prima chitarra imparandola da solo. Io odiavo le mense scolastiche , così preferivo andare a casa di mia nonna a mangiare , poi salivo di sopra a suonare la sua chitarra”.
" Poi , dopo gli Stones , ho suonato in alcune registrazioni per Bob Dylan e sono stato in tour con lui , è molto che non lo sento , ma siamo rimasti amici ",
La sua band attuale è composta dal chitarrista Denny New-man , dal celebre tastierista Max Middleton , dal bassista Kuma Harada e dal batterista Jeff Allen.
Taylor dice che la gente che va ai suoi concerti si aspetta grandi cose “ Facciamo qualche canzone nostra e qualche cover e , in certe occasioni suoniamo anche le canzoni dei Rolling Stones alle quali io ho partecipato”.

di Emily Dennis

 

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Mercoledi 3 Dicembre 2008

TELL TALE SIGNS : il commento di Freewheelin’ Ghio

Caro Mr. Tambourine Man,
mi chiedevi cosa penso di Tell Tale Sings. Te lo dico subito: mi piace moltissimo.
A chi si straccia le vesti dedico gli ultimi quattro versi di One too many mornings. A chi dice che Dylan sta raschiando il fondo rispondo sommessamente che Dylan non ha nessun bisogno di raschiare il fondo: non patisce la fame, non è dimenticato né dal pubblico né dalla critica, non è in affanno né di dischi né di riconoscimenti (specialmente negli ultimi sette anni); se mai ha raschiato il fondo, lo ha fatto in atri tempi con ben altri album dove non c’erano out-take, ma tutti originali. E a chi lamenta che TTS è solo una raccolta di out-take, chiedo (senza acrimonia): un concerto di Dylan cos’è se non una serie di out-take eseguiti dal vivo? Purtroppo la (fortunatamente) prolifica discografia di Dylan non ha mai conosciuto pace al suo debutto; questo sì è il solito in-take.
Torniamo a TTS e comincio con due rilievi che mi servono come esempi per dirti che posso capire certe riserve:
una Mississippi eseguita tre volte nella stessa raccolta può essere considerata una strizzatina d’occhio su come si può differentemente interpretare la stessa canzone oppure una dichiarazione d’amore per quella canzone; ma al lato pratico finisce per inflazionare il brano al punto da renderlo quasi ingombrante; tanto più se nessuna delle tre (splendide e suggestive) interpretazioni uguaglia la versione originale;
il ritornello “someday baby, you ain’t gonna worry po’ me any more” (come potrebbero essere altri suoi fratelli del tipo “J give you sugar for sugar, you give me salt for salt”) è nato ed è cresciuto nel blues, e lì deve morire; proiettarlo in un ritmo da “marcetta” significa svuotarlo di ogni significato, non vibra più, testo e musica si perdono in due direzioni diverse;
Altri pezzi mi convincono quanto gli originali. In Most Of The Time armonica e chitarra tolgono il testo dalle secche della ripetitività e mi riportano - senza la nostalgia del manierismo - alle atmosfere acustiche di Blood On The Traks. Così la versione demo di Dignity ha il gran vantaggio di renderla più intima, quasi più sofferta; nella seconda versione il ritmo strappato forse non lo cambierei con l’originale, ma la voce più libera non me lo fa rimpiangere. Anche la versione alternativa di Every Think Is Broken non appiattisce più sul testo, il pezzo risulta più sciolto. Ain’t Talkin’ è di gran lunga più godibile dell’originale: più mossa, meno ombrosa, ugualmente profonda.
Duncan & Brady apre il terzo CD andando dritto all’attacco con la spalla di Cold Irons Bound dove la voce profonda e vibrante di Dylan trascina tutta la band. Ascolto il secondo CD, vi trovo il connubio rock e folk che solo Dylan sa presentare come due facce distinte della stessa identica cultura popolare; cosa posso pretendere? Red River Shore è dolce, struggente e senza miele, nel perfetto stile dylaniano. Entrambe le versioni di Ring Them Bells restano sostanzialmente fedeli all’originale eppure trasformate dall’interpretazione dal vivo dove non traspare l’ingessatura dello studio; forse la versione del terzo CD riporta alle atmosfere della Rolling Thunder Revue, ma anche qui senza nostalgia, senza sguardi al passato.
Sono considerazioni che ti butto lì alla rinfusa porgendotele dall’alto della mia sovrana ignoranza, forte solo della convinzione che un’opera come questa (e come ogni altra opera composita) va valutata per il suo complesso, non la si può scomporre in un brano alla volta prescindendo dal suo carattere olistico. E da questo punto di vista Dylan ci propone un largo spettro di musica popolare rivalutandola e rivestendola con rispetto, con personalità e con amore. Dylan propone più volte lo stesso brano? E questo è sufficiente per dire che non sa più che pesci pigliare? Davvero nessuno scorge un’altra chiave di lettura? Non potrebbe essere che per una volta si siede tra noi e anziché parlarci della sua arte, ci parla del suo lavoro?
Ammetto di non essere un critico obiettivo: ogni volta che ascolto Dylan c’è qualcosa che mi incanta; non sono né gli arrangiamenti (sui quali non ritorno) né la sua band: è la sua voce. Gli raspa la gola, esce e si trasforma in un’aurora boreale. E’ lei che muta brani di musica popolare, talvolta semplici come un abbecedario, in liriche inimitabili, uniche, impalpabili, sfuggenti, vibranti. Non so spiegare cosa provo a seguire le sue modulazioni. Anzi, mi è impossibile; seguo l’incanto e me lo godo, proprio come fai tu.
Riascolto questo trittico che mi è stato regalato tre settimane fa per il mio compleanno e vi trovo blues, folk, rock. rockabilly, country e bluegrass, generi legati tra di loro da una voce incantatrice. Molto di più di quello che speravo. E mi piacerebbe che tra noi ci si ritrovasse tutti assieme su Maggie’s Farm come se questa raccolta fosse il natale dei dylaniani; qualcuno ha avuto il dono che sperava, altri meno, poco importa: ce ne sono sempre stati tanti per tutti.
Ghio
30 novembre 2008

PS: Consiglio per vedere il mondo sotto un’altra luce: un bicchiere di buon prosecco, una comoda poltrona e Born in Time (meglio se nella versione del primo cd).

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Interpretando “Red River Shore”

by Lawrence Epstein

Dylan ha scritto molte canzoni d’amore . Esse includono il desiderio urgente, l’angoscia generata dalla tristezza per l’abbandono della partner sentimentale , i sentimenti di vendetta che trasformano l’angoscia in furia , e canzoni che esprimono sentimenti profondi che mischiano il desiderio , l’attrazzione reciproca e la responsabilità.
Le canzoni d’amore allegoriche sono un’altra delle caratteristiche di Dylan. A livello letterale , queste canzoni parlano dell’amore di Dylan per una donna. Come una metafora risalgono ai tempi biblici del “Cantico dei Cantici” , nel quale il carattere maschile e quello femminile rappresentano Dio ed il popolo Ebraico.
“Vision of Johanna” (1966” è stata la prima canzone allegorica di Dylan, In questa canzone Dylan parla dell’amore terreno per Louise mentre quello spirituale è per Johanna. L’esatta natura della religiosità di Johanna non è chiara nella canzone. Potrebbe essere Dio rappresentato in forma al femminile , o una metafora come nella tradizione del “Cantico dei Cantici” , o un aspetto di Dio , o un modo personale di come Dylan concepisce Dio. Ci sono altre interpretazioni cristiane di questo rapporto da offrire , ma non sono abbastanza qualificato per spiegarle.
“Shelter from the storm” (1974) è un’altro straordinario esempio di come una canzone può essere allegorica.

E adesso , unendosi a questo illustre gruppo , arriva “Red River Shore” , un’altra canzone che parla del potere dell’amore. Dylan dice che la sola donna che ha sempre voluto è “La ragazza sulla riva del Fiume Rosso”. Non riesce a convincerla a diventare sua moglie , a stare con lui per sempre. La “ragazza” non è semplicemente una partner romantica. La sua natura spirituale è spiegata dal fatto che gli altri non la possono vedere ; quando il cantante chiede di lei , la gente gli risponde “ Non sappiamo di chi stai parlando”.
Il ricordo di questa Dea nascosta lo sostiene. Il resto della vita gli appare strano. Il ricordo di lei gli fa sentire le vecchie canzoni ma anche tristezza perchè si rende conto di essere troppo distante da lei. Una possibile interpretazione di questa distanza è che Dylan non la sente più come un’entità spirituale come una volta , ora è diventata un’esigenza terrena , materiale.
Infatti Dylan si sente come morto. Invoca la speranza che qualcuno possa riportarlo in vita nel modo col quale Gesù resuscitava la gente. Dylan è nolto preciso nelle sue parole. Allude a Gesù chiamandolo “ragazzo” ed “uomo” deliberatamente per evitare un riferimento Divino , con lo scopo di mettere in evidenza la sua voglia di rinascita.
Dylan ha sbagliato a credere solo nella “ragazza sulla riva del Fiume Rosso” , ora lo ha capito , e lei adesso – sul piano dell’amore terreno e spirituale – non c’è più. Gli resta soltanto l’inquetante suono della nostalgia per la “vita che da amore” , che se n’è andata e non tornerà mai più.
Questo è il succo della storia di “Red River Shore , la miglior canzone del nuovo album Tell Tale Signs. Analizziamo la canzone.

John Lomax , il grande studioso del Folklore , ha cercato la fede nella autentica musica includendo le genuine cowboy songs , in opposizione alle cowboy songs che i films di Hollywood avevano reso popolari.
Lomax ha trovato una grande risorsa in Slim Critchlow ed il suo gruppo The Utah Buckaroos di Salt Lake City. Quando Lomax e suo figlio Alan hanno cominciato a collezzionare canzoni per il loro libro “American ballads and folk songs” (1934) hanno incluso anche ”Red River Shore”.
La canzone racconta la storia di un uomo che chiede alla sua amata di sposarlo sulla riva del fiume rosso. Lei acconsente , ma suo padre non vuole che sposi un cowboy. La cantante lo lascia , ma lui la implora di tornare . Poi affronta faccia a faccia il padre , che era spalleggiato da 24 pistoleri. Il cowboy-eroe ne ferisce sei e ne uccide sette per poter sposare la donna.
Il 7 gennaio 1966 il Kingston trio incide “Children of the morning” , il loro ultimo album prima della separazione. In questa versione , il padre ed i 24 pistoleri sono troppi anche per l’eroe. Lui non sposerà mai la sua amata. La canzone è accreditata a Jack Splittard e Randy Cierley. “Jack Splittard era una specie di nome di comodo, falso. Il gruppo registrò il copyright di qualche traditional song solo per raccogliere il denaro dei diritti d'autore.
Bob Dylan realizzò Time out of mind nel 1997. L’album fu accolto con scetticismo. Il giovane idealista Dylan non si trovava in questo disco. Le canzoni sono piene di paura e di disperazione. “Red river shore” non fu inserita nell’album. Anche se Dylan non ha utilizzato la canzone , ci sono alcune parole della versione originale che dicono “She wrote me a letter, and she wrote it so kind” , le stesse che appaiono nella canzone “Not dark yet”, una delle più conosciute canzoni di Time out of mind. La versione del Kingston Trio non aveva la parola “and” nella strofa.
Due versioni di “Red river shore” ci sono in Tell Tale Signs , una delle due si trova sul terzo CD del cofanetto a tre. Entrambe hanno il loro charme , penso che la versione del primo disco sia migliore.
La canzone è straordinaria , per questo meriterebbe una analisi più approfondita.

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DO YOU BELIEVE IN MAGIC - Il nuovo libro di Paolo Vites

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Così è. Se vi pare.
Alla fine l’ho fatto. Non è che i bei commenti ricevuti ultimamente sul mio blog (grazie, però… troppo buoni) siano stai la ragione scatenante. Ci stavo lavorando da anni, in realtà. Poi l’ho proposto a editori grandi e piccoli e ognuno aveva la sua risposta: dovresti cambiare questo e quello, ma come facciamo a promuovere un libro così, oggi c’è la crisi… blah blah blah.
Tanto, anche se lo pubblicavo con Mondadori, un libro di storie di Paolo Vites non lo avrebbero mai messo in vetrina. Sarebbe finito a fare la polvere sotto a qualche tavolo. Per non parlare delle offerte economiche che uno scrittore esordiente si sente proporre. Anche se con questo sistema del self publishing praticamente non ci guadagno niente, ma almeno non ho dovuto cambiare una virgola.
I lettori del mio blog mi perdoneranno, di fatto questo libro contiene un “best of” di quanto qui pubblicato nel corso degli anni, però rivisto, ampliato e poi anche diversi racconti inediti. In fondo io sono abbastanza vecchio da preferire ancora il buon libro su carta a un computer, che quando fai click tutto si spegne, anche quello che hai scritto. Il libro invece rimane. Lo puoi sempre portare con te al gabinetto, dove si fanno, è risaputo, le migliori letture. Il computer al gabinetto è un po’ scomodo.
Così spero che chi avrà la bontà di ordinarlo presso questo sito http://ilmiolibro.kataweb.it/ lo possa apprezzare come un diario, una riflessione, una serie di appunti sparsi che, soprattutto, ci tenevo un giorno le mie figlie potessero andare a sfogliare per sapere cose di loro padre che difficilmente avrei saputo comunicare in altro modo.
È uno sporco lavoro, ma qualcuno doveva farlo…

Paolo Vites

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John Sebastian : Do you believe in magic ?                               clicca qui

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Killers e Elton John insieme per il lancio di (RED)Wire         clicca qui
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Pete Molinari, il crooner che viene dal passato                         clicca qui

 

a
Martedi 2 Dicembre 2008

Andrew Motion spiega perchè I testi di Bob Dylan bovrebbero essere studiati nelle scuole.

Il 14 Ottobre è il giorno Nazionale della Poesia , l’annuale celebrazione delle rime ( e non ) lanciata nel 1994 da William Sieghart della Forward Arts Foundation. Nei suoi 14 anni di esistenza – è diventato un evento rinomato , in parte carnevale , in parte educazionale , in sostanza una buona cosa. Quest’anno il NPD sembra essere uno degli eventi più interesanti e piacenti. Gli organizzatori hanno fatto squadra con la Sony BMG per il progetto di una linea secondaria “ per celebrare la poesia attraverso le liriche delle leggendarie canzoni di Bob Dylan”.

Funziona così. Il tema della NPD sono i “Sogni” , ed un buon numero di canzoni di Bob Dylan su questo soggetto saranno usate come base dello stage previsto in 3- 4 lezioni. Gli insegnanti scaricheranno tracce e videos dal sito di Bob Dykan (www.bobdylan.com) ; potranno anche scaricare le 18 tracce dell’ultimo CD- compilation retrospettiva ( chiamato semplicemente Dylan e fuori dal 1 Ottobre) ; avranno anche accesso al piano delle lezioni sul sito della NPD (www.nationalpoetryday.co.uk) e gli allievi partecipanti potranno postare i loro lavori ispirati dai testi di Dylan per una gara.( i prezzi includono una edizione limitata del Dylan iPod , un set della Sony television per la loro scuola , e la copia del nuovo album).

C’è molto in gioco per tutti. Sony da la possibilità di connettersi ad un pubblico giovane rispetto a quelli che sono soliti ad andare ai suoi concerti o a comprare i suoi album , e gli allievi ( per non parlare degli insegnanti), hanno uno sprone. Come a dire , provate con Dylan le cui parole sono uno spettro formale della poesia ,strofe ortodosse e alla fine , testi delle canzoni ed altro , il progetto è un’oppurtunità d’oro di soddidfare le richieste del Curriculum Nazionale , liberando i giovani da tutta quella robaccia che , purtroppo ma veramente , circonda i ragazzi di oggi.

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Michalel Gray sulla letteratura nei testi di Bob Dylan.

Poesia ? Tre grandi testi di Bob Dylan, il piano delle lezioni consiglia ragionevolmente di non esagerare con o tests  progettati per essere superati dagli allievi. La loro autrice , Magi Gibson – un nota scrittrice per bambini – ed al momento scrittrice alla Glasgow Gallery of Modern Arts – ha fatto il suo lavoro con un felice connubio di rigore e relax. Lei ha preso le varie dream-spngs di Dylan , comprese Three Angels , I dreamed i saw Saint Augustin e Hard rain’s a-gonna fall , come opportunità di incoraggiare le discussioni sulle forme poetiche dell' artigianato tradizionale , e come pezzi di scrittura spesso crescono indipendenti uno dall’altro( aint Augustine parte da un poema di Alfred Haynes , I dreamed i saw Joe Hill last night , scritta all’ inizio del 1930 , poi adattata in una canzone , resa celebre da Joan Baez.

In altre parole , lei le tratta come se fossero una sorta di poemi , che potrebbero sembrare più prevedibili in un’aula scolastica , invitando gli allievi a pensare a Dylan nello stesso modo in cui penserebbero ad altri scrittori presenti nel Curriculum Nazionale. Ma , allo stesso tempo , lei chiede una serie di parole e dei voli di fantasia per collegarle alle loro esperienze e alle loro idee personali , in questo modo si evidenzia la personale contemporaneità lasciandoli liberi dai legami scolastici.

Sarebbe meglio se i testi fossero di bands che gli allievi conoscono meglio e che si potrebbero ascoltare più facilmente ? Artic Monkeys per esempio ? Difficile dirlo. Da una parte vi sarebbe più senso di squadra , e una maggiore consapevolezza che la “forbice” della poesia è più larga di quella comunemente descritta nei libri di testo. Dall’altra , Dylan è Dylan , e non c’è bisogno avere la sua età per capire che i suoi testi sono semplicemente molto meglio dei testi di altri scrittori di canzoni – migliori perchè sono più concentrati , più allusivi , più memotrabili ( anche senza le melodie ) , più sorprendenti , osano di più , più propensi a narrare tutta la gamma dell’esperiena umana.

Tempo fa , una mente fervida soleva chiedere “ Keats o Dylan ?”. Non c’è più “o” al riguardo , c’è Keats e c’è Dylan , non solo perchè questa distinzione si adatta bene alle diverse forme di società con le quali convive , ma perchè Dylan è abbastanza buono per essere definito l’erede dei Tradizionalisti , come un artista riconoscibile in questi “tempi moderni” , scusando il gioco di parole.

“ Considero me stesso prima un poeta e poi un musicista “ ha detto Dylan una volta, ” In modo del tutto diverso , anche se è impossibile separare uno dall’altro”.

Forse uno dei risultati più sorprendenti della sua età-di-mezzo sarà quello di cambiare le nostre idee circa ciò che è o non è in grado di far parte della nostra conoscenza letteraria. Se è così , si può solo incoraggiare altri parolieri a seguire la sua strada , come spesso altri hanno fatto prima di lui.

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Avviso ai Maggiesfarmers Senesi !!!

Ciao Michele,
complimenti per il sito! Chiaramente dettato da una passione vera!
Martedi prossimo, 2 Dicembre, suonerò al "Cambio", locale di musica live a Siena, e porterò
uno spettacolo su Dylan dal '62 al '66 intitolato "Niente canzoni di
protesta". Sarà un concerto per sola chitarra,voce e armonica. Se sei
dalle parti di Siena passa, sarebbe bello! Ciao
Fabio

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TTS - Someday Baby - La traduzione in italiano                  clicca qui

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La top ten dei biopic più belli della storia del cinema          clicca qui

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Paul McCartney The Fireman litiga ancora con la ex moglie

Pare incredibile ma, praticamente, non passa giorno senza che spunti fuori qualcosa di nuovo, i presunto tale, riguardo ai Beatles, tutti e quattro o a qualcuno di loro individualmente. La prova? Negli ultimi due mesi è uscito un libro - scandalo di Philip Norman (già autore dell'ammirato Shout!, per tanti anni la più esaustiva biografia dei Fab) che afferma che John Lennon fosse segretamente innamorato di Paul McCartney, suscitando il prevedibile risentimento del diretto interessato e della beata semprevedova Yoko Ono. Poi, sono stati ritrovati i documenti che provano che qualche agente al servizio segreto di sua maestà spiava la band. Del resto non fu Bond, James Bond in persona, ad affermare «Bere Champagne a temperatura ambiente è come ascoltare i Beatles senza tappi per le orecchie» confermando che, nel club del Doppio Zero si conoscevano quei capelloni? Che erano poi capitalisti solo interessati ai soldi, afferma un altro volume di recente pubblicazione. Sicuramente Macca, Starr e le eredi non hanno voluto quattro soldi per prestare l'inossidabile immagine di John, Paul, George & Ringo nonché le loro celebri canzoni a un videogame della collana «fai finta anche tu di essere una rockstar»: chissà che anche i vecchietti che disdegnano questi ?giochi da ragazzi? non capitolino e si comprino una consolle. E un lettore mp3, visto che Jeff Jones della Apple (nel senso dei computer) afferma che le trattative per distribuire il catalogo della Apple (nel senso della casa discografica) siano a buon punto.
Intanto, su eBay e nelle aste tradizionali rimbalzano i cimeli di nuova scoperta: un cuoco di Bournemouth si vende gli autografi, spuntano un filmato inedito di metà anni Sessanta - stesso periodo inquadrato dal fotografo Robert Whitaker in un possente tomo edito anche in Italia, assieme alle memorie della sorellastra di Lennon, Julia Baird - e anche la rara ?copia numero 5? dell'album bianco (indovinate chi aveva quelle dall'1 al 4?) nonché un documento che attesterebbe che Eleanor Rigby non sarebbe un nome di fantasia ma si tratterebbe di una sguattera di Liverpool realmente esistita. Tutto questo è accaduto tra settembre e novembre. In mezzo a tutte queste notizie, rischiava di passare inosservata la pubblicazione di un nuovo disco di McCartney (nella foto) che, per la terza volta, si è nascosto dietro allo pseudonimo «The Fireman», che adopera per i suoi progetti elettronici assieme a Youth dei Killing Joke.
Se i primi due capitoli, Strawberries oceans ships forest e Rushes non erano francamente irresistibili, questo Electric arguments ha fatto discutere. Non tanto per la musica, con minor sperimentazione rispetto al passato, tredici brani realizzati uno al giorno per tredici giorni, variando dal blues al gospel cercando di abbandonare, per un po', i cliché dell'autore (che resta, invece, riconoscibilissimo), bensì per i testi. Fin dai titoli, Is this love?, Lifelong passion, Lovers in a dream, si intuisce che il buon Macca se la sta prendendo con la ex moglie Heather Mills, caduta nella più comune delle trappole: lei, come da sentenza, non può dire nulla di lui pena la rinunzia al sostanzioso  (per usare un eufemismo) "mensile", lui, invece, è un artista e se vuole cantare che lei e la sorella sono due tipette incostanti (per usare un eufemismo) come adombra in Two magpies lei non può farci nulla. Intanto il Vaticano ha riabilitato Lennon «più famoso di Gesù»,  si parla di pubblicare l'inedito collage Carnival of light, che darebbe a Paul, premiato poco tempo fa da Bono all'ennesimo award, la primogenitura sulla vena avanguardista dei quattro, è uscito il dvd con il ?making of? di Love e si parla, finalmente, del catalogo rimasterizzato: every day is a Beatle day.
Alessio Brunialti - 24/11/2008

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Video : Like a rolling stone - le cover italiane

Mr.Antondjango's band

Negrita e Carmen Consoli

The Blackstones with Al Diesan & Pino Tocco

Graziano Romani

Dolcenera

 

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Lunedi 1 Dicembre 2008

Talking Bob Dylan Blues - Parte 434 -    clicca qui

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Mi è piaciuta un sacco l'idea del racconto immaginario "Bob Dylan's dream" di Paolo Vites , intuizione illuminata , così ho pensato di dare un seguito al gioco :   clicca qui

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TELL TALE DYLAN

by RICK KANE

"Hey, hey, my, my - Dylan's influence will never die"

I
’m not there , il film biografico di Todd Heynes sull’ iconico ed onnipresente Bob Dylan , realizzato nel 2007 , è stato un evento culturale ed una operazione di marketing. Qualsiasi altro artista dovrebbe essere così fortunato , in paragone . Per i Rolling Stones la principale attività in questi giorni sembra quella di mantenere i Rolling Stones come un’impresa commerciale.
Per Dylan , la mistica dell’uomo ed il significato della musica intrecciate assieme così da creare un’epica di ciò che la storia ha raccontato , aggiunta ed approfondita con ogni nuovo dicendo. Questa storia è la chiave della commercializzazione di tutto ciò che viene commercializzato.
I’m not there , commercializzato , ha aggiunto molto più di qualunque altra cosa al Dylan-stock.
Haynes , in effetti , rispolvera l’autore Dylan che era stato già dato per finito alcune decadi fa. La storia di Dylan è più grande del narratore.
Il film ha generato una serie di concerti per gli artisti che hanno contribuito alla colonna sonora. Musicisti , con una affermata e notevole carriera , sono stati contenti di partecipare al progetto, stare vicini a Dylan era importante per loro. E dov’è Dylan in tutto questo ? Lui è contemporaneamente presente ed assente .
Quest’anno ci sono stati sei CDs che recavano su di essi le impronte digitali di Dylan.

Tre vengono da Dylan stesso : Tell Tale Signs : The Bootleg Series Vol.8 . Rare and unreleased 1989-2006 è l’ultima retrospettiva di una carriera più che maestosa.
Dylan e chiunque altro abbia concepito l’ idea delle Bootleg Series hanno fissato un livello piuttosto elevato.
L’idea di immettere sul mercato discografico vecchie canzoni ed esecuzioni dal vivo sotto il marchio “Bootleg” è ispirata . Si schiera al fianco del Col. Tom Parker che vendette entrambi i concerti I Love Elvis ed I hate Elvis nei primi anni 50’ , in termini di alta commercializazione di un marchio.
Tell Tale Signs si può comperare come un singlo CD , doppio set , o se avete i dollari , come triplo set + libro di 250 pagine per circa 200 dollari , o può essere scarivato da Internet per niente. L’intero albumè stato reso disponibile in free streaming sul sito ufficiale della National Public Radio (Wikipedia).

"Wise man lookin' in a blade of grass

Young man lookin' in the shadows that pass

Poor man lookin' through painted glass

For dignity"

Che Dylan avesse il materiale di Back up è ciò che da valore al prodotto. Qui non si sta parlando di giocattoli o di altre stupidate fatte in Cina . Dylan sta vendendo la sua autenticità , la verità , la sua oroginalità e la sua storia. Lui sta conservando lo spirito rivoluzionario degli anni 60’ altrettanto bene come l’American Music Heritage.
Le sue canzoni sono le riflessioni dell’anima di tutta l’umanità , viste attraverso la grande lente della musica popolare americana.

Tell Tale Signs è una delle migliori offerte musicali di quest’anno. Come i Chronicles hanno semplicemente ed ampiamente dimostrato , la persona miglire per raccontare la storia du Dylan è Dylan stesso.

"All my powers of expression and thoughts so sublime Could never do you justice in reason or rhyme Only one thing I did wrong Stayed in Mississippi a day too long"

Mississippi , da Love and Theft , e la sola canzone che è presente in tutti e tre I dischi. Queste takes alternative della canzone non vengono dalle sessions di Love and Theft , ma da quelle di Time out of Mind. Di fatto ,non c’è una sola canzone unreleased da Love and Theft , probabilmente il suo miglior album più completo degli ultimi 20 anni.
E non penso sia una cioncidenza. E’ parte del mito e della mistica che Dylan coltiva da sempre.
Quello che ha fatto è stato darci tre versioni della miglior canzone che ha scritto negli ultimi 20 anni. La canzone è parte integrante della storia americana ( parla di F. Scoott Firzgerald e delle storie di miniera di Mark Twain) , e va anche oltre questa linea.

Un mio buon amico e grande fan di Dylan pensa che la versione di Most of the time (CD1) sia la migliore canzone del set. Lui ne sente il feeling , attraverso il semplice e leggero accompagnamento di armonica e chitarra esprime la bellezza del sentimentalismo della canzone e della voce di Dylan.
La profondità della storia è meglio rappresentata in qyeste tre versioni che non nella versione uficiale.
Non posso parlare di Born in time e Cross the green mountain , mi mettono in una situazione nella quale mi è difficile parlarne.
Queste canzoni mi mandano lontano un milione di miglia. Sento profondamente i momenti e la gente in queste canzoni , mi ronzano in testa a lungo , come cose altamente familiari e fresche
In queste canzoni , così come in tutta la compilation , c’è la storia di Dylan , narrata e venduta.

Il 2008 vede gli altri tre Cd realizzati sotto l’ombra e l’influenza di Dylan. Il cantautore scandinavo Kristian Matsson con "The Tallest Man on Earth" è uscito in marzo. Molto simile al primo Dylan e all’ultimo , il suono delle miniere americane raccolto in antologia da Harry Smith nel 1950. Ma è Dylan , com’era da giovane artista che più assomiglia , anche nella magra , scarna e barbuta copertina. Matsson può ancora evolversi in un artista con una sua linea personale , ma ore non possiamo dire se scieglirà questa o si accontenterà di aver successo nell’ombra e nello stile di Dylan.

Pete Molinari è un’altro personaggio interesante , devoto di Dylan. Viene dal Kent , Gran Bretagna , parentela egiziana/maltese. Pete ha passato due anni suonando nelle coffè hauses al Greenwich Village , cantando le sue storie semplici e ben levigate , le sue storie sono odi all’amore e all’abbandono. E’ misurato e manierato , con una voce capace di catturare la tristezza e la speranza della situazione.
Il suo disco “A virual landslide” ha avuto l’attenzione della stampa musicale britannica in modo leggero , senza dare scossoni alle acque calme dello stagno.
Per altro , ci sono ragioni per pensare che possa evolversi. In diverse canzoni , come “Sweet Louise” e “Look what i made out of my head ma” , si puo sentire il legame ed allo stesso tempo la separazione dall’ombra di Dylan , in quest’ultimo brano si sente un fraseggio Lennoniano.
Nel primo invece , un deliberato e piacevole omaggio alla “Absolutelu sweet Marie” di Dylan , ha trovato un modo di suonare senza copiare e questa è la forza del pezzo. Ancora , come per TMOE ,
tutto quello che Molinari può sperare e di accodarsi alle Back Pages di Dylan.

Hayes Carll è l’ultimo della lista dei tre artisti che hammo regostrato quest’anno rimanendo nella lunga ombra di Dylan. Prima di tutto perchè cìè soltanto un pezzo in questo disco dove fa Bob Dylan , “Trouble in my mind” . Nella canzone c’è il suono uguale a quello della Band in “Highway 61 revisited”, ispirato dai riff dell’organo di Al Kooper.

Ho visto Dylan in concerto due volte l’anno scorso , in Melbourne ed in Perth. Entrambi gli show sono stati superbi , non suonava per il pubblico , suonava per se stesso le sue storie per la sua leggenda. L’influenza di Dylan durerà ancora a lungo.

26 November 2008

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La lezione di vita di Bob Dylan : “Suonate fottutamente forte”

1966, Bob è sul palco con la Band , meno Levon Helm , sostituito Da Mickey Jones alla batteria.
Il famoso “The Royal Albert Hall Concert” effettivamente si è svolto a Manchester , ma una cosa è certa….c’era gente nel pubblico che non gradiva Dylan in versione elettrica. La prima metà del concerto è stata il set acustico che la gente aveva apprezzato , ma la seconda metà è stata elettrica e le cose si sono fatte pesanti , e molti Brits ( britannici ) si sono incazzati.
In quel famoso scambio di battute , uno del pubblico urlò “ Giuda!” durante la pausa dopo “Ballad of a thin man” , “Non ti ascolterò mai più , mai !”.
Dylan rispose “ Non ti credo......sei un bugiardo” , poi si girò verso la band gridando “ suonate fottutamente forte “ , così loro cominciarono gasatissimi l’intro inconfondibile di Like a rolling stone.
E questo è il segreto della vita.
Quando le vostre critiche sembrano essere pezzi del vostro culo invece che della vostra mente , ditelo fottutamente FORTE.

di A. Vespucci

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Pete Best : Quando ero un Beatle                 clicca qui

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Elton John : Insieme per l'Africa                 clicca qui

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Bono : music Store per la lotta all'AIDS     clicca qui

 

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